Si è tenuta nei giorni scorsi, all’interno della Biblioteca dell’Istituto Gramsci di Palermo, la presentazione dell’ultimo libro di Antonio Minaldi. Vi è una lunga tradizione del suddetto istituto nel campo della ricerca e incentivazione nella presentazione di volumi che riguardano la c.d. Questione femminile, intendendo la questione delle donne, il movimento femminista e quant’altro anche in un’ottica di interdisciplinarietà. In questo contesto, si inserisce appunto la presentazione del libro di Antonio Minaldi, di estremo interesse al riguardo, intitolato Del Femminile e delle rivoluzioni e dal sottotitolo significante Per un costituzionalismo etico e rivoluzionario (ed . Multimage, 2024).
Dopo la presentazione di Giovanna Fiume, hanno preso la parola Simona Suriano dell’Associazione Manifesta e Daniela Musumeci della redazione di Pressenza.
Antonio Minaldi, già esponente del movimento studentesco del 77. È tra i fondatori dei Cobas scuola nel 1987. È stato docente di filosofia e storia nei licei. È autore di vari saggi di economia e di filosofia. Attualmente collabora con l’Agenzia di Stampa Internazionale on line Pressenza.com.
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Questo suo libro, che si apre con una prefazione Paola Nugnes e un’altra di Simona Suriano, si interessa delle problematiche femminili che mettono in discussione l’attuale assetto della società che si presenta in chiave prettamente maschilista. In quest’ambito prevale l’aspetto prevaricatorio dove per emergere occorre sopraffare l’altro, essere prepotenti, egoisti. E questo non solo per le relazioni interpersonali, ma anche per quelle commerciali come pure nel modo di fare le leggi. Le donne sono state relegate in un ruolo di assistenza, di cura e di empatia con il prossimo a partire dall’accudimento dei figli e nell’esercizio di altre professioni, si constata sempre come il lato femminile sia visto e considerato in modo diverso e discriminante.
Sarebbe auspicabile un modello di agire e interagire più femminile, votato ad ascoltare gli altri senza pensare a un immediato ritorno economico. L’autore in questo senso si chiede se questo modello possa essere replicato in tutti i campi del vivere quotidiano.
Come farebbe un genitore, dare gratuitamente senza aspettarsi nulla in cambio ma sperando abbia un riverbero positivo sulla collettività e non sull’agire personalistico ed egoistico di ogni soggetto. Pensare di agire come se si fosse genitori anche verso estranei, cominciando a dare senza un tornaconto, poiché quella persona a sua volta aiuterà qualche altro, in un processo di esternalità positive collettive e non un singolo vantaggio personale. È interessante e colpisce pensare a questa “società dal cuore invisibile”.
Il libro si articola in due parti, dove la prima è la proposta di costruzione di un nuovo paradigma politico che parta appunto dal femminile che è in ognuno di noi, in ogni individuo sia esso uomo o donna, in ogni comunità soprattutto se si vuole organizzare in maniera orizzontale e circolare.
Il femminile è l’attenzione, la cura, la proposta, l’ascolto, l’empatia e potrebbe divenire un paradigma etico politico per la rifondazione della società. Sarebbe una società della cura, antagonista a quella dello spreco e del profitto quale quella attuale neoliberista in cui si vive. Si rilegge tutta la teoria evoluzionista da punto di vista della cura femminile, dell’attenzione della femmina alla sopravvivenza della prole che solo così può garantire la sopravvivenza della specie e l’evoluzione dipende tutta dai comportamenti delle femmine della specie.
La prima parte si chiude con un’altra firma importante, tra quelle che hanno definito il paradigma della maternità che è quella di Giuliana Mieli, autrice del libro Il bambino non è un elettrodomestico. In questo libro l’autrice individua appunto il paradigma della maternità come paradigma politico e che quindi riguarda un mutamento di atteggiamento anche negli uomini e non necessariamente nelle donne, un’affettività negata come valore da spendere per salvare e cambiare il mondo.
Nella seconda parte del libro il suddetto paradigma viene applicato e vi sono diversi ambiti che Minaldi va esplorando con questo nuovo sguardo. Per esempio si fa riferimento alle parti costituzionali, le dichiarazioni dei diritti o comunque la loro individuazione che non è più la semplice uguaglianza formale ma è l’interazione e la valorizzazione delle differenze.
E ancora, si fa riferimento, in un’epoca in cui le emigrazioni non sono né un’emergenza, né una stranezza ma sono la definizione di un mutamento epocale, al meticciato culturale che è ben altro rispetto all’accoglienza o ancor meno alla tolleranza, un interscambio più interiore.
L’Autore ragiona sui diritti degli animali che sono gli stessi nostri diritti, come l’aria pulita, l’acqua trasparente, gli alberi, un cibo sano, una vita dignitosa; sono questi diritti degli uomini tanto quanto quelli degli animali.
E ancora un altro titolo molto interessante sull’anarcocapitalismo, sul carattere sempre più selvaggio e aggressivo del neoliberismo a cui si contrappone l’economia circolare del dono, che è un economia femminile.
Il libro si chiude chiarendo come non si tratti di una ricerca speculativa, ma come si cerchi e si indichino alcune linee guida per la prassi.
Una scrittura, semplice, chiara in quanto lo scopo è indurre a capire e partecipare e a contribuire. Il tono non è mai esaustivo, senza pretesa di completezza, ma è sempre dialogico e dialettico e un altro merito dell’autore è l’impianto storico con una ricostruzione del costituzionalismo, dell’evoluzione del capitalismo, non fine a sé stessa ma diretta a comprendere la crisi dell’oggi e come si può costruire un progetto antagonista dopo la caduta del muro.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Del femminile e delle rivoluzioni”: il libro di Antonio Minaldi sulla questione femminile
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