Il suo è un nome melodico che si pronuncia in un soffio e rievoca un fondo di mistero: Chrétien de Troyes, il grande narratore medievale. Senza di lui non avremmo le storie di Lancillotto e Ginevra, di Parsifal e la leggenda del Santo Graal. È conosciuto come uno dei trouvères medievali, i poeti della tradizione trobadorica nata in Occitania, nel Sud della Francia.
Cantore dell’amor cortese e delle valorose gesta cavalleresche, Chrétien de Troyes lavorava nelle corti. Secondo quanto narra lui stesso nell’introduzione alla sua opera più famosa Lancelot o Roman de la charret, la storia di Lancillotto gli fu ispirata da Maria, figlia di Luigi VII, la contessa di Champagne.
Da queste fonti risulta databile anche la sua produzione, collocabile presumibilmente tra il 1164 e il 1198, e la sua origine geografica.
Le sue opere più famose, Lancelot, Yvain, Parceval, si diffusero nelle corti grazie a giullari e menestrelli che le tramandavano in forma orale perpetuando così una tradizione destinata a divenire il “codice non scritto” della narrazione cavalleresca.
Oggi Chrétien de Troyes è considerato il primo grande scrittore in lingua romanza, cui dobbiamo la genesi di una nuova forma narrativa che molto si avvicina al romanzo moderno.
Ma cosa sappiamo di Chrétien de Troyes, il mitico narratore dell’epica cavalleresca? Scopriamo la sua storia e le sue opere più famose.
Chi era Chrétien de Troyes
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Non abbiamo molte notizie certe sulla sua vita, ma sappiamo che Chrétien de Troyes operò nelle corti di Champagne e di Fiandra attorno al 1155 sino al 1198. La sua esatta provenienza geografica ci viene fornita dal suo stesso nome: una sola volta si firmò “de Troyes”, nel romanzo Erec e Enide, indicando la sua regione di origine, la sua patria, la regione collinare francese Champagne-Ardenne.
Era un poeta esperto che si era formato sulla metrica classica, come ci danno modo di intendere alcune prefazioni scritte ai suoi poemi cavallereschi. Iniziando il Cligès l’autore racconta di aver tradotto in versi l’Ars Amandi di Ovidio. L’influenza della metrica classica è, del resto, riscontrabile nei suoi versi, cui però aggiunge il motivo bretone della quête , della ricerca, che si palesa nelle gesta dei suoi protagonisti, prodi cavalieri che affrontano l’ignoto e innumerevoli ostacoli.
De Troyes introdusse il motivo dell’avventura, della ricerca di sé come viaggio di scoperta del protagonista, aggiungendo alle fila della trama una profonda indagine psicologica che, per la prima volta, diventa motore dell’azione stessa.
Nei suoi scritti fa capolino il mondo raffinato delle corti feudali e gli ideali cavallereschi di giustizia, fedeltà, prodezza, uniti alla visione dell’amore come strumento di elevazione spirituale.
Le donne amate dai cavalieri si ispiravano alle signore delle corti, come Eleonora d’Aquitania e Maria di Champagne, che furono protettrici e mecenati del poeta, mostrando il mutamento storico avvenuto anche nella classe nobiliare. L’epica cavalleresca di Chrétien de Troyes era dedicata a loro, dunque a delle figure femminili intese come muse ispiratrici. Alla sua poesia raffinata, scritta in occitano, si aggiungeva inoltre un tema etico-morale che conferiva all’intera opera una precisa funzione moralizzatrice. La poesia, la letteratura aveva dunque uno scopo educativo e non solo di puro intrattenimento, un bel fine pedagogico della parola che oggi abbiamo dimenticato.
La datazione della sua morte è incerta, tuttavia considerando le opere rimaste incompiute - tra cui il Percival - potremmo far risalire la scomparsa di Chrétien de Troyes attorno al 1190 quando il conte Filippo d’Alsazia, suo ultimo protettore, partì per la Crociata dalla quale non sarebbe mai ritornato.
Chrétien de Troyes: le opere
Dei suoi numerosi poemi giovanili ci è pervenuta solo la Muance, comunemente chiamata Philomena, contenuta all’interno dell’Ovide moralisé del XIII secolo.
Dopo il primo romanzo di tradizione arturiana Erec e Enide, la storia di due sposi e amanti esemplari che si danno vicendevolmente prova di un’estrema virtù e devozione totale, Chrétien de Troyes composte Il Tristano che purtroppo è andato perduto. Ci è pervenuto invece il romanzo Cligès, ambientato a Costantinopoli nel regno bizantino, in cui l’autore segue le vicende del meraviglioso fanciullo figlio del principe greco Alixandre che venne alla corte di Re Artù.
Seguono le opere più celebri: il capolavoro Lancelot o Roman de la charrete, che narra la storia d’amore tra Lancillotto e Ginevra, Perceval o Conte du Graal , che narra per la prima volta la leggenda del Graal e Ivain ou le chevalier au lion ispirato a un’antica credenza bretone.
Una curiosità, il titolo originale del Lancillotto e Ginevra era appunto Lancelot o Roman de la charrete in riferimento alla carretta dei condannati a morte sul quale il prode Lancillotto è costretto a salire per salvare l’amata. Il cavaliere indugia a lungo nella scelta, temendo di compromettere la propria reputazione, e per questa stessa ragione Ginevra rifiuterà di rivolgergli la parola dopo che lui avrà sconfitto il terribile re Meleagant. L’opera non poteva dunque che intitolarsi Roman de la charrete, menzionando il principale ostacolo alle azioni dell’eroe che riassume in sé il tragico conflitto tra il desiderio dell’amata e la perdita dell’onore.
Le sue opere più note, tra cui il Lancelot, ispirato da Maria d’Aquitania, rimasero però incompiute. Sembra che Chrétien de Troyes, che lo ricordiamo era poeta per mestiere, componesse più opere contemporaneamente, seguendo i dettami dei suoi mecenati.
Nella sua produzione letteraria possiamo comunque riscontrare, per la prima volta, un’unità nella struttura narrativa e l’uso di una precisa strategia: lo scrittore sapeva dosare l’attenzione del lettore, tenerlo con il fiato sospeso oppure incalzarlo con una sequenza d’eventi inattesa. Chrétien de Troyes era un abile narratore e un raffinato poeta che doveva la propria formazione alla poesia classica latina, ma seppe armonizzare la tradizione con l’originalità di una nuova forma narrativa, unendo la metrica classica all’eredità delle chanson de geste.
Nasceva così per la prima volta, attraverso i testi di questo poeta e narratore medievale, una nuova concezione del fatto artistico: la letteratura poteva intrattenere, emozionare e anche educare formando una nuova visione del mondo attraverso i suoi personaggi, i suoi scenari, le sue trame.
I cavalieri di Re Artù divennero i nuovi miti esemplari in un mondo che aveva perso i propri Dei, ma ancora nutriva un assoluto bisogno di storie capaci di spiegare la vita, con parole nuove eppure antiche.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Chi era Chrétien de Troyes, il grande trovatore medievale
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