Una verità narrativa che sembrerebbe non corrispondere alla verità storica. La serie Netflix dedicata a Lidia Poët, interpretata da Matilda De Angelis, ha generato un’imprevedibile polemica.
A quanto pare Poët non è stata la prima avvocata d’Italia, come ci racconta il pilastro dello streaming nella sua romanzata pellicola, ma prima di lei è venuta Giustina Rocca che ha ispirato il personaggio di Porzia di Belmonte ne Il mercante di Venezia di William Shakespeare.
A segnalare l’errore sarebbe stata Cecilia Di Lernia, assessore alla Legalità presso il comune di Trani. Le sue richieste di chiarimento sinora non hanno ottenuto risposta, forse il colosso dello streaming vuole tutelare la sua nuova stella.
Ecco il video servizio di Teleregione Color:
Lidia Poët, di fatto, è stata la prima donna iscritta all’ordine degli avvocati di Torino e su questo primato non si discute: ma che dire della sua antenata quattrocentesca, Giustina Rocca? Di certo non merita di essere consegnata all’oblio, data anche la sua importanza letteraria.
Scopriamo la sua storia e la ragione per cui colpì persino un certo William Shakespeare.
Chi era Giustina Rocca: la prima donna avvocata
La tradizione giuridica considera Giustina Rocca, vissuta nella prima metà del Quattrocento, la prima avvocata del mondo. Le è stata dedicata, nel 2022, una delle tre torri della Corte di Giustizia Europea.
La donna visse a Trani nel XVI secolo. Era la figlia di Orazio Rocca, oratore al Senato di Napoli, e moglie di Giovanni Antonio Palagano, Capitano Regio della città di Trani. Occorre mostrare la rete di parentela poiché acquisivano un ruolo fondamentale nel contesto italiano dell’epoca: Giustina Rocca ebbe la possibilità di emergere nella professione non solo per merito della sua bravura e del suo indiscusso talento. Quante donne, capaci quanto lei e forse anche di più, non poterono praticare la professione di avvocato a causa della famiglia e delle limitazioni imposte dal padre o dal marito.
Padre e marito costituirono invece, per Giustina, un’alleanza: non le tarparono le ali ma, al contrario, le permisero di volare alto.
Della professione di Giustina Rocca oggi rimane traccia grazie alla sentenza pronunciata, in lingua volgare, l’8 aprile del 1500. Il giudizio riguardava una controversia ereditaria: Giustina pronunciò la propria arringa di fronte al governatore veneziano Ludovico Contarini e a un folto pubblico di concittadini.
Secondo quanto ci è stato tramandato la donna nella sua lunga carriera si occupò anche di questioni diplomatiche, riguardanti soprattutto i rapporti tra la città di Trani e di Venezia, fatto che la legò al nome della Serenissima anche grazie a un’interessante vicenda letteraria.
Alla sua morte Giustina Rocca chiese di essere sepolta accanto all’amata figlia Cornelia, scomparsa prematuramente nel 1492.
L’epitaffio della lapide, riposta nella cattedrale di Trani, recita così:
La sua età non aveva ancora visto i vent’anni, quando la morte a noi la strappò violenta, con repentino morso.
Ora Giustina riposa in pace sotto quella lastra che non reca alcuna testimonianza della sua splendente carriera, solamente il ricordo - straziante - del breve passaggio terreno della figlia così amata.
Il nome di Giustina Rocca “avvocata” è celebrato nelle pagine del De Iure Patronatus di Cesare Lambertini, stampato nel 1533 e successivamente riedito a Francoforte e Lione.
Oggi le sono state dedicate strade e vie nelle città di Trani e di Bari. Il suo ricordo tuttavia è custodito anche in una celebre opera letteraria, che si ispirò proprio alla sua attività diplomatica: stiamo parlando del Mercante di Venezia di Shakespeare. Nella figura di Porzia possiamo ritrovare proprio lei, Giustina Rocca.
Giustina Rocca e l’ispirazione per il Mercante di Venezia di Shakespeare
La figura dell’avvocata pugliese Giustina Rocca ispirò il personaggio di Porzia Di Belmonte nell’opera di Shakespeare Il mercante di Venezia, scritta nel 1596.
Nella commedia di Shakespeare a muovere la scena è proprio il personaggio di Porzia: donna amata-desiderata che spinge uno dei protagonisti a indebitarsi.
Tutto ha inizio quando Bassanio, un gentiluomo veneziano, vuole chiedere la mano di Porzia, ricca ereditiera di Belmonte. Per poterla corteggiare l’uomo chiede in prestito al suo caro amico Antonio, detto il Mercante di Venezia, la cifra di 3.000 ducati. Antonio, però, non può concedergli subito una tale somma e quindi si indebita con l’usuraio Shylock affermando di essere il garante di Bassanio. Ma la fortuna, naturalmente, non gioca suo favore.
Nel finale Porzia, per salvare Antonio dal processo, si traveste da avvocato prendendo il nome fittizio di Baldassarre.
Nella sua arringa Porzia/Baldassarre Porzia/Baldassarre invita l’usuraio Shylock ad accettare i 6.000 ducati che gli offre Bassanio, diventato ricco dopo il matrimonio con Porzia.
Poteva sembrare un personaggio sui generis, un’ingegnosa trovata del Bardo, invece il personaggio di Porzia di Belmonte è realmente esistito e nella realtà, questo il fatto più incredibile, non ebbe bisogno di travestirsi da uomo per esercitare la professione. Sarebbe stata ricordata col suo vero nome, Giustina Rocca e non come “Baldassarre”: di professione “avvocata”.
Lidia Poët: le polemiche sulla serie Netflix
Giustina Rocca, dunque, e non Lidia Poët fu la prima donna avvocata d’Italia - e non solo, a quanto pare, qui si parla di un primato mondiale.
Ma a quanto pare la serie romanzata di Netflix non ha suscitato solo questa controversia: sono in molti a lamentare la poca attinenza con la realtà storica de La legge di Lidia Poët. In primis, la pronipote di Lidia che ci tiene a ricordarla come una donna dedita allo studio e, soprattutto, molto riservata sulla propria vita privata.
La serie Netflix, invece, si apre mostrandoci Lidia in camera da letto in procinto di avere un orgasmo. Fatto che apre un interessante capitolo sulla rappresentazione femminile nel mondo contemporaneo. La prima donna iscritta all’ordine degli avvocati di Torino ci viene presentata innanzitutto come un corpo, in un’ottica di sessualizzazione dell’essere femminile.
Poteva esserci mostrata con un libro in mano o, forse, nel suo habitat naturale: ovvero un tribunale. Invece no, ecco che la serie si apre con lei in camera da letto: forse gli sceneggiatori volevano rivendicare una moderna libertà sessuale, mostrando una donna in anticipo sul proprio tempo che viveva senza inibizioni la propria sessualità. Ma, ora possiamo dirlo, non era certamente questo il caso né, tantomeno, il contesto in cui porre una simile rivendicazione.
La rappresentazione “moderna” e disinibita di una donna avvocato dell’Ottocento può piacere al pubblico e ai fan di Matilda De Angelis (che è un’attrice di talento, a dispetto della sceneggiatura); questa, però, è un’altra storia.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Chi è Giustina Rocca, l’avvocata italiana (ben prima di Lidia Poët) che ispirò William Shakespeare
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