Italian magazine Epoca, N. 1268, year XXVI, p.64, Public domain, via Wikimedia Commons
Lontana come i tuoi occhi
tu sei venuta dal mare,
dal vento che pare l’anima.
Sono versi di Alfonso Gatto, nato a Salerno il 17 luglio 1909, poeta visionario della letteratura italiana. A lui dobbiamo il merito di aver portato la parola a un livello superiore, immaginifico, in grado di condurre la mente in volo. Come quando, nella memorabile Inverno a Roma, si sofferma sulle labbra screpolate delle bambine che ridono e le associa a un vortice millenario di amore e di pietà. Non metafisico come Montale, che pure gli fu amico, né essenziale e lapidario come Ungaretti, Gatto fu fautore di una lirica intensa e personale, a tratti surrealista come la sua pittura, che si muoveva tra lo spazio topografico di Salerno, di Roma e Milano e Firenze, e quello trascendentale dei pensieri in cui i due estremi sono approdo e nostalgia. Le sue parole, dall’influsso indubbiamente ermetico, tentavano di inventare una nuova grammatica in grado di narrare l’inesprimibile.
Ma più di tutto Alfonso Gatto ha amato il mare: lo dipinse nei suoi quadri, oltre che narrarlo nelle sue poesie. È un trionfo di brillante blu marino il suo quadro Case sul mare, datato 1969, in cui i colori sgargianti sembrano obnubilare la mente, condurla a un altro livello di significanza: vuole dirci l’accecamento, l’estasi del sole che fa brillare le cose dall’interno, vuole dirci la gioia.
Poesia e pittura erano legate, come in un’unica sinestesia, anche le parole erano impasti di colore, visioni, zampilli, forse è proprio questo il segreto della sua poetica, come da lui stesso espresso:
Io parto dalla prima stesura del colore, dal primo segno, così come parto dal primo verso.
Il tratto è lo stesso: parola e colore hanno la medesima origine, si mescolano e uniscono in un originario impasto di senso.
Partigiano, giornalista, scrittore, ma anche bibliotecario, commesso, lavoratore d’occasione, Alfonso Gatto ebbe molti mestieri oltre a quello di poeta, forse proprio per questa ragione seppe dire molte cose, cogliendo tutte le sfumature d’un destino.
Alfonso Gatto: la vita raminga di un poeta
Nacque a Salerno nel 1909, dove compì studi classici presso il liceo Torquato Tasso assecondando la sua passione per la letteratura. Perse un fratello, Gerardo, in giovane età, cui dedicò componimenti teneri e giocosi, come una forma di risarcimento, che tuttavia segnano anche il suo precoce incontro con la morte e l’idea di finitudine.
La sua prima raccolta di poesie, Isola, fu pubblicata nel 1932 e ottenne le lodi di Eugenio Montale.
Alfonso Gatto ebbe una vita raminga, soggetta a un continuo nomadismo: non concluse mai gli studi universitari a causa di difficoltà economiche, si trasferì quindi a Milano, nel 1934, mantenendosi con svariati lavori occasionali: commesso, bibliotecario, correttore di bozze, insegnante, giornalista per L’Italia letteraria e L’Ambrosiano. Fu arrestato per antifascismo e quindi incarcerato. Nel 1938 approdò a Firenze, dove diresse la rivista “Campo di Marte” in coppia con Vasco Pratolini; a questo periodo risale l’incontro con il movimento ermetico, che avrebbe segnato la sua visione poetica. Seguono Venezia, dove lavora come redattore capo al Mattino del Popolo, e Torino, dove collabora con Italo Calvino alla redazione dell’Unità.
Poi, nel 1947, fu la volta di Roma, la città della maturità. Nella capitale Gatto lavora per la rivista L’approdo, Pattuglia e Il Corriere dei Giovani e cura il palinsesto culturale della Rai. Passerà poi alla redazione della rivista Epoca, vero e proprio faro culturale di quel tempo. I suoi anni romani sono ricchi di conoscenze intellettuali, tra cui Luzi, Montale, Cristina Campo, ma anche segnati dalla tragedia della scomparsa del figlio Leone, morto suicida. Aveva sposato, ancora giovanissimo, Agnese Turco, figlia del suo professore di matematica: da lei aveva avuto le figlie Marina e Paola; ma non fu un’unione felice, di sé Gatto diceva “è più dolce piangermi che avermi”.
