Se state studiando Blaise Pascal, una delle figure principali della filosofia del Seicento, può esservi utile un riassunto dei concetti chiave che ci permettono di conoscere sommariamente la sua filosofia e la sua visione del mondo.
Cresciuto nell’alveo della tradizione razionalista che fa capo a Descartes, Blaise Pascal viene unanimemente riconosciuto come un precursore della filosofia esistenzialista, per i limiti riconosciuti alla razionalità e per l’importanza attribuita alle questioni religiose e antropologiche. Per conoscere la sua filosofia, oltre alla vita e agli scritti, è utile soffermarsi sui rapporti con il Giansenismo, la distinzione tra esprit de géométrie ed esprit de finesse e i limiti della dimensione razionale, le questioni esistenziali e la natura dell’uomo e la concezione di Dio. Ecco un riassunto di 5 cose importanti da sapere su Pascal:
Vita e Opere di Pascal
Nato nel 1623 a Clermont (nella Francia centrale), dimostrò ben presto il proprio interesse per la matematica e per la fisica, con il Trattato sulle coniche (1639). Dopo essere diventato allievo di Marin Mersenne, Pascal si dedicò alla realizzazione della "pascalina", una delle prime macchine calcolatrici, e al perfezionamento degli esperimenti di Evangelista Torricelli, attività con la quale dimostrò chiaramente che tutti i fenomeni attribuiti, fino a quel momento al vuoto, sono in realtà causati dalla pesantezza dell’aria; gli esiti di questi ultime ricerche furono raccolti nel Trattato sul vuoto (1651).
Nel 1646 avviene la prima conversione, l’avvicinamento alla fede, causato da un grave incidente occorso al padre; negli anni successivi Blaise Pascal conosce il Giansenismo; frequenta i salotti letterari di Parigi e prosegue gli esperimenti fisici che avranno, come loro esito il Trattato sull’equilibrio dei liquidi, il Trattato sul peso delle masse d’aria e il Trattato del triangolo aritmetico (1654). Nello stesso periodo inizia la corrispondenza con Fermat su questioni di calcolo della probabilità e, soprattutto, avviene la cosiddetta "seconda conversione" (1654), in seguito a un incidente accaduto a Pascal stesso.
Descritta come una vera e propria illuminazione religiosa, quest’esperienza porta alla scrittura del Memoriale, determina l’entrata di Pascal all’Abbazia di Port-Royal e la definitiva adesione al Giansenismo, oltre che un crescente interesse per le questioni religiose e per lo studio della natura umana, ben visibili ne la Conversazione col signor di Saci su Epitteto e Montaigne (1655) in cui riconosce un’antinomia, risolvibile solo attraverso la fede, tra l’esaltazione della grandezza umana propria dello stoicismo e le debolezze della natura umana, scandagliate nel pensiero di Montaigne.
La condanna del giansenismo, decisa da papa Innocenzo X nel 1653, dà luogo a una disputa dottrinale in cui anche Pascal interviene scrivendo, con lo pseudonimo di Louis de Montalte, le Lettere Provinciali (pubblicate tra il 1656 e il 1657 e immediatamente messe all’Indice). In questi stessi anni Blaise Pascal continua le sue indagini scientifiche e inizia a lavorare a un’opera di più ampio respiro, l’Apologia del Cristianesimo, che non fu mai terminata; dopo la morte del filosofo (1662) i frammenti di quest’ultima opera saranno raccolti sotto il titolo Pensieri e dati alle stampe, per la prima volta, nel 1669.
Le Lettere provinciali e il Giansenismo
Il Seicento filosofico francese fu attraversato da una violenta polemica legata alla dottrina di Giansenio che nel suo libro Augustinus recuperò i principi del padre della chiesa contro le dottrine teologiche più recenti, di stampo gesuita. La comunità di Port-Royal animata da Antoine Arnauld, dove anche Pascal risiedette, sposò le tesi di Giansenio, tentò di diffonderle e, per questo, fu oggetto di aspri attacchi, soprattutto dopo la condanna dell’interpretazione giansenista di alcune proposizioni teologiche, da parte di Papa Alessandro VII.
Nelle Lettere provinciali Pascal difende la posizione di Arnauld e della comunità di Port Royal, (quindi le dottrine gianseniste) riflettendo in particolar modo sulla questione della grazia divina. Pascal si contrappone ai gesuiti, per i quali il cristiano ha una grazia sufficiente a ottenere la salvezza eterna, a patto che la sua buona volontà collabori a questo scopo; per Pascal la volontà umana, senza la grazia efficace divina, è insufficiente a raggiungere la salvezza, quindi, quest’ultima non può essere ottenuta a buon mercato, attraverso la pratica, non faticosa, dei sacramenti.
In questa disputa, però, Pascal si contrappone anche a Calvino e a Lutero, per i quali le opere, ovvero le azioni terrene, sono irrilevanti per il raggiungimento della salvezza. Pascal, infine, nega anche la posizione di Molina che, considerando l’uomo libero, non credeva che le buone opere e la cooperazione alla salvezza, fossero dovute alla grazia divina.
