Clichy nella Collana “Bastille” riedita “Il giorno che durò vent’anni” (pp. 328, 18,00 euro), pubblicato per la prima volta da Mondadori nel 2012, nel quale il giornalista Antonio Di Pierro, nato a Roma nel 1947, rievoca un giorno nodale per la storia d’Italia ed europea: la marcia su Roma del 28 ottobre 1922.
“I fascisti hanno incominciato la marcia su Roma”. Un sabato piovoso di 96 anni fa diede inizio all’era fascista. Benito Mussolini, alla guida dello PNF (Partito Nazionale Fascista), decide che è arrivato il momento di forzare la situazione per consentire al suo partito di andare al potere. Il 28 ottobre 1922 circa 25.000 camicie nere si dirigono verso Roma rivendicando al sovrano d’Italia, Vittorio Emanuele III, la guida politica del Regno minacciando la presa del potere con la violenza. Due giorni dopo, Vittorio Emanuele III cede alle pressioni dei fascisti incaricando Mussolini di formare un nuovo governo.
Fu allora che l’Italia perse la democrazia inaugurando il ventennio fascista.
Nel saggio Antonio di Pierro, che ha lavorato a “Paese Sera” e a “Repubblica”, rievoca ora per ora attraverso le voci dei protagonisti come una bruciante disfatta si tramutò in una clamorosa vittoria. L’ordine era di marciare su Roma per conquistare il potere con la forza delle armi, ma la maggior parte dei fascisti intendeva arrivare nella Capitale in treno. Infatti, gli squadristi (a Perugia vi era il quartier generale dell’insurrezione) si erano impadroniti di numerosi convogli, soprattutto in Toscana, mettendoli in movimento nella notte verso Roma. Ma i militari avevano divelto i binari e fatto deragliare alcuni vagoni. In questo modo alle colonne fasciste era stata tagliata la strada verso la Capitale.
Quindi la marcia su Roma si era risolta in una bruciante disfatta, il governo si era riunito in piena notte approvando lo stato d’assedio, l’esercito aveva assunto i pieni poteri, era partito l’ordine di arrestare i promotori del colpo di Stato, in primis Benito Mussolini. “Ma allora come fu possibile che il capo degli insorti diventasse poi il nuovo capo del governo?” La risposta si trova nella serie di eventi che incalzanti accadono nell’arco delle ventiquattro ore del 28 ottobre 1922, “giorno zero” nel calendario dell’era fascista. Fondamentale sarà la decisione di Vittorio Emanuele III di non firmare il decreto di stato d’assedio dando un enorme aiuto alla sfida pericolosa di Mussolini per la conquista del potere. Vittorio Emanuele III, un piccolo re per tempi troppo grandi per lui, non poteva certo immaginare che così facendo aveva appena condannato alla disfatta la dinastia dei Savoia alla quale apparteneva.
Il re Vittorio Emanuele III è tornato precipitosamente a Roma, il presidente del consiglio Facta è a letto a dormire, due ras fascisti, dopo aver cenato in un ristorante del centro della Capitale, annunciano che la marcia su Roma comincia proprio adesso.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: 28 ottobre 1922 "Il giorno che durò vent’anni" di Antonio di Pierro, quando l’Italia perse la democrazia
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