I racconti del pesce che piange e che ride
- Autore: Oliviero Malaspina
- Genere: Raccolte di racconti
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2013
Quelle che Oliviero Malaspina ha raccolto in “I racconti del pesce che piange e che ride” sono dodici storie indipendenti che però ruotano e si intridono nel medesimo gorgo. Dentro schiumano vite che si snodano di sogno in sogno vanamente
“sogni stesi come lenzuola, intrisi di acquamarcia”.
Persone, immagini che proiettano il nostro riflesso in uno specchio in forma di “sogni bagnati d’amore”, “metafore ingolfate”. La sete dell’altro corpo a poco a poco scava e uccide profilando la corporea fisicità del nulla, l’assenza dell’amore senza il quale non restano che paura e rimorso disvelando nell’altro
“il deserto che ci resta da abitare”.
Effigiati come sulle vetrate trasparenti e ombrose di una pieve senza tempo in rovina, il bene e il male senza più peso sugli scaffali negli implodenti ipermercati della nostra solitudine rumorosa. Destinati a sognare la loro morte restano sospesi tra la bestemmia e la preghiera, refrattari al vuoto e agli ammiccamenti del tempo dell’ossimoro permanente. Innalzano stendardi di preghiera cercando la morte nella loro corporalità reietta, accolgono nei loro corpi crocefissi le ferite della storia, la carnalità sanguinante di ciò che non ha voce, il pianto astrale e l’ebbrezza, i furori per un mondo senza più rabbia né amore.
Con colori robusti e graffianti Oliviero Malaspina affresca una satira che, nella sua vertigine di totalità, tende allo spasimo la corda del comico in tutte le sue potenzialità espressive e morali, mescidando ire brechtiane e iperrealismo tondelliano, Alvaro Mutis e De André, incubi taglienti e desolata com-passione, tenerezze e umori ventrali, pacatezza sarcastica e lucida follia. In un mondo che si disfa si elevano nel brusio della memoria, in metallica straniante cadenza, le voci oranti e dolorose delle minoranze credenti in qualche fede, viandanti di un’irrequietezza atavica senza tregua, e perciò fraterne al “pesce che piange e che ride” del titolo, emblema anfibio (e amfibologico) dell’assurdo delirio d’immobilità delle nostre vite, del viaggio e del naufragio
“Se calcoli bene il naufragio è dovunque” (Petronio Arbitro, “Satyricon”)
nell’incommensurabile spaventevole mare dove convivono implacate l’attesa e la morta speranza.
I racconti del pesce che piange e che ride (Il racconto nel tempo)
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