Nella giornata di oggi, 23 Dicembre, nasceva, e moriva, Giovanni Berchet figura chiave del Romanticismo italiano, traduttore, poeta patriota e uomo politico.
Impegnato, in giovane età, nell’impresa di presentare all’ambiente culturale italiano il nuovo gusto romantico incarnato dalle opere di Thomas Gray e Oliver Goldsmith, che volse in italiano, Giovanni Berchet divenne celebre per quella Lettera semiseria che si impose facilmente come il manifesto più compiuto e consapevole del Romanticismo italiano.
L’attenzione al contesto storico e alle nuove tendenze letterarie europee rimangono i tratti più distintivi delle opere di Giovanni Berchet: oltre a fondare, insieme a Silvio Pellico, Il Conciliatore, un periodico che nella sua breve esperienza divenne luogo di confronto non solo culturale ma anche politico, nella sua produzione poetica espresse senza riserve tutto il suo spirito patriottico.
Giovanni Berchet fu, infatti, anche un tormentato e affascinante eroe risorgimentale: nella sua vita aderì alla Carboneria; esiliato, si spostò di capitale in capitale per sfuggire agli austriaci e combatté per l’Italia unita, sogno che purtroppo non riuscì mai a vedere realizzato.
A 241 anni dalla sua nascita, riscopriamo insieme vita, opere e pensiero di Giovanni Berchet.
Vita, opere e patriottismo di Giovanni Berchet
Nato da una famiglia borghese di origini svizzere, Giovanni Berchet (Milano, 23 dicembre 1783 – Torino, 23 dicembre 1851) studiò con i Barnabiti e fu avviato al commercio dal padre.
I primi contatti con gli ambienti letterari avvennero a Torino, dove si era impiegato come cancelliere del Senato poi, tornato a Milano, portò avanti l’attività di traduttore, anche alle dipendenze della polizia.
Un anno decisivo nella vita di Berchet fu il 1816 quando frequentò i cenacoli romantici di Carlo Porta, Ludovico di Breme e Alessandro Manzoni e compose la Lettera semiseria.
Successivamente si concentrò sull’attività poetica, fondò e collaborò attivamente con Il Conciliatore(1818) che, nonostante le sue posizioni moderate, fu soppresso dagli austriaci poco dopo. Per sfuggire all’arresto Berchet riparò prima in Svizzera, poi a Parigi, dove conobbe intellettuali come Fauriel e Cousin, in Belgio, in Olanda e infine a Londra dove rimase per alcuni anni (tra il 1822 e il 1829).
Di nuovo in Belgio, poi, Giovanni Berchet lavorò come precettore, alle dipendenze del conte Carlo Arconati: il castello di questo nobile italiano esiliato rimase la sua residenza per alcuni anni (fino al 1839) ma in questo periodò viaggiò molto ed ebbe modo di stringere proficue relazioni con i romantici tedeschi.
Al rientro degli Arconati in Italia, le sue peregrinazioni ripresero: si trasferì prima a Parigi, poi a Nizza, mentre nel 1848 fu di nuovo a Milano, dove prese parte alle Cinque Giornate, divenne membro del Consiglio Provvisorio e si spese per l’annessione della Lombardia al Piemonte sabaudo.
Con il momentaneo fallimento dell’impresa indipendentista, Berchet fuggì a Torino dove, prima di morire, fu deputato nelle prime legislature del Regno di Sardegna e militò nelle file della Destra Storica.
Sul “Cacciatore feroce” e sulla “Eleonora” Goffredo Augusto Burger. Lettera semiseria di Grisostomo al suo figliolo (1816), è il testo teorico che, al momento della sua pubblicazione, fece guadagnare a Giovanni Berchet una immediata notorietà e lo rese uno dei principali critici del Romanticismo italiano;
Tra le principali opere poetiche segnaliamo anche:
- I profughi di Parga (1819-20)
- Le Romanze (1824)
- Le fantasie (1829)
L’attività critica e teorica di Giovanni Berchet nel contesto romantico
Per comprendere la Lettera semiseria, il testo che meglio esplicita le idee di Giovanni Berchet sulla poesia e la letteratura, occorre richiamare alcune coordinate generali su quel composito movimento, filosofico, artistico e non solo letterario, che prende il nome di Romanticismo.
Nato come una almeno parziale reazione all’Illuminismo, il Romanticismo rivaluta la spiritualità e la religiosità; indica nel sentimento, nella fantasia e nel cuore i moventi fondamentali dell’azione umana; assegna una grande rilevanza alla dimensione storica, valorizzando tutte le epoche passate nella loro specificità ed elaborando una più compiuta teoria del progresso storico (cfr. Hegel); oppone al cosmopolitismo illuminista l’attenzione ai fenomeni linguistici e culturali che distinguono una nazione, e alla patria che, secondo i contesti, si configura come lotta per il riscatto degli oppressi o come l’affermazione di istanze democratiche.
Sul piano letterario, nonostante sia un fenomeno così poliedrico da risultare talvolta contraddittorio, il Romanticismo si oppone al classicismo, e alla sua pretesa di un’arte che, in quanto espressione della natura, vanti dei canoni e delle leggi immutabili: questa, invece, ha una sua storicità ed è mutevole nel tempo, ma anche nello spazio e nella società; per questo, deve tenere conto del sentimento nazionale e del popolo a cui si rivolge. L’arte, in altri termini, ha un suo valore se rappresenta le aspirazioni, i bisogni, gli ideali della sua epoca e di un determinato popolo.
