Sul finire del Settecento le giovani lettrici (e non solo loro) nutrivano un vero e proprio culto per Ann Radcliffe, questa scrittrice misteriosa, dalla biografia oscura, che è considerata la pioniera del genere gotico. Le sue storie narravano di donne immerse in paesaggi cupi e tenebrosi dove si verificavano strani avvenimenti, “era una notte buia e tempestosa”, dettando di fatto categorie e regole di un nuovo stile in bilico tra mystery e noir. La sua opera più famosa è I misteri di Udolpho, pubblicata nel 1794, può essere considerata un’antesignana dei contemporanei bestseller e fece guadagnare alla scrittrice cifre da capogiro: in un’epoca in cui il guadagno medio di un romanziere era in media di circa dieci sterline lei arrivò a guadagnarne cinquecento.
La narrativa gotica di Radcliffe avrebbe dato origine a una nuova generazione di autrici, tra le quali figuravano nomi noti, Jane Austen, che a lei si ispirò per scrivere L’abbazia di Northanger, una certa Mary Shelley, la creatrice di Frankenstein e, non da ultimo, Charlotte Brontë con il suo Jane Eyre (ma si avverte l’influenza della Radcliffe anche nel forse meno noto Villette). Le eroine femminili coniate da Ann Radcliffe, che affrontavano intrepide tutto ciò che accadeva loro, avrebbero creato un punto di rottura con la narrativa inglese sino a quel momento dominata da eroi maschili, di stampo byroniano.
Sia chiaro, non erano solo le donne e le scrittrici ad amare Radcliffe, divenne un’autrice di culto, celebrata anche da grandi autori del tempo, tra i quali W.M. Thackeray, Walter Scott e il poeta John Keats.
Keats, in particolare, arrivò a pronunciare una frase scherzosa divenuta iconica:
Tutti dobbiamo qualcosa a mamma Ann Radcliffe.
Dobbiamo, insomma, concepire il fenomeno Radcliffe non solo da un punto di vista letterario, ma come caso di moda e di costume: i suoi libri alimentarono lo spirito di un’epoca, con un risultato non meno innovatore di quello scaturito oggi da certi format tv o saghe destinate a cambiare, rivoluzionandolo, l’immaginario delle persone. Nel mondo della narrativa c’è sicuramente un prima e un dopo Radcliffe.
Se dovessimo paragonarla a un’autrice contemporanea sarebbe J.K. Rowling, nel tardo settecento Ann ebbe lo stesso impatto dirompente della creatrice di Harry Potter. I suoi libri non assomigliavano a nient’altro che fosse stato scritto sino ad allora. Ann Radcliffe era Ann Radcliffe, non era uguale a nessun’altra.
Chi era Ann Radcliffe
La biografia più efficace della vita di Ann Radcliffe la troviamo racchiusa, paradossalmente, nel suo necrologio. Fu pubblicato nel febbraio 1823 dal The Edinburgh Review e recitava così:
Non appariva mai in pubblico, né si mescolava nella società, ma si teneva defilata, come il soave usignolo che canta le sue note solitarie, celato e non visto.
Era la “scrittrice del mistero”, ma un mistero era anche la sua vita. Sul suo conto si riescono a reperire talmente poche informazioni che pure i suoi biografi furono scoraggiati (la più ardita fu la poetessa Christina Rossetti) dallo scrivere o rendere testimonianza della sua vita. A lungo di Ann Radcliffe parlarono solo i suoi romanzi: quelli autentici e anche non autentici, poiché a un certo punto il suo nome divenne una garanzia per gli editori e non si contano le opere “false” che ne copiavano lo stile fregiandosi della sua firma in copertina.
Cosa sappiamo dunque sul conto di Ann Radcliffe? Negli anni, per fortuna, alcune informazioni più certe sono state reperite dagli studiosi, le maggiori le dobbiamo al marito, il giornalista William Radcliffe, che dopo la morte di Ann ne curò le opere scrivendone prefazioni accurate.
Sappiamo che nacque a Londra, il 9 luglio 1764, figlia del merciaio William Ward che era consulente della casa di porcellane Wedgwood. Quando Ann aveva appena otto anni la famiglia si trasferì a Bath, località termale inglese, dove trascorse la giovinezza. Iniziò a scrivere racconti, già da bambina, per divertimento, incoraggiata dalla madre, Anne Oates, che era un’avida lettrice.
Il suo primo romanzo, I castelli di Athlin e Dunbayne, fu pubblicato in forma anonima nel 1789 e non ottenne un grande riscontro di pubblico. Il libro, soprattutto, non fu capito: come romanzo storico venne giudicato anacronistico, mentre dal punto di vista della narrazione i lettori furono turbati dagli avvenimenti soprannaturali inseriti dalla scrittrice.
