“Il miglior fabbro del parlar materno”. Quante volte abbiamo sentito questa espressione, dimenticandoci di contestualizzarla. Chi è il fabbro di cui si parla?
Con questa espressione viene indicato il trovatore Arnaut Daniel (italianizzato in Arnaldo Daniello) nel XXVI canto del Purgatorio, nella VII cornice riservata ai lussuriosi. Alla fine del canto il trovatore si presenta in lingua d’oc (l’occitano) a Dante, che padroneggia questo idioma. Vediamo insieme questo celebre trovatore. Le scoperte non mancheranno!
Chi è Arnaut Daniel?
Le notizie sulla vita di Arnaut Daniel sono frammentarie. Nato in Dordogna, forse di origine nobiliare, fu attivo come trovatore tra il 1180 e il 1210. Di lui ci sono pervenuti 18 componimenti di argomento amoroso. Fu un esponente del trobar clus o poetare difficile e oscuro. Secondo la tradizione avrebbe inventato la sestina, un componimento poetico complesso, ripresa da Dante, Petrarca, Ungaretti.
Ecco un celebre esempio di sestina ungarettiana nel Recitativo di Palinuro:
Tale per sempre mi fuggì la pace; /
Per strenua fedeltà decaddi a emblema /
Di disperanza e, preda d'ogni furia, /
Riscosso via via a insulti freddi d'onde, /
Ingigantivo d'impeto mortale, /
Più folle d'esse, folle sfida al sonno.
Ora torniamo ad Arnaldo Daniello con parafrasi, analisi, commento ed approfondimento critico della canzone “Arietta”.
Testo di Arietta di Arnaut Daniel
Su quest'arietta leggiadra
Compongo versi e li digrosso e piallo,
E saran giusti ed esatti
Quando ci avrò passata su la lima;
Ché Amore istesso leviga ed indora
Il mio canto, ispirato da colei
Che pregio mantiene e governa.
Io bene avanzo ogni giorno e m'affino
Perché servo ed onoro la più bella
Del mondo, ve lo dico apertamente.
Tutto appartengo a lei , dal capo al piede,
E per quanto una gelida aura spiri,
L'amore ch'entro nel cuore mi raggia
Mi tien caldo nel colmo dell'inverno.
Mille messe per questo ascolto ed offro,
Per questo accendo lumi a cera e ad olio:
Perché Dio mi conceda felice esito
Di quella contro cui schermirsi è vano;
E quando miro la sua chioma bionda
E la persona gaia, agile e fresca
Più l'amo che d'aver Luserna in dono.
Tanto l'amo di cuore e la desidero,
Che per troppo desío temo di perderla,
Se perdere si può per molto amare.
Il suo cuore sommerge interamente
Tutto il mio, né s'evapora.
Tanto ha oprato d'usura
Che ora possiede officina e bottega.
Di Roma non vorrei tener l'impero,
Né bramerei esserne fatto papa,
Se non potessi tornare a colei
Per cui il cuore m'arde e mi si spezza
E se non mi ristora dell'affanno
Pur con un bacio, pria dell'anno nuovo,
Me fa morire a sé l'anima danna.
Ma per l'affanno ch'io soffro
Dall'amarla non mi distolgo,
Bench'ella mi costringa a solitudine,
Sì che ne faccio parole per rima.
Più peno, amando, di chi zappa i campi,
Ché punto più di me non amò
Quel di Monclin donna Odierna.
Io sono Arnaldo che raccolgo il vento
E col bue vado a caccia della lepre
E nuoto contro la marea montante.
Parafrasi
Per questa melodia meravigliosa compongo versi destinati a diventare perfetti, grazie ad un accurato labor limae, proprio come un falegname che pialla il legno grezzo per eliminare tutte le scorie. Amore in persona impreziosisce i miei versi che sono ispirati a colei che è guidata dalla virtù. Vi dico in tutta franchezza che continuo a migliorare perché sono al servizio della donna più bella del mondo. Appartengo interamente a lei, al punto che l’amore diffuso nel mio cuore non mi fa sentire il freddo dell’inverno. Vado a messa di frequente e faccio offerte per il buon esito del mio innamoramento; e quando ammiro di lei i capelli biondi e il corpo snello, l’amo più che se ricevessi in regalo una città immaginaria spagnola. La desidero così tanto che temo di perderla. Il suo amore mi ha completamente assorbito. La donna che amo è come un’usuraia che si è impossessata di tutti i miei beni. Non sono interessato ai più alti onori e, se non sarò corrisposto che la donna del mio cuore sia dannata. Anche se il mio amore non è corrisposto, non diminuisce anzi la solitudine cui sono costretto mi sprona all’attività poetica. La mia sofferenza è più intensa sia di quella dei contadini, sia di una celebre coppia di innamorati. Io sono Arnaldo che mi ostino a tentare l’impossibile.
