A 22 anni è al Campidoglio, di fronte a una distesa di bandiere americane, a recitare una sua poesia per il neoeletto presidente Joe Biden: Amanda Gorman è la più giovane poetessa laureata degli Stati Uniti.
A solo un giorno dalla lettura che ha emozionato l’intero Paese, i suoi libri hanno scalato le classifiche di vendita, posizionandosi al primo e al secondo posto tra i più venduti.
Ecco cosa sappiamo su Amanda Gorman e di cosa parla la poesia che ha declamato, The Hill We Climb:
"Perché essere americani è più di un orgoglio che ereditiamo.
È il passato in cui ci imbattiamo e il modo in cui lo ripariamo."
Amanda Gorman: chi è?
Robert Frost, Maya Angelou, Richard Blanco: sono solo alcuni dei poeti intervenuti nel corso dei decenni in chiusura delle cerimonie di insediamento presidenziale. Amanda Gorman, l’altro ieri al Campidoglio a declamare i propri versi, è la più giovane di sempre.
Nata nel 1998 a Los Angeles, Gorman è stata insignita nel 2017 del titolo di National Youth Poet Laureate, importante riconoscimento poetico statunitense, che, in seguito a una competizione, elegge un giovane poeta il cui percorso sia già stato caratterizzato da successo artistico, impegno civico e civile e impatto sociale.
A sceglierla per la cerimonia di insediamento è stata Jill Biden, che era rimasta colpita dalla poetessa durante una lettura alla Library of Congress.
È Gorman stessa ad accennare alla sua biografia in The Hill We Climb, la poesia letta per l’occasione e interamente riscritta dopo l’assalto al Campidoglio dello scorso 6 gennaio. Tra i versi, si presenta come:
"Una ragazzina nera, discendente dagli schiavi e cresciuta da una madre single".
Gorman, afroamericana, figlia di un’insegnante, ha iniziato a scrivere per fare i conti con un problema di dizione. La sua vocazione poetica si è fatta sempre più forte e a soli 16 anni, dopo aver frequentato un’associazione non profit che aiuta le ragazze a scoprire il potere della propria voce tramite scrittura creativa, è stata nominata Youth Poet Laureate of Los Angeles. Qualche anno dopo, iscritta a sociologia a Harvard, ha ricevuto il già citato titolo di National Youth Poet Laureate.
The Hill We Climb: testo e traduzione della poesia
When day comes, we ask ourselves, where can we find light in this never-ending shade?
The loss we carry. A sea we must wade.
We braved the belly of the beast.
We’ve learned that quiet isn’t always peace, and the norms and notions of what “just” is isn’t always justice.
And yet the dawn is ours before we knew it.
Somehow we do it.
Somehow we weathered and witnessed a nation that isn’t broken, but simply unfinished.
We, the successors of a country and a time where a skinny Black girl descended from slaves and raised by a single mother can dream of becoming president, only to find herself reciting for one.
And, yes, we are far from polished, far from pristine, but that doesn’t mean we are striving to form a union that is perfect.
We are striving to forge our union with purpose.
To compose a country committed to all cultures, colors, characters and conditions of man.
And so we lift our gaze, not to what stands between us, but what stands before us.
We close the divide because we know to put our future first, we must first put our differences aside.
We lay down our arms so we can reach out our arms to one another.
We seek harm to none and harmony for all.
Let the globe, if nothing else, say this is true.
That even as we grieved, we grew.
That even as we hurt, we hoped.
That even as we tired, we tried.
That we’ll forever be tied together, victorious.
Not because we will never again know defeat, but because we will never again sow division.
Scripture tells us to envision that everyone shall sit under their own vine and fig tree, and no one shall make them afraid.
If we’re to live up to our own time, then victory won’t lie in the blade, but in all the bridges we’ve made.
That is the promise to glade, the hill we climb, if only we dare.
It’s because being American is more than a pride we inherit.
It’s the past we step into and how we repair it.
We’ve seen a force that would shatter our nation, rather than share it.
Would destroy our country if it meant delaying democracy.
And this effort very nearly succeeded.
But while democracy can be periodically delayed, it can never be permanently defeated.
In this truth, in this faith we trust, for while we have our eyes on the future, history has its eyes on us.
This is the era of just redemption.
We feared at its inception.
We did not feel prepared to be the heirs of such a terrifying hour.
But within it we found the power to author a new chapter, to offer hope and laughter to ourselves.
So, while once we asked, how could we possibly prevail over catastrophe, now we assert, how could catastrophe possibly prevail over us?
We will not march back to what was, but move to what shall be: a country that is bruised but whole, benevolent but bold, fierce and free.
We will not be turned around or interrupted by intimidation because we know our inaction and inertia will be the inheritance of the next generation, become the future.
Our blunders become their burdens.
But one thing is certain.
If we merge mercy with might, and might with right, then love becomes our legacy and change our children’s birthright.
So let us leave behind a country better than the one we were left.
Every breath from my bronze-pounded chest, we will raise this wounded world into a wondrous one.
We will rise from the golden hills of the West.
We will rise from the windswept Northeast where our forefathers first realized revolution.
We will rise from the lake-rimmed cities of the Midwestern states.
We will rise from the sun-baked South.
We will rebuild, reconcile, and recover.
And every known nook of our nation and every corner called our country, our people diverse and beautiful, will emerge battered and beautiful.
When day comes, we step out of the shade of flame and unafraid.
