Le immagini che curano. Immaginazione e clinica
- Autore: Marco Del Ry
- Genere: Psicologia
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2016
“Ogni accadimento psichico è un’immagine e un immaginare”. Lo ha scritto Carl Gustav Jung e l’affermazione - mi pare - non abbia perso un grammo della sua specificità clinica e, se è per questo, nemmeno della sua fascinazione lata.
“(…) le immagini che emergono alla coscienza dalla memoria individuale, con il loro linguaggio metaforico-simbolico sono in grado di svelare all’Io osservatore e alla coscienza capace di comprenderle aspetti importanti e talora fondamentali dell’esperienza individuale patogena”.
Questa discende dritta dalla prima e si trova nelle pp. 176 e 177 del saggio “Le immagini che curano. Immaginazione e clinica” che lo psicanalista Marco Del Ry ha da poco pubblicato per Moretti & Vitali.
Il libro è tecnico, per tecnici. Credo che fosse nelle intenzioni dell’autore e dunque è inutile che tenti di farlo passare come un libro per tutti: è curato, scritto bene, ha l’allure accademica che hanno i testi destinati a bibliografie future ma può risultare ostico ai lettori digiuni di psicoanalisi. Prendetelo come un inciso: ciò che interessa in questa sede è segnalare il testo come modello basico di teoria e prassi sulla dimensione onirica, metaforica e immaginativa del paziente (il concetto junghiano di “immaginazione attiva” docet). Tradotta in parole povere, lo studio muove da un presupposto: quello dell’accezione multipla con cui le immagini possono venire assunte (interpretate) in ambito analitico: da un lato possibili disvelatrici della dimensione occulta dell’inconscio, dall’altro curative attraverso l’azione del Simbolo risanatore che in esse è nascosto. Secondo le tesi di Del Ry, le immagini sarebbero insomma costitutive di un “linguaggio” aggiunto, altro e/o sostitutivo delle parole del paziente, nei casi in cui queste risultino avare o del tutto inesistenti nel rapporto dialogico instaurato col terapeuta.
Afferma limpidamente Marco Del Ry, al punto di definire in termini analitici il significato di “immagini interne”, a p. 17:
“Che cosa è precisamente un’immagine interna? Si potrebbe dire, in estrema sintesi, che è ciò che esprime un’esperienza emotiva interiore in una forma visibile. Infatti quando la nostra coscienza fa esperienza di un’immagine che proviene dalle profondità della psiche è come se nel nostro teatro interiore si sollevasse il sipario, e ciò che sino a quel momento era un grumo di emozioni riuscisse finalmente a manifestarsi, trasmutandosi in una figura con cui è possibile entrare in relazione”
(Gli esempi clinici commentati di immaginazione guidata nelle pp. 83-91 comprovano parte della tesi). Ultima annotazione, ritengo sostanziale: questo non è un testo pedissequo alle teorie sulle immagini di Jung: Marco Del Ry se ne discosta infatti - seppure parzialmente - in sede ultimativa, quando risolve cioè il rapporto tra “Simbolo” e “Segno” introducendo l’idea di una ermeneutica fluida, in grado di integrare le concezioni contrapposte di Freud e Jung,
“un esercizio interpretativo che si muove nel solco delle possibilità piuttosto che in quello delle certezze”.
Una lettura terapeutica disponibile a possibili cambiamenti di focus, rivalutazioni di senso, in quanto
“un’immagine interiore che cerchiamo di comprendere non muore mai, anzi è un simbolo che entra nel mondo per riprendere nuova vita”.
Le immagini che curano. Immaginazione e clinica
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