L’uomo che scriveva storie sui muri di Marco Antonelli

Marco Antonelli nel suo romanzo d’esordio, “L’uomo che scriveva storie sui muri”, narra una storia che ha un particolare fascino.

Racconta la storia di una grande passione, quella che accompagna il protagonista lungo tutto l’arco della sua esistenza. Costretto da necessità economiche a lavorare sin da ragazzo come muratore, non riesce a dimenticare la sua impellente necessità di scrivere storie. E le storie, allora, il muratore, le scrive sui muri. Infatti afferma:

“Scriverò. Scriverò sui muri, come ho sempre sognato. Traccerò le mie storie, inventerò personaggi, costruirò trame. Parlerò con le voci del mondo, scenderò nell’inferno della perversione e risalirò il paradiso della passione. Lotterò contro la fatica, lo sconforto, la paura di non trovare storie e nuove intuizioni. Scriverò in ogni muro, senza guardare indietro neppure una volta, con la convinzione che quella sia l’unica cosa giusta da fare. Aprirò le porte dell’anima all’unica vera passione della mia vita”.

Nasce, in questo modo, la ricerca di uno stile, non solo narrativo ma anche fisico, la ricerca non solo di storie da narrare ma anche di un modo per rendere indelebile la grafite sui mattoni, senza che venga intaccata dai mordenti e dall’intonaco. Mentre al lettore racconta la vita del protagonista, Marco Antonelli apre la strada per una speciale lettura finale, quella dei romanzi dentro il romanzo, offre così i racconti del muratore, recuperati con ostinazione dal figlio nelle tante abitazioni. Piccole perle letterarie che chiudono fascinosamente “L’uomo che scriveva storie sui muri”. Dunque un finale a sorpresa per questo libro, ambientato in Brianza: una ottima opera prima, sapientemente scritta e narrativamente pregnante.