In occasione della festa di Halloween, la vigilia di Ognissanti nella quale ci divertiamo con travestimenti da vampiri e da zombie ed esorcizziamo la paura della morte e del maligno illuminando delle macabre zucche intagliate, rileggiamo la poesia “Il vampiro” di Charles Baudelaire, dove ad assumere le sembianze di questo essere demoniaco è la donna amata.
Pubblicata per la prima volta nel 1857, nella celebre raccolta I fiori del male, “Il vampiro” di Charles Baudelaire compare nella prima delle sei sezioni della raccolta poetica, che titola Spleen et Ideal, ed è dedicata a Jeanne Duval, la ballerina creola che gettò Baudelaire in una tormentata storia d’amore, dove gli abbandoni non erano mai definitivi e il desiderio faceva il paio con la sofferenza e l’insoddisfazione.
Se il poeta con l’amore cercava di sfuggire a una noia onnipresente, a quello spleen che fonde in sé la tristezza e la disperazione, che intorpidisce, relegando chi lo prova in una crisalide angosciosa che allontana dal mondo e da una vita davvero vissuta, Jeanne Duval, come un vampiro che succhia il sangue e la linfa vitale, più che una salvezza si trasforma in una spina nel fianco che non è possibile amare senza anche odiare. La ballerina con il suo profumo esotico e conturbante, più che un porto sicuro, riesce a rendere più vivo e lacerante il dolore del poeta perché lo condanna a una schiavitù consapevole: egli prova amore e odio allo stesso tempo, sottomesso alla fonte del suo dolore, la maledice senza riuscire a liberarsene.
“Il vampiro” di Charles Baudelaire: testo originale francese della poesia
Toi qui, comme un coup de couteau,
Dans mon coeur plaintif es entrée;
Toi qui, forte comme un troupeau
De démons, vins, folle et parée,De mon esprit humilié
Faire ton lit et ton domaine;
– Infâme à qui je suis lié
Comme le forçat à la chaîne,Comme au jeu le joueur têtu,
Comme à la bouteille l’ivrogne,
Comme aux vermines la charogne,
– Maudite, maudite sois-tu!J’ai prié le glaive rapide
De conquérir ma liberté,
Et j’ai dit au poison perfide
De secourir ma lâcheté.Hélas! Le Poison et la Glaive
M’ont pris en dédain at m’ont dit:
"Tu n’es pas digne qu’on t’enlève
A ton esclavage maudit,Imbécile! – de son empire
Si nos efforts te délivraient,
Tes baiser ressusciteraient
Le cadavre de ton vampire!"
“Il vampiro” di Charles Baudelaire: la traduzione italiana della poesia
Tu che come il fendente di un coltello
sei penetrata nel mio cuore gemente;
tu che forte come una legione
di demoni, venisti, folle e adornata,del mio spirito umiliato,
a fare il tuo letto e il regno;
infame, alla quale io sono legato,
come il forzato alla catena,come l’ostinato giocatore al gioco,
come l’ubriacone alla bottiglia;
come i vermi alla carogna:
– Maledetta, che tu sia maledetta!Ho implorato la fulminea spada,
di riprendersi la mia libertà;
e il veleno perfido ho pregato
di soccorrere me vile.Ahimè! Il Veleno e la Spada,
pieni di disprezzo, m’han detto:
"Non sei degno che ti si levi
dalla tua schiavitù maledetta,Imbecille! – dal suo dominio
se i nostri sforzi ti liberassero
i tuoi baci resusciterebbero
il cadavere del tuo vampiro!"
Analisi e significato de “Il vampiro” di Baudelaire
Come dimostra il pronome personale “tu”, al principio del componimento, il poeta si rivolge a una donna che ha lacerato il suo cuore dolorante come un coltello acuminato. Già da subito questa donna ha i tratti del demoniaco, ha la forza soverchiante di un esercito che travolge il poeta e fa del suo spirito, sopraffatto e umiliato, il suo regno. Evidente è il rapporto di sudditanza, di dipendenza che Baudelaire riconosce nei confronti di quella donna che è descritta con immagini macabre e toni carichi di prevaricazione disperata.
