Il teatro della guerra e della pace ai tempi di Lorenzo il Magnifico
- Autore: Marco Barsacchi
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2023
“Ahi, serva Italia di dolore ostello” lamentava Dante, denunciando le condizioni penose di un paese nel quale i potenti godevano dei conflitti tra Guelfi e Ghibellini. Duecento anni dopo, niente è cambiato e le ostilità lacerano anche i più vicini. Nell’autunno 1479, le truppe spagnole e pontificie circondano Colle Val d’Elsa, alleata di Firenze e tra gli assedianti più accaniti si distinguono gli armati dell’arcinemica del Giglio, Siena, distante solo una ventina di chilometri. Le cronache dell’epoca dimostrano l’ostilità dei colligiani non tanto per i combattenti stranieri quanto per i senesi. Sono citate da Marco Barsacchi nel saggio Il teatro della guerra e della pace ai tempi di Lorenzo il Magnifico. Intrighi, sangue e diplomazia in Italia al tramonto di un’epoca, pubblicato questa primavera (marzo 2023, collana Faretra, 216 pagine) dalle Edizioni Solfanelli del Gruppo Tabula Fati di Chieti.
Tornando all’assedio, ch’è un episodio del conflitto seguito alla fallita congiura dei Pazzi contro i Medici, si legge nella Cronica dal Colle di Beltrani che dagli spalti gli assediati lanciavano tra i ranghi avversari cartigli con scritto:
“Tiratevi adietro Aragonesi, mandate inanzi li p…i Sanesi”
testimonianza riportata anche da altri. Risente di un sentimento di “municipalistico rancore” nei confronti della città vicina, che aspirava a impadronirsi di Colle. A loro volta, i senesi ricambiavano con i fatti, impiccando i colligiani che cadevano nelle loro mani. D’altra parte, dopo tanti scontri sanguinosi e perdite, i rapporti tra assedianti e assediati non potevano che peggiorare. Si cominciò a trattare come spie anche i messaggeri, ai quali non si faceva caso nelle prime settimane. “Uscendo certi fanti di Colle per portar lettere a Firenze”, furono fermati in quattordici, alcuni impiccati sopra un poggio, a vista delle mura nemiche. Fermate anche due donne che portavano messaggi a S. Gimignano: i capi ordinarono di tagliare i panni alla cintura e di trascinarle in mostra per il campo.
Un ennesimo assalto si risolse in un nuovo scacco per gli attaccanti il 21 ottobre, ma da Firenze non muovevano a rompere l’assedio e due colonne con rifornimenti per i resistenti erano state messe in rotta dagli spagnoli. Nei primi di novembre si accesero nuove mischie sulle posizioni estreme, difese con valore dai colligiani. Era chiaro tuttavia che dall’Arno non sarebbe arrivata la salvezza e che il proposito di vincere o morire andava preso alla lettera. In una situazione senza via d’uscita, era grande la delusione per l’impotenza della Repubblica fiorentina. Cosi, il 12 novembre 1479 vennero inviati emissari, con la proposta di resa entro tre giorni, fatti salvi i beni e le persone.
A detta dei colligiani, i capi militari e i conestabili avevano deciso di cedere contro la volontà degli abitanti, secondo i quali la resistenza avrebbe potuto continuare ancora a lungo. I fiorentini, sulla base d’informazioni dello stesso tenore, giudicarono che la resa fosse avvenuta soprattutto “per malignità, viltà et pocha fede de’ soldati” e non per cedimento dei colligiani.
A Siena, già la sera del 12 novembre si fece festa. Oltre alla gioia per la presa della nuova terra, c’era la certezza che le risorse di Firenze si andassero esaurendo.
Guerra tra italiani, dunque. L’età del Magnifico, fa notare Barsacchi, è stata in Italia non solo quella della splendida fioritura artistica e culturale del Rinascimento, anche un periodo di lotte furiose tra le numerose e disomogenee entità politiche della penisola. Peraltro, il teatro della guerra è certo quello degli scontri armati, ma pure della tragicommedia. Racconta il conflitto, tutto italiano, scatenato dal tentativo della famiglia fiorentina dei Pazzi di eliminare Lorenzo e Giuliano e di ridimensionare il dinamismo finanziario e politico della Repubblica governata stabilmente dai Medici. Il conflitto durò due anni (1478-79), anche se ne occorsero quasi altri due di trattative per ricomporre la situazione di partenza, seppure con rovesciamenti di alleanze che preludevano a nuove ostilità tra i potentati. La guerra si svolse quasi esclusivamente in Toscana, con la partecipazione delle maggiori potenze italiane: le Repubbliche fiorentina e di Venezia, il Ducato di Milano, il Papato, il Regno di Napoli ed altre realtà più piccole ma agguerrite, come la Repubblica di Siena e il Ducato di Ferrara.
Si risolse in assalti e saccheggi di borghi e castelli, senza scontri diretti fra gli eserciti ma con il progressivo avvicinamento dei nemici a Firenze. Alcuni episodi vengono raccontati ampiamente, testimoni i contemporanei: confronti cavallereschi e atti eroici, ma talvolta si eccedeva nel ricorso a mezzi sleali e abietti. L’ostilità per vicini e confinanti generava sospetti, tradimenti, scatenava distruzioni. Si manifestava un tenace attaccamento alla propria terra. Di contro, tanta gente comune manifestava estraneità, subendo gli eventi come calamità naturali, senza conoscerne le cause.
La narrazione, corredata da note esplicative, è preceduta da un’introduzione sul quadro politico dell’Italia del Quattrocento e sulle tecniche di guerra dell’epoca.
A conclusione, una riflessione sulla storia italiana: la straordinaria età del Magnifico e delle piccole e raffinate corti italiane si esaurì senza incidere politicamente. Un fallimento che peserà sulle sorti della penisola nei secoli futuri.
Pisano di Cascina, Barsacchi è laureato in filosofia e ha insegnato nelle superiori e all’università. Vive da tempo nelle colline tra Siena e la provincia di Pisa, si dedica a studi e pubblicazioni su argomenti di storia, letteratura e antropologia.
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