Si risposò con la pittrice e poetessa triestina Graziana Pentich, da cui ebbe i figli Leone e Teodoro. Fu un amore intenso e tormentato, forse finito troppo presto: si lasciarono al principio degli anni Settanta. Entrambi nutrivano la stessa inquietudine tempestosa, l’amore per i viaggi, per la pittura e la poesia. Due anime ardenti che seppero rispondere l’una all’altra, come in una perpetua eco.
La loro corrispondenza oggi è conservata presso il fondo manoscritti dell’università di Pavia, alcune lettere sono state pubblicate, tra cui un messaggio di lei di estrema dolcezza:
Mio caro Alfonso, (...) per il nostro amore intatto: dobbiamo soccorrerci sempre, per tutta la vita e la morte, amore mio certissimo. La tua Graziana.
Alfonso Gatto morì improvvisamente in un incidente d’auto, l’8 marzo 1976, nei pressi di Capalbio. Ora riposa a Salerno nel cimitero di Brignano.
Sulla sua lapide campeggiano i versi dell’amico Eugenio Montale che gli dedicò una memorabile epigrafe:
Ad Alfonso Gatto / per cui vita e poesie / furono un’unica testimonianza / d’amore.
È bello che, dopotutto, la figura di Alfonso Gatto oggi riviva nella limpida certezza di queste parole d’amore. Forse l’unica virtù del ricordo è che sia un ricordo amoroso.
Le poesie sul mare di Alfonso Gatto
La poesia di Alfonso Gatto, sin dagli esordi, si annuncia come un’avventura espressiva. La parola è indissociabile dalla melodia della parola e, a tratti, assume dei toni surrealisti. Ha scritto anche poesie e filastrocche per bambini, contenute nella bella raccolta Il sigaro di fuoco dal sottotitolo Poesie, fiabe, rime, ballate per i bambini d’ogni età. Ma credo che la vera chiave di lettura per la poetica di Gatto sia il mare. È vero, ha cantato le città e i loro abitanti, è stato anche poeta cittadino, ma nel profondo Alfonso Gatto è stato un uomo di mare: la sua casa era il veliero che solcava le onde in tempesta. I suoi ritratti del mare “avventuroso e largo, che dà fortuna” sono tra le sue opere più riuscite, lo testimoniamo i suoi versi marini che sembrano parlare all’abisso dell’anima:
Ritornerà sul mare
la dolcezza dei venti
a schiuder le acque chiare
nel verde delle correnti.
E ancora:
È l’inverno del mare, la viola
bluastra della spiaggia
s’allarga dai suoi petali, ne raggia
finitamente sola.
Il mare ritorna significativamente anche in una filastrocca per bambini intitolata I quattro mari, nella quale il poeta annovera Il Mar Rosso, Il Mar Nero e due mari di sua invenzione: il Mar Bianco e il Mar Giallo. In questa filastrocca si avvera l’unione tra superficie marina e scrittura, come in un’ardita metonimia: il foglio ha la stessa vastità del mare.
E bianco bianco è tutto il vostro foglio
ove ogni segno scompare,
ove resta solo il cielo
così sereno, così spoglio,
come un mare che sogna nel mare.
Il mare diventa metafora di una quiete esistenziale, sembra dischiudere le porte a un possibile aldilà come testimoniano i versi di Via Appia.
Nella memoria li depone il bianco
vento del mare: ad alba solitaria
passano in sogno a non toccarsi: banco
del mattino la ghiaia fredda d’ aria.
Ma la vera apoteosi la troviamo in Poesia d’amore in cui il mare assume una valenza metafisica, diventa “anima”, il bacio dell’anima che il poeta anela e ricerca:
Le grandi notti d’ estate
che nulla muove oltre il chiaro
filtro dei baci, il tuo volto
un sogno nelle mie mani.Lontana come i tuoi occhi
tu sei venuta dal mare
dal vento che pare l’anima.
Il mare come riflesso di un pensiero imperscrutabile ritorna anche nei versi di Osteria Flegrea, dove l’acqua si fa specchio di una ricerca di infinità. Ancora una volta ritorna la stretta correlazione “mare-anima”: nell’immagine del mare Gatto ricerca il sublime, la vastità che non può essere compressa né compresa, la liberazione da ogni preconcetto e vincolo di forma.
Che diremo al bambino
se vede nella bottiglia
il celeste pensiero
d’un mare che gli somiglia?
Il mare riflette la continua ricerca espressiva della poetica di Alfonso Gatto, la sua vocazione raminga, la sua costantemente inappagata fame d’anima e di “celeste pensiero”.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Alfonso Gatto: vita e opere del poeta del mare
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