Che tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento in Europa si stesse affermando una nuova arte lo rese evidente la polemica tra classicisti e romantici, che toccò anche l’Italia grazie alla traduzione dell’articolo di Madame de Staël Sulla maniera e l’utilità delle traduzioni (1816), dove la scrittrice francese apprezzava la traduzione dell’Iliade di Vincenzo Monti e, rilevando la decadenza della letteratura classicista italiana classicista, invitava i nostri letterati a tradurre opere delle moderne letterature europee.
La lettera semiseria di Giovanni Berchet
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La Lettera semiseria di Berchet – il cui titolo completo è Sul “Cacciatore feroce” e sulla “Eleonora” Goffredo Augusto Burger. Lettera semiseria di Grisostomo al suo figliolo – si inserisce proprio nel dibattito suscitato da questo articolo sulla scena culturale italiana, e difende le posizioni della de Staël e, più in generale, del movimento e della letteratura romantica, fino a diventarne, insieme all’Adelchi di Manzoni, un vero e proprio manifesto.
Attraverso la cornice della finzione letteraria Berchet immagina che un suo alter ego, il signor Grisostomo, spedisca due poesie di Gottfried August Bürger tradotte in italiano al figlio, accompagnandole con una lettera dove riflette sulla letteratura.
Grisostomo ammette, dapprima, che nell’animo umano si ritrova una naturale tendenza alla poesia che può tuttavia assumere due diverse forme:
- una tendenza attiva, propria solo degli spiriti che riescono, grazie a un particolare talento, a creare poesia, dove, con questo termine, egli intende la letteratura generalmente intesa, quindi anche la prosa. Il poeta, afferma Berchet, può sbalzare “fuori dalle mani della natura in ogni tempo, in ogni luogo”: la poesia, in altri termini, ha un carattere universale e sovranazionale e tutti i letterati appartengono, secondo il nostro, alla Repubblica delle lettere, una sorta di stato ideale, che rende Shakespeare o Cervantes tanto italiani quanto Dante o Ariosto;
- una tendenza passiva, che pertiene solo a chi fruisce la poesia: il pubblico che può solo accogliere la poesia, amarla ma non comporla e per il quale non si dà alcuna universalità.
Berchet, poi, approfondisce l’analisi dei fruitori della poesia e della letteratura, distinguendo tra tre diversi gradi:
- gli Ottentotti, un popolo originario dell’Africa meridionale che, fuor di metafora, rappresenta tutti gli uomini rozzi e incivili, tutti coloro che non hanno coltivato abbastanza la loro formazione culturale, che non hanno affinato la fantasia e il cuore e che, quindi, per la loro ignoranza, non hanno i mezzi per apprezzare la poesia;
- i Parigini, che rappresentano i ceti aristocratici, quelli che, di contro, sono eccessivamente civilizzati, perché educati nel lusso, ma anche in un sapere troppo elevato e che, allora, per eccesso di raziocinio, hanno finito per depotenziare la loro sensibilità, non riescono più a cogliere in modo immediato le emozioni che un testo poetico può suscitare e, in definitiva, si rivelano incapaci di godere della bellezza dell’arte;
- tra questi due eccessi, troviamo il popolo, un nome con il quale Berchet identifica, in realtà il ceto medio borghese italiano, alfabetizzato, quindi abbastanza civilizzato da comprendere un testo letterario, seppure ancora in grado di emozionarsi, grazie a una sensibilità ancora vitale, capace di quella partecipazione emotiva che per i romantici è il vero fondamento della poesia.
La letteratura, allora, per Berchet – e questo è il vero significato dell’opera, l’elemento che gli fece ottenere grande successo – deve essere popolare, nel senso che deve modularsi sulle esigenze ed esprimere il gusto del suo pubblico, ovvero di quella borghesia che in Italia fu protagonista del Risorgimento e dell’unificazione.
Giovanni Berchet poeta e letterato
Sul piano letterario e stilistico il Romanticismo italiano, del quale Giovanni Berchet fu un originale interprete, trascura le tematiche irrazionalistiche, fantastiche e oniriche che tanta parte ebbero in terra tedesca e privilegia, invece, l’indagine del presente e l’impegno civile e politico, così da dare voce agli ideali patriottici e risorgimentali.
Per questo, ad esempio, nel poemetto Fantasie dà voce a un patriota esule che sogna tre celebri episodi della civiltà dei Comuni: il giuramento di Pontida, la battaglia di Legnano, e la pace di Costanza. Vicende che raccontano le lotte del popolo italiano contro Federico I Barbarossa ma, sotto le mentite spoglie del passato, alludono scopertamente alla situazione politica italiana del primo Ottocento e all’usurpatore austriaco. Gli eventi storici, allora, diventano solo dei pretesti e nella cornice tutta romantica della fantasia onirica il poeta innesta un messaggio politico tutto rivolto al presente.
Berchet, infine, memore dell’insegnamento di Herder, che aveva assegnato grande valore alla poesia popolare, si impegnò anche nel recupero di forme stilistiche di origine medievale come la romanza. Utilizzata nella poesia narrativa scozzese e nei poemi cavallereschi spagnoli del XV e XVI secolo, la romanza frequenta spesso temi storici e leggendari, talvolta a sfondo patriottico e con un’ambientazione medievale o popolare. Dal punto di vista formale adotta forme metriche regolari, facili e poco raffinate, proprie della tradizione popolare o ispirate ad essa: in molti casi si tratta di odi che impiegano versi brevi, con rime organizzate in modo tale da scandire un ritmo particolarmente cadenzato.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Chi era Giovanni Berchet, il letterato patriota
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