Evidente è anche la nuova immagine che Baudelaire propone della donna, del tutto priva dei tratti angelici e perfetti, propri dell’immaginario religioso: se il poeta ha perso la sua aureola e non deve più sentirsi obbligato a cantare in modo aulico un mondo che in realtà è affollato dall’ingiustizia, dalle bassezze e dagli orrori, la donna, allora, può essere imperfetta, ambigua e finanche malvagia, una femme fatale che conosce bene il potere conturbante della sua sessualità e le conseguenze che quel potere può scatenare. In un disperante gioco delle parti, allora, a diventare sottomesso è l’uomo che non può fare a meno della passione, l’uomo schiavo che di quel demone ha bisogno di liberarsi, anche se sommessamente riconosce che non vuole farlo, perché non lo desidera.
È chiaro allora perché il poeta si definisca un forzato alla catena, uno schiavo: egli prova sentimenti contrastanti, ama ossessivamente e odia allo stesso tempo, prova un’ira lancinante e sprofonda in un’immobilità umiliante che lo sottrae alla vita, si condanna a una dipendenza corrosiva ma di cui sa di non poter fare a meno.
Per questo si paragona al giocatore incallito, all’ubriacone vizioso, ai vermi attaccati a una carogna: immagini potenti e disturbanti che ci consegnano le mille sfumature di un legame ambivalente, che è divenuto condanna e che porta a maledire la donna che amata.
Come se ne esce? Solo col suicidio, con l’invocazione di una morte violenta (la spada) o più dolce (il veleno), unico soccorso possibile per un vigliacco che ha condannato sé stesso e intanto spera di ritrovare l’agognata libertà.
Ma anche il veleno e la spada hanno una dignità superiore a quella del poeta: personificati, gli danno dell’imbecille e rifiutano di liberarlo dalla sua schiavitù; a nulla servirebbe, infatti, porre fine ai tormenti di un inetto che con i suoi baci risusciterebbe in men che non si dica la donna che lo rende schiavo.
Stile e analisi metrica della poesia
Dal punto di vista metrico "Il vampiro" di Baudelaire è composta da sei strofe di ottonari, divise in due parti uguali, che presentano lo stesso schema rimico: ABAB CDCD EFFE GHGH ILIL MNNM.
Dal punto di vista contenutistico, la poesia di Baudelaire si divide in tre blocchi tematici chiaramente riconoscibili, che considerano: il poeta schiavizzato dalla relazione con la donna che ama (vv. 1-12), la tentazione della liberazione (vv. 13-20) e l’impossibilità della liberazione (vv. 21-24).
Per quanto riguarda le figure retoriche utilizzate, oltre all’apostrofe iniziale (“Tu”), intima e familiare come testimonia la scelta della seconda persona singolare, l’allitterazione presente nei primi due versi (“cou, cou, coeu”) rende la coltellata estremamente percepibile sul piano sonoro.
La similitudine col coltello rimanda a un amore violento, probabilmente estemporaneo o insolito, dove la donna gioca il ruolo dell’aggressore e anche l’iperbole che assimila la forza della donna a quella di una legione, o di una mandria, contribuisce senz’altro a delineare un rapporto squilibrato.
Nei versi successivi il poeta utilizza l’anafora (“Tu che”) per esprimere il suo pensiero ossessivo dell’amata e continua a sottolineare la contraddittorietà del rapporto con aggettivi contrastanti, che debordano nell’insulto (“Infame”).
Le anafore che troviamo più oltre esprimono le diverse gradazioni di un legame da cui è impossibile liberarsi, e la sofferenza provocata da un amore inteso come schiavitù (“maudite, maudite”).
Il veleno e la spada, come testimoniano le lettere maiuscole, sono personificazioni ai quali il poeta si rivolge: a questi oggetti, che da soli non possono compiere alcuna azione, sono affiancati dei verbi d’azione, come se il poeta in realtà non volesse davvero la libertà a cui anela.
Ai versi 17 e 18, e poi ancora al verso 21, con una prosopopea, il poeta fa parlare il veleno e la spada, e torna a sottolineare che il suo amore è vissuto come una schiavitù e la sua impotenza verso la donna amata.
Nell’ultima strofa, che è una vera e propria dichiarazione d’amore, troviamo un’altra iperbole (“empire”) che rende perfettamente il dominio che la donna esercita sul poeta e la complessità del sentimento di amore-odio descritto: il poeta vorrebbe uccidere la donna che ama, ma i suoi baci la resusciterebbero facilmente.
Nella parola finale troviamo il titolo del componimento, enfatizzato dalla posizione e da un’allitterazione con i termini precedenti.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Il vampiro” di Charles Baudelaire: una poesia da leggere a Halloween
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