In definitiva, secondo Pascal (che riprende la posizione di Agostino, proprio per dimostrare l’ortodossia della comunità di Port Royal e di Arnauld), le nostre azioni sono frutto del nostro libero arbitrio e, pertanto, possono essere propriamente considerate nostre e libere, tuttavia, queste stesse azioni sono anche di Dio, dal momento che è la grazia di Dio a farci volere ciò che potremmo anche non volere; è la grazia di Dio, in altri termini, a far sì che il libero arbitrio produca proprio quelle azioni e non altre.
Esprit de géométrie e esprit de finesse
Pascal pone una demarcazione netta tra scienze empiriche e teologia: mentre nelle prime si utilizza il metodo sperimentale, nella seconda, come anche nelle scienze storiche e umane, vale il principio di autorità che permette la costruzione del sapere.
Pur accettando il metodo razionalistico, proprio di Cartesio, Pascal crede che tale metodo (il metodo ipotetico-deduttivo) si applichi alle sole questioni scientifiche, dal momento che i poteri della ragione non sono mai assoluti e anche le scienze sperimentali hanno dei limiti intrinseci, come risulta chiaro dai principi primi della scienza, principi autoevidenti e indimostrabili che stanno alla base di ogni ragionamento ma che, tuttavia, sfuggono al ragionamento stesso.
Alla ragione deduttiva propria delle scienze e all’esprit de géométrie che consente di cogliere principi palpabili e tangibili e che ha come proprio dominio gli enti astratti e gli oggetti esteriori, Pascal oppone la “comprensione istintiva” o il “cuore”: si tratta dell’intuizione o, anche, di un tipo di comprensione che potremmo definire "esistenziale" perché è quella che coglie gli aspetti più problematici della condizione umana.
Posta questa distinzione, ben si comprende come Pascal rifiuti le dimostrazioni filosofiche dell’esistenza di Dio che, o concepiscono una divinità astratta e lontana dai bisogni umani, oppure si focalizzano sulla dimensione naturale per farla coincidere, poi, automaticamente, con la creazione divina.
L’antropologia
Proprio l’esprit de finesse permette di spostare la nostra attenzione sul problema dell’uomo e sul senso della vita, due delle questioni principali intorno a cui ruota il discorso filosofico di Pascal. Per gli uomini la domanda sul senso della vita è inevitabile, dal momento che essi sono colti dal pensiero costante della morte, in modo quasi impercettibile. Per sfuggire all’interrogazione sul senso dell’esistenza gli uomini si distraggono con varie occupazioni e forme di intrattenimento sociali, quelli che Pascal definisce come divertissements che, però, non riescono, in realtà, a evitare il pensiero della morte. Proprio per questo, secondo Pascal, una vita autentica deve tenere costantemente presente il momento della fine, per far sì che il tempo di ciascuno venga speso con piena responsabilità e consapevolezza.
L’uomo, comunque, posto sempre in una posizione mediana tra l’infinitamente piccolo, portato dello studio scientifico e della realtà naturale, e l’infinitamente grande, ossia le questioni metafisiche, collocato sempre tra il mondo fisico e le sue aspirazioni spirituali inappagate, non riesce attraverso i divertissements a riempire l’abisso frutto dell’assenza di Dio dalla sua vita. Se la ragione, quindi, è insufficiente a sondare il mistero della grazia divina, la condizione a cui l’uomo è condannato è l’angoscia.
La scommessa su Dio
Esclusa la certezza razionale dell’esistenza di Dio (è qui il punto di maggiore distanza dal razionalismo cartesiano) Blaise Pascal ricorre alla fede come risorsa sovrarazionale, necessaria per dipanare le questioni esistenziali, lasciate irrisolte dalla ragione.
La condizione umana, divisa tra grandezza e miseria, è frutto delle conseguenze del peccato originale e ciò fa credere a Pascal che la religione cristiana sia l’unica valida dal momento che il suo messaggio è il solo capace di dar conto in modo esaustivo dei dati di fondo dell’interiorità.
Premesso ciò, l’uomo per Blaise Pascal può scegliere di vivere come se Dio ci fosse o come se Dio non ci fosse. Esclusa la possibilità di non scegliere, che in realtà condurrebbe comunque a una scelta negativa, e posto l’obiettivo della felicità umana, Pascal rileva che per l’uomo è più conveniente scommettere sull’esistenza di Dio: in caso di vittoria, infatti, guadagnerebbe il bene eterno, in caso contrario perderebbe solo dei beni finiti; scommettere, invece, sulla non esistenza di Dio gli precluderebbe la possibilità di un bene eterno. Da tale ragionamento derivano delle massime eminentemente pratiche: agire come se si credesse, per limitare le passioni e abituarsi alla fede, finché non sarà praticata spontaneamente.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Blaise Pascal: 5 cose da sapere per conoscere la sua filosofia
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