Il mondo della letteratura piange Vincenzo Mantovani, scomparso lo scorso 3 giugno a Milano dopo una lunga malattia. È stato la voce italiana di Philip Roth, Kurt Vonnegut e Saul Bellow. Al grande scrittore-traduttore va il merito di aver portato nel nostro Paese i maggiori scrittori americani. La dicitura traduzione di Vincenzo Mantovani era diventata un marchio di garanzia per i lettori che avevano imparato a conoscere così il suo nome, diventato nel tempo una firma di qualità. Lui che aveva iniziato in tempi non sospetti, quando ancora il nome del traduttore veniva nascosto da copertina e frontespizio e relegato in un angolino a fondo pagina insieme al copyright, come per trasmettere il messaggio che in realtà non esistesse, che l’autore avesse fatto tutto da solo scrivendo pure in un’altra lingua.
Mantovani ha riscattato la figura del traduttore da quella patina di invisibilità che, purtroppo, spesso la contraddistingue mutandolo in una sorta di autore mascherato, di prestigiatore occulto, di artigiano del libro. Non c’è dubbio che sia stato un grande, anzi, uno dei più grandi traduttori editoriali italiani ed esperti di letteratura angloamericana a noi contemporanei.
Ci lascia Vicenzo Mantovani, tra i più importanti traduttori di letteratura anglo-americana del secondo Novecento.#VincenzoMantovani pic.twitter.com/GKCnTHTLqc
— Feltrinelli Editore (@feltrinellied) June 4, 2023
Aveva prestato la voce a decine di scrittori americani, tra cui Ernest Hemingway, Charles Bukowski, Isaac Asimov, William Faulkner, Harper Lee e tra i più recenti Saul Bellow, Salman Rushdie, Kurt Vonnegut e l’indimenticabile Philip Roth. Con Roth in particolare Mantovani condivideva un vero e proprio “gemellaggio autoriale”, in quanto i due condividevano - come dichiarato più volte in varie interviste - la stessa ironia dissacrante, l’intelligenza vivace, il medesimo disincanto. Aveva trascorso ore insieme ai personaggi creati dall’autore Premio Pulitzer, sino ad assorbirli completamente; ma con Philip Roth non si erano mai incontrati dal vivo.
Abbiamo letto autentici capolavori della letteratura americana attraverso le parole scelte, accuratamente selezionate da Vincenzo Mantovani che si definiva con un sorriso: “un traduttore con passione per il mestiere”.
Chi era Vincenzo Mantovani, il traduttore scrittore
Era nato a Ferrara nel 1935. In un’intervista raccontò di essersi avvicinato alla traduzione per caso grazie al suggerimento di un vecchio compagno di scuola, Guido Fink, con cui aveva frequentato il liceo Classico. Dopo che entrambi si erano laureati Fink un giorno venne a casa sua e gli raccontò che stava traducendo un libro, Il buon soldato di Ford Madox Ford. Per Mantovani, che in quel momento era giovane e disoccupato, fu una folgorazione: “Posso farlo anch’io”, pensò. Dopotutto aveva una buona conoscenza dell’inglese ed era un grande appassionato di narrativa americana.
Il destino segue strane strade: pochi giorni dopo Mantovani lesse un articolo su Il Resto del Carlino che parlava di Eric Linder, il maggior agente letterario del tempo. Forte dell’audacia della gioventù prese il treno, si recò a Milano e chiese di essere ricevuto da Linder. Fu ben accolto, l’agente gli fece fare una rapida prova di traduzione: dopo aver constatato le sue capacità decise di presentarlo a un redattore della casa editrice Feltrinelli. Fu così che Vincenzo Mantovani ottenne il suo primo incarico: la traduzione di un romanzo di Doris Lessing, futuro premio Nobel. Era il 1959, il libro in questione era una raccolta di racconti dal titolo L’abitudine di amare, un grande successo; ecco la prima prova di Mantovani come traduttore.
Non tutto, tuttavia, andò per il meglio. Il giovane Mantovani non aveva esperienza: si era improvvisato traduttore, ma lui sognava di fare il giornalista. Terminata la traduzione dei racconti di Lessing ebbe la brillante idea di scrivere direttamente all’autrice per porle alcune domande sul lessico; uno scrupolo personale, una pignoleria da esordiente. Ma non fu una buona idea: l’autrice in tutta risposta si infuriò e scrisse direttamente a Eric Linder. Mantovani si prese una bella ramanzina e imparò la lezione più importante di tutta la sua carriera: “mai scrivere agli autori”.
Del suo mestiere Mantovani diceva:
fare il traduttore significa scegliere una vita marginale per ragioni quasi sempre esistenziali.
Molte sue massime erano diventate dei diktat per i giovani traduttori in erba, al quale lui diceva: “pensateci bene prima di fare questo mestiere”. Mantovani dichiarava spesso che tradurre era un mestiere difficile, arduo, che richiedeva un gran sacrificio e non ti ricompensava quasi mai con gli allori.
Cosa significa tradurre per Vincenzo Mantovani
Nelle sue ultime interviste Vincenzo Mantovani ha riportato spesso l’attenzione sul ruolo del traduttore nella società contemporanea, ricordando la dignità e il valore di questo mestiere spesso privo di diritti e malpagato. Si definiva con umiltà un umile artigiano della parola, ma sapeva di essere molto di più: perché quello che lo guidava e che l’aveva sempre guidato era la passione, la coscienza di fare “un lavoro troppo bello per cambiarlo con un altro”.
Era un traduttore dalle ambizioni smisurate. Diceva che gli sarebbe piaciuto ritradurre tutto Shakespeare. Di imprese monumentali, del resto, ne aveva compiute parecchie: come la traduzione delle oltre mille pagine del romanzo JR di William Gaddis nel 2009, che gli tolsero quasi 15 anni di vita
La sua ultima ambizione smisurata era stata tradurre in italiano l’opera omnia di Kurt Vonnegut per Bompiani: il volume Tutti i racconti, per un totale di 1295 pagine che ci restituiscono tutta la passione formidabile per la letteratura e la parola di Vincenzo Mantovani che non ha ancora smesso di dialogare con i lettori. Il suo ultimo lavoro l’aveva consegnato a marzo, nonostante la malattia. Si tratta di una nuova edizione di Mattatoio n° 5 di Vonnegut che vedremo in libreria nel 2024.
Potremo leggere ancora una volta sul frontespizio “traduzione di Vincenzo Mantovani” e ricordare che la smisurata passione dello scrittore-traduttore che dall’aldilà ci consegna un ultimo libro.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Addio a Vincenzo Mantovani, lo scrittore-traduttore che fu la voce italiana di Roth
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