Forse non tutti sanno che Dylan Dog, il famoso eroe dei fumetti, nato dalla fantasia di Tiziano Sclavi, con il volto di Rupert Everett, è stato ispirato da John Silence, dottore sensitivo uscito dalla prolifica penna di Algernon Blackwood, l’autore dell’horror che sapeva spaventare il lettore senza disgusto e senza raccapriccio.
Ho prese due raccolte da leggere di Algernon Blackwood: John Silence e altri incubi, corposo volume edito da UTET e Il wendigo e altri racconti fantastici di Theoria. Ho fatto subito la conoscenza con John Silence, definito dal suo inventore un eccentrico, un medico ricco che ha scelto la professione per passione personale e cura gratuitamente i pazienti, interessato più ai casi strani, in cui il paranormale mette il suo zampino, che a quelli semplicemente legati a qualche disturbo della psiche. La calma, la metodicità e la pacatezza del dottore, la sua capacità di analisi e di perdere raramente il proprio aplomb mi hanno ricordato Sherlock Holmes; di certo il bello e dannato Dylan Dog è un’evoluzione moderna e assai originale del nostro investigatore.
In comune Dylan Dog di Tiziano Sclavi e John Silence di Algernon Blackwood hanno un particolare: saper gestire la paura. Inoltre la capacità di Blackwood di far rimanere il lettore col fiato sospeso è straordinaria: le storie cominciano in sordina, da situazioni normali, quando i personaggi sono ignari e il lettore, col naso sopra le loro vicende, quasi si prende gioco della loro sicurezza, perché sa che tra poco qualcosa accadrà. E non vede l’ora del colpo di scena, procedendo a muovere in fretta gli occhi in quelle descrizioni dei luoghi così accurate che quasi pare di esserci perché non v’è rumore, movimento o profumo che venga trascurato e che sia incastonato invano. La paura si insinua subdola, il cambiamento, la metamorfosi, sono fenomeni impercettibili nell’animo umano e nell’ambiente circostante.
La presenza dell’entità soprannaturale si rivela solo con un gusto diverso in bocca, un refolo d’aria che fa oscillare una porta, un’espressione allucinata sul volto del compagno di avventure.
Sorprendente è la perizia dello scrittore nel presentare il mutamento degli animali di fronte a spiriti e spettri, come in occasione del primo caso di Silence, intitolato "Un’invasione paranormale" in cui il gatto e il cane del dottore, scelti come compagni per identificare presenze in una casa infestata, cambiano di umore e vedono l’invisibile con i loro differenti, più attenti occhi, salvo poi tornare assolutamente indifferenti una volta che l’entità si è allontanata.
E le forze primordiali della natura de "I salici", che aspettano al varco gli uomini per farne le vittime dei loro riti selvaggi, hanno davvero il potere di mozzare il fiato e, dopo aver letto di loro, non si guarderà più a un albero con gli stessi occhi. Il wendigo dell’omonimo racconto è una bestia possente, feroce, che si insinua dentro la sua preda, la costringe a farsi sua, a correre disperatamente nel bosco alla ricerca della morte. Di lui vediamo le enormi orme, ne sentiamo le descrizioni, ne percepiamo l’odore pungente e persistente che non cessa di invadere le narici. Ma se ci aspettiamo di trovarcelo a un tratto davanti ci sbagliamo. La visione di questo animale non è riservata a tutti e non basta un posto in prima fila per essere ammessi a un tanto sublime spettacolo. E ci dovremo accontentare di scorgerne i segni nelle membra straziate di Défago, nei suoi occhi sbarrati che non potranno restare aperti ancora a lungo.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Algernon Blackwood, l’autore dell’horror che ha ispirato Dylan Dog
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