The new dawn balloons as we free it.
For there is always light, if only we’re brave enough to see it.
If only we’re brave enough to be it.
(testo dal sito cnbc.com)
Quando arriva il giorno, ci chiediamo dove possiamo trovare la luce in queste tenebre senza fine?
La perdita che portiamo sulle spalle. Un mare da guadare.
Abbiamo sfidato il ventre della bestia.
Abbiamo imparato che la quiete non è sempre pace e che le norme e i concetti di quello che è giusto non sono sempre la giustizia.
Eppure l’alba è nostra, prima ancora che ce ne accorgessimo.
In qualche modo ce la facciamo.
In qualche modo siamo resistiti e siamo stati testimoni di una nazione che non è rotta, ma semplicemente incompiuta.
Noi, i successori di un paese e di un tempo in cui una ragazzina nera, discendente dagli schiavi e cresciuta da una madre single, può sognare di diventare presidente, soltanto per essersi trovata, un giorno, a recitare per uno.
E sì, siamo lontani dall’essere raffinati, lontani dalla purezza, ma questo non significa che il nostro impegno sia teso a formare un’unione perfetta.
Noi ci stiamo sforzando di forgiare un’unione che abbia uno scopo.
Di comporre un paese devoto a ogni cultura, colore, carattere e condizione sociale.
E quindi solleviamo il nostro sguardo, non a quello che sta tra di noi, ma a quello che ci sta davanti.
Colmiamo il divario perché sappiamo che per mettere davanti a tutto il nostro futuro dobbiamo per prima cosa mettere da parte le nostre differenze.
Sciogliamo le braccia lungo i fianchi in modo da poter raggiungere le braccia di un altro.
Cerchiamo di non far del male a nessuno e di procurare armonia per tutti.
Lasciamo che sia il mondo, se non qualcun altro, a dirci che è vero:
Che anche nella sofferenza, cresciamo.
Che anche nel dolore, speriamo.
Che anche nella stanchezza, proviamo.
Che saremo per sempre uniti insieme, vittoriosi.
Non perché non conosceremo mai più la sconfitta, ma perché non semineremo più divisioni.
Le Scritture ci dicono di immaginare che ciascuno possa sedere sotto la propria vite e il proprio fico e che nessuno, lì, possa spaventarlo.
Se vorremo essere all’altezza del nostro tempo, la vittoria non si troverà allora nelle lame, ma nei ponti che abbiamo costruito.
Questa è la promessa fino alla radura, questa la collina da scalare, se solo osiamo.
Perché essere americani è più di un orgoglio che ereditiamo.
È il passato in cui ci imbattiamo e il modo in cui lo ripariamo.
Abbiamo visto una forza che avrebbe scosso il nostro paese, anziché contribuirvi.
Lo avrebbe distrutto, se significava rinviare la democrazia.
E questo sforzo è praticamente riuscito nel suo intento.
Ma mentre la democrazia può essere periodicamente rinviata, non può mai essere permanentemente sconfitta.
In questa verità, in questa fede confidiamo, perché mentre noi abbiamo i nostri occhi sul futuro, la storia ha i suoi occhi su di noi.
Questa è l’epoca della redenzione.
Abbiamo vacillato al suo arrivo.
Non eravamo preparati per essere gli eredi di un momento tanto terrificante.
Ma al suo interno abbiamo scoperto la forza di scrivere un nuovo capitolo, di offrire speranza e gioia a noi stessi.
Perciò, mentre un giorno ci siamo chiesti come potevamo superare la catastrofe, oggi diciamo come avrebbe potuto la catastrofe avere la meglio su di noi?
Non torneremo indietro a quello che è stato, ma ci muoveremo verso ciò che dovrà essere: un paese che è ferito ma intero, caritatevole ma coraggioso, fiero e libero.
Non saremo capovolti o interrotti da intimidazione alcuna, perché sappiamo che la nostra inazione e inerzia sarebbero ereditate dalla prossima generazione, diventerebbero il futuro.
I nostri grossolani errori diventerebbero il loro fardello.
Ma una cosa è certa.
Se uniamo la misericordia con il potere e il potere con il diritto, allora l’amore diventerà il nostro lascito e il cambiamento sarà un diritto per nascita dei nostri figli.
Lasciamoci perciò alle spalle un paese migliore di quello in cui siamo stati lasciati.
Ogni respiro dal mio petto martellato di bronzo, risolleveremo questo mondo ferito e lo trasformeremo in un mondo meraviglioso.
Risorgeremo dalle colline dorate del West.
Risorgeremo dal Nordest spazzato dal vento, dove i nostri antenati per primi realizzarono la rivoluzione.
Risorgeremo dalle città degli stati del Midwest, circondate di laghi.
Risorgeremo dal Sud arso dal sole.
Ricostruiremo, riconcilieremo e ci riprenderemo.
E in ogni angolo della nostra nazione e in ogni angolo che appartiene al nostro paese, noi, gente diversa e bella, emergeremo, malconci ma splenditi.
Quando arriverà il giorno, cammineremo fuori dall’ombra, in fiamme e senza paura.
La nuova alba si aprirà non appena la libereremo.
Perché ci sarà sempre luce, se solo saremo abbastanza coraggiosi da vederla.
Se solo saremo abbastanza coraggiosi da esserla.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Chi è Amanda Gorman, la poetessa scelta da Biden per il suo insediamento, e cosa significa la poesia che ha recitato
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