150 anni fa, la fiammata convulsa della Comune di Parigi. Un lungo e valido romanzo del francese Hervé Le Corre (L’ombra del fuoco, novità delle Edizioni e/o in questo 2021, 492 pagine, 19 euro) regala ai lettori la suggestione di entrare nel vivo della storia di un momento di protagonismo della gente “comune”. È ambientato nella parte finale della stagione comunarda della capitale francese, nel marzo 1871. Guerra civile, eccitazione rivoluzionaria, oltre a un’intrigante trama nera.
L’autore Hervé Le Corre è insegnante, vive nella regione di Bordeaux e ha vinto numerosi premi in Francia, con alcuni dei suoi non pochi romanzi noir e polizieschi. Per l’italiana e/o ha pubblicato Dopo la guerra nel 2015 e Scambiare i lupi per cani nel 2018.
Link affiliato
Anche in questo titolo c’è una vicenda giallo-poliziesca, ma in un contesto di storia, narrata con straordinaria efficacia. Le Corre ci porta in una Parigi devastata, negli ultimi giorni della drammatica esperienza della Comune. Lo scrittore descrive l’atmosfera politica eccitata e una realtà quotidiana sconvolta, con tratti suggestivi che ricordano lo Hugo delle barricate dei moti popolari del 1833 a Parigi, ma qui siamo quasi mezzo secolo avanti e non in una rivoluzione, ma in una guerra civile, come tiene a distinguere uno dei protagonisti.
A metà maggio 1871, la Comune di Parigi è assediata dalle truppe regolari del Governo Thiers, riparato a Versailles dopo la sollevazione popolare del 18 marzo e la proclamazione di un “governo di tutti” d’ispirazione socialista. All’esecutivo e ai generali si contesta la condiscendenza verso i prussiani, che hanno trionfato l’estate prima sull’ora esiliato imperatore Napoleone III.
I comunardi sono asserragliati tra le mura, che circondavano il centro della capitale, controllata a Nordest dai tedeschi, che se non altro non cannoneggiano più, mentre da Sudovest l’artiglieria “versagliese” tiene Parigi sotto un costante bombardamento, esercitato con sadismo distruttivo. La città brucia, mentre i soldati governativi attendono di scatenare l’offensiva. Francesi contro francesi, lamentano i comunardi
“e sono gli stessi che se la sono data a gambe davanti al nemico e ora hanno preso il coraggio di sparare sul popolo, assassini della loro stessa gente”.
Nella Comune, l’utopia di una società di uguali sta annegando in un mare di fuoco e di confusione. All’inizio c’era grande entusiasmo, si credeva che quanto veniva decretato dal governo popolare sarebbe stato infallibilmente messo in atto, perché deciso per il bene di tutti: nessuno che non fosse perverso vi si sarebbe opposto. Mesi e morti dopo, c’è ancora una gran voglia di cambiare le cose, ma tutti sono contro tutti. Per ogni pur piccola decisione le discussioni sono interminabili e inconcludenti. Nei municipi degli arrondissement gli animi sono costantemente accesi, ci si spintona dandosi reciprocamente del “traditore”, accapigliandosi sulla punizione degli artiglieri che hanno abbandonato le mura sotto il bombardamento dei versagliesi.
Nei rari momenti di armonia è un gran darsi pacche sulle spalle e chiamarsi compagni o cittadini, ma nei capannelli notturni intorno al fuoco c’è chi sbraita di andare all’Hotel de Ville a dare la sveglia ai “fannulloni del Comitato centrale che battono la fiacca e si godono gli agi”. Si straparla di disertori, di gente che abbandona le postazioni sotto il fuoco nemico, di sabotatori che attirano i tiri d’artiglieria con lampade al fosforo. Si deplora la mancanza di munizioni, si protesta perché negli assalti si parte in trecento e ci si ritrova a combattere in meno di cento. Pochi lo giustificano con i vuoti aperti dal fuoco nemico, i più denunciano che i due terzi si allontanano senza combattere, strillando che gli ufficiali sono incapaci che sanno solo portare la brava gente al macello.
In condizioni igienico-sanitarie pessime, mentre manca tutto e i feriti possono contare a mala pena sulla pietà, si litiga accanitamente: guardie nazionali con le uniformi consunte, civili in camicia e redingote, popolani scamiciati fasciati di cartucciere, anche donne, qualcuna sguaiata altre accese dal ruolo patriottico.
Non manca la convinzione, fa difetto la disciplina. Qualche tratto delle mura è negligentemente abbandonato senza sorveglianza, non sempre le sentinelle mantengono la consegna e chi resta sul posto si lascia andare al sonno. Quanto agli ufficiali, non di rado si vedono fendere la calca disordinata delle assemblee permanenti, brandire la spada, agitare il kepi per chiamare all’adunata la propria Compagnia. Si spolmonano, ma rimediano risate, insulti, pugni tesi, inviti ad andare al diavolo. Qualcuno dei sottoposti li guarda col volto distorto dall’ira, i più dalla paura e dallo smarrimento.
C’è un clima di grande animazione ma di divisione e si muore facilmente, anche se il peggio sarà per chi sopravvive.
Questo è il contesto storico, ricostruito in modo eccellente da Le Corre, che resta pur sempre un grande autore di noir. Infatti c’è anche una trama gialla, che segue quattro tracce e altrettanti personaggi. Innanzitutto il sergente per acclamazione del 105° Battaglione della Guardia Nazionale comunarda, Nicholas Bellec, che sembra un partigiano della resistenza antinazista, un maquisard, con la sua donna, Caroline, generosa e sensibile infermiera volontaria.
Antoine Roques è stato eletto delegato alla sicurezza da un’assemblea popolare: da rilegatore si ritrova funzionario di polizia e deve dare la caccia al rapitore di fanciulle, un criminale iniquo, Pujol, anima nera nei vicoli di una Parigi da corte dei miracoli, gotica e senza speranza.
Il cocchiere Clovis, tanto irsuto da non avere lineamenti riconoscibili, rappresenta l’ambiguità, l’incognito, l’irreale. Ma su tutti incombe “la settimana di sangue”, scatenata dai versagliesi.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: 150 anni fa la breve stagione della Comune di Parigi: un libro per riviverla
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo Romanzi e saggi storici News Libri Recensioni di libri 2021 Hervé Le Corre
Lascia il tuo commento