È scomparso il 12 febbraio, dopo una lunga malattia, Ugo Intini (1941-2024), storico esponente del Partito Socialista, nonché portavoce di Bettino Craxi. Parlamentare e giornalista, era stato dal 1976 al 1978 direttore de Il Lavoro e dal 1981 al 1987 dell’Avanti! (1981-1987). Fu sottosegretario di Stato al Ministero degli affari esteri dal 2000 al 2001 e viceministro degli affari esteri dal 2006 al 2008.
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Il suo ultimo libro è stato Testimoni di un secolo. 48 protagonisti e centinaia di comprimari raccontano il secolo breve (Baldini + Castoldi, 2022). Un libro che è al tempo stesso testimonianza del passato, memoir personale e raccolta di biografie. Intini, partendo dall’esperienza della sua vita personale e politica, ricostruisce una sorta di biografia corale del Novecento. Da Nenni, padre storico del Partito Socialista, a Craxi e Willy Brandt; dai leader della Resistenza ai sindaci e agli intellettuali che ricostruirono Milano, sino a Giuliano Vassalli, protagonista degli anni di piombo, della giustizia da riformare, delle vicende Moro e D’Urso. Da Sandro Pertini a Ciampi; da Montanelli a Walter Tobagi; da Jaruzelski a Ceaucescu; da Shimon Peres ad Arafat; dai successori di Mao ai capi talebani. Ogni personaggio che Ugo Intini ha incontrato diventa lo strumento per fotografare una porzione del secolo cruciale per la storia italiana e mondiale. Un itinerario fittissimo, straordinario, in cui trova posto tanto la storia grande quanto quella minima, in un virtuale giro del mondo geopolitico che conduce il lettore nella Russia comunista, in America Latina e in Medioriente, sulle linee di confine di ogni luogo fino ad approdare nei tribunali e nei palazzi del potere nostrani, ripercorrendo le storie di uomini e governi.
Intervista a Ugo Intini, portavoce di Bettino Craxi
Agli inizi degli anni ’80, alla fine di una tavola rotonda in una cittadina della Liguria di Ponente, avevo intervistato Ugo Intini quando era il portavoce di Bettino Craxi.
- In una democrazia la maggiore garanzia è "esprimere il dissenso", ma il dissenso rende sempre più fragile la coesione. Quali sono i poteri della democrazia?
La democrazia è il sistema che più di ogni altro assorbe il dissenso. Il dissenso non danneggia in alcun modo la democrazia. Il dissenso si pone fuori dalla democrazia e, in qualche modo, è di danno soltanto, allorché si pretenda di prevaricare la volontà della maggioranza sostenendo che una minoranza abbia un diritto di veto.
- Gaetano Mosca sosteneva che tutti i regimi sono, in fin dei conti, governati da una minoranza. Il Partito Socialista ha raccolto il 10% del suffragio universale ma gestisce ben il 60% del potere. Qual è la virtù?
Io credo che una circostanza politica, in parte casuale, abbia posto il P.S.I. al centro del sistema e, quindi, gli abbia dato un peso politico molto superiore alla sua forza elettorale. Il Partito Socialista è, comunque, parte di una coalizione larga e il presidente del Consiglio Craxi non è il Presidente socialista ma il Presidente di una coalizione.
- II quotidiano L’Avanti si è fatto promotore di una vasta campagna moralizzatrice: ma allora è proprio vero che la politica è soprattutto investimento etico?
Io credo che la politica sia anche investimento etico. Non ho mai creduto a chi teorizza il machiavellismo in politica. Far politica non ha nessun senso se non è un’attività che è guidata da una convinzione ideale. Sin da ragazzo ho fatto politica con questa convinzione e credo di non sbagliarmi. Il machiavellismo è un vizio italiano che purtroppo è stato attualizzato, come non molti sanno, da Gramsci, il quale ha ritenuto che il Partito Comunista è il moderno "principe". Cioè, come il Principe di Machiavelli, è quell’entità politica, quell’agente politico, che può agire fuori dalle regole della morale: in nome naturalmente di un obiettivo rivoluzionario, come dice Gramsci. Io credo che questa visione sia aberrante, sia mostruosa e abbia inquinato la vita politica italiana.