Schema metrico
Questa canzone è formata da 7 strofe, ognuna di 7 versi, a parte
l'ultima che è formata da 3 versi. Quest'ultima strofa si chiama
congedo.
I versi nella traduzione italiana sono liberi, ma nella versione originale
in lingua d'oc di seguivano uno schema ritmico fisso.
Figure retoriche
Il testo, esempio di trobar clus, contiene 5 figure retoriche:
- La prima strofa è costruita sulla metafora tra il falegname e il poeta volta a sottolineare la difficoltà che l’attività poetica comporta.
- Anche le tre endiadi, contenute nell’articolata metafora, hanno il medesimo scopo: digrosso e piallo; giusti ed esatti; leviga e indora.
- L’ultimo verso della prima strofa contiene una perifrasi, un senhal, un nickname secondo quanto teorizzato, come vedremo, da Andrea Cappellano per alludere velatamente alla donna amata.
- Al v.20 il climax ascendente sottolinea la bellezza femminile secondo i canoni estetici medievali: la persona gaia, agile e fresca
- Nel congedo è presente una serie di adýnata per sottolineare l’ostinazione con cui il poeta affronta situazioni impossibili. Il congedo è un esempio di trobar clus perché la parafrasi è di difficile decifrazione.
Commento ad Arietta di Arnaldo Daniello
Nella prima strofa viene inserita una riflessione sull’attività letteraria del poeta: una novità, un unicum nella lirica provenzale. Infatti, il paragone con il falegname sottolinea la necessità della perizia tecnica insieme all’ispirazione. Ciò dimostra piena consapevolezza del poetare. Segue il tradizionale omaggio alla donna amata. L’Amore produce nel poeta un perfezionamento morale. Tra poeta e donna esiste un rapporto di vassallaggio, una caratteristica dell’amor cortese o la fin’amor in francese antico. L’amore è un sentimento totalizzante. Questi sono alcuni aspetti della fenomenologia dell’amore. La terza strofa, costruita su iperboli e adýnata, sottolinea l’intensità di un amore che il poeta non scambierebbe con potere e ricchezza. Il suo amore, pertanto, è incommensurabile. Vengono ribaditi intensità, desiderio e timore di perdere la donna amata e l’autoannullamento del poeta. Vengono ripresi i concetti dell’amore totalizzante, incommensurabile e che produce l’annullamento del soggetto insieme al timore di perderla. A parte lei, non mi interessano né il potere sommo, né il soglio pontificio. Se non sarò corrisposto, in modo casto, io ne morirò e lei sarà dannata. Le conseguenze dell’amore non ricambiato sono tre: l’amore non diminuisce; sofferenza e solitudine; il poeta coglie l’occasione per poetare. Le sofferenze d’amore sono più dure del lavoro nei campi e di quelle patite da una celebre coppia di amanti. Nei tre versi di congedo l’autore si presenta come colui che affronta imprese impossibili con determinazione.
Rilievo conclusivo
Questa canzone contiene motivi tipici dell’amor cortese, quelli descritti nel De amore di Andrea Cappellano, un trattato in latino della seconda metà del XII secolo:
- alla donna si allude in modo indiretto con un senhal per proteggere la sua reputazione
- la donna è sempre la più bella di tutte
- la sua fisicità rispecchia i tópoi cortesi: capelli biondi, figura agile e giovane
- l’amore è uno strumento di perfezionamento interiore, ma anche di autoannullamento per chi lo prova
- l’amore non è corrisposto, alimentando desiderio e sofferenza
- la sofferenza d’amore non è negativa: nel testo in oggetto è l’occasione per comporre versi accompagnati dalla musica.
Due parole in più. I trovatori scrivevano sia testi, sia melodie e generalmente suonavano di persona uno strumento, detto viella, simile a un violino, per accompagnare il testo poetico. Insomma i trovatori erano dei cantautori ante litteram.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Arietta” di Arnaut Daniel: analisi della canzone del “miglior fabbro del parlar materno”
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