La scrittura di Radcliffe costituiva una novità assoluta sulla scena letteraria e, come ogni forma di cambiamento, non fu subito accettata in maniera indolore.
Ann Radcliffe e l’invenzione del genere gotico
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Con la sua narrativa Ann Radcliffe stava inaugurando un nuovo genere: il gotico, sotto certi aspetti molto simile al nostro modello thriller, nelle cui forme narrative si rintracciava un’inquietudine nuova figlia di un tempo che stava vivendo il passaggio transitorio verso una società industriale.
Due anni prima del suo esordio come scrittrice, Ann aveva sposato, contro il volere dei genitori, il giornalista William Radcliffe, che sarebbe diventato caporedattore delle English Chronicle.
William incoraggiò sempre l’attività letteraria della moglie e fu proprio dopo il matrimonio che Ann Radcliffe scrisse i suoi romanzi più famosi, come Romanzo siciliano (1790) e Il romanzo della foresta (1791), guadagnandosi un successo crescente. In queste opere, che la resero celebre e venerata, Radcliffe mise a punto l’intreccio che garantì il suo successo: le sue trame narravano di giovani donne audaci, sullo sfondo di castelli diroccati o case abbandonate sulle quali aleggiavano foschi presagi o ombre di terribli delitti. La sapienza letteraria di Anne fu quella di unire a una trama di trabocchetti, investigazioni, imprevisti, una grande capacità di suggestione narrativa: aveva la capacità di trasportarti all’interno della storia, di farti udire gli scricchiolii, i cigolii, i brividi che percorrevano la pelle, di immergerti nel sortilegio, di ingannarti, di ammaliarti.
Riportiamo un esempio della sua scrittura attraverso un estratto da Romanzo siciliano (1790):
Il castello era immerso nel sonno quando Ferdinando raggiunse di nuovo le sue sorelle nell’appartamento di Madame. Lo seguirono nella camera con ansiosa curiosità. La stanza era tappezzata. Ferdinando colpì, per sentirne il suono, la parete comunicante con l’edificio meridionale. In un punto il colpo echeggiò, convincendolo che dovesse esserci qualcosa di meno consistente della pietra.
Recensione del libro
Romanzo siciliano
di Ann Radcliffe
All’età di trentatré anni Ann Radcliffe decise di ritirarsi dalle scene mondane per dedicarsi esclusivamente alla scrittura. Questa scelta alimentò il suo mito e, al contempo, suscitò delle false dicerie sulla sua persona: si diceva che era malata di nervi, che era depressa, che era pazza. Nulla di tutto ciò era comprovato né tantomeno vero; di certo, però, la sua decisione le permise di rimanere nell’ombra, di essere eternamente ricordata come scrittrice del mistero.
Ann Radcliffe era riuscita, definitivamente, a eclissarsi nella sua opera: ancora oggi la sua persona è inscindibile dal suo essere stata scrittrice, il suo nome un sussurro che si mescola agli echi, ai bisbigli, ai segreti contenuti nei romanzi che hanno appassionato generazioni di lettori. I misteri di Udolpho, nel 1794, fu la sua consacrazione letteraria: per la prima volta Ann rimuoveva l’etichetta di “romance” da un libro scritto da donna e poneva un titolo audace, che già suscitava (e suggeriva) suspense. La trama narrava della giovane Emily St. Aubert che, rimasta orfana, viene fatta rinchiudere dal terribile zio nel tenebroso castello di Udolpho sugli Appennini italiani. Immersa in questo scenario terrificante, dove si alternano scenari sinistri e macabre scoperte, Emily dovrà superare molte prove prima di poter tornare alla propria vita precedente in Francia e ricongiungersi al suo innamorato, il conte Valancourt. La narrativa di Radcliffe, questo va detto, era certamente appassionante per i suoi contemporanei, lo è meno per il lettore attuale, abituato a tutt’altro genere di suspense: il brivido suscitato dalla maestra del gotico era generato da lunghe descrizioni affabulatrici che influenzavano il lettore immergendolo nella loro suggestione, mentre oggi sarebbero considerate esasperanti o, comunque, una prova encomiabile di arte narrativa, ma di certo non dei passi “da brivido”.
Ann Radcliffe morì a Londra il 9 gennaio del 1823, aveva cinquantanove anni. Il suo ultimo romanzo, Gaston de Blondeville, fu pubblicato postumo nel 1826 con una prefazione a firma del marito, William Radcliffe.
Alla postfazione dell’opera William aggiunse un testo che riportava la dicitura “Memoir”: era tutta lì, in quelle righe, la biografia non scritta di Ann Radcliffe.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Chi era Ann Radcliffe, la scrittrice gotica del mistero
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