- "Bettino, Benito" è il vade retro satana indirizzato dalla stampa italiana al Presidente del Consiglio. Tu, che sei il direttore de L’Avanti, come concili la tua professione di giornalista con il tuo mandato parlamentare?
Beh, io sono un giornalista atipico, nel senso che sono anzitutto un politico. Ho fatto delle battaglie su problemi che riguardano il giornalismo: ho sostenuto e sostengo che i giornali devono essere autonomi, indipendenti e super partes ma, troppo spesso, sono anziché super partes "partiti irresponsabili". Cioè, "partiti" perché si comportano per raggiungere obiettivi di potere e politici come quelli dei partiti: "irresponsabili" perché a differenza dei partiti non sono responsabili di fronte all’elettorato.
Questa è una variante impazzita del sistema, tipica del nostro paese: perché non è consentito nelle altre democrazie che i giornali abbiano una così alta politicizzazione: e ciò è un aspetto preoccupante di deterioramento del nostro sistema.
- Craxi è stato accusato dalla Sinistra storica, o da ciò che rimane di essa, di decisionismo. Tra un "mi sono rotto" e un "me ne frego" quali sono i punti di convergenza?
Ogni tanto i giornali usano fare scandali che non esistono. Forse quest’ultima polemica nasce da un’insufficiente separazione di ruoli, come ti dicevo prima, tra politici e giornalisti. Il nostro è un paese di giornalisti "dimezzati", come diceva Pansa (e poi si è dimenticato di averlo detto), cioè per metà giornalisti e per metà politici.
Craxi è rimproverato di decisionismo perché esiste una cultura imposta dai comunisti che è stata definita della "democrazia consociativa": una cultura, cioè, secondo la quale si può "decidere" soltanto se sono d’accordo tutte le grandi forze democratiche del paese. Democrazia consociativa è una sorta di unanimismo: è un po’ il presupposto teorico del compromesso storico. Noi invece intendiamo la democrazia in modo diverso: la democrazia è vitale se è una democrazia che decide, ma questo non è decisionismo. La democrazia funziona quando le maggioranze decidono e, se sbagliano, rispondono delle decisioni sbagliate all’elettorato. Questo è il metodo democratico in tutto il mondo. Diritti di veto delle minoranze, teorie confuse e pasticciate di democrazie consociative servono semplicemente a portare l’Italia fuori dal sistema delle democrazie occidentali.
- "È un delitto capitale decidere di cose pubbliche al di fuori del Senato o dei comizi pubblici", scriveva Tommaso Moro in Utopia. Tra decisione pubblica e autonomia sociale quali sono i punti di divergenza?
In una democrazia che funzioni il Parlamento e i Partiti sono l’espressione dell’opinione pubblica. Il problema nostro è che la democrazia non funziona. È in una fase di involuzione e di degenerazione e quindi non sempre il Parlamento e i Partiti sono espressione dei minimi particolari della volontà pubblica.
Questa frattura tra animus del paese e classe dirigente è un male della nostra come di altre democrazie. Ma nella nostra democrazia il male è reso più grande dal cattivo funzionamento e dall’inefficienza delle istituzioni. A questo pensava Craxi quando nel 1979 lanciò l’idea di una grande riforma delle istituzioni. Un’idea che allora fu vista come pericolosa, quasi incostituzionale. Quasi eversiva. Un’idea, invece, di buon senso, la quale oggi è accettata dalla maggioranza delle forze politiche tanto è, non a caso sia pure con grande ritardo, si è costituita la Commissione bicamerale per la riforma delle istituzioni.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Addio a Ugo Intini, politico e giornalista testimone del Novecento
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