Il destino di un amore. Tiziano Vecellio e Cecilia (Skira, 2021, pp. 128) di Luca Nannipieri svela il mistero che si cela dietro il capolavoro di Tiziano Vecellio (Pieve di Cadore, 1488/1490 – Venezia, 27 agosto 1576).
Il libro anticipa la grande mostra “Tiziano e l’immagine della donna”, promossa da Skira editore, in collaborazione con Kunst Historisches Museum Wien, attesa a Palazzo Reale di Milano, dal 23 febbraio al 5 giugno 2022.
Il mistero di uno dei quadri più suggestivi del Rinascimento
Luca Nannipieri, storico e critico dell’arte, nel suo primo appassionante romanzo racconta la storia che si trova dietro a uno dei quadri più suggestivi e affascinanti del Rinascimento. Stiamo parlando della “Venere di Urbino” un dipinto a olio su tela di Tiziano Vecellio, databile al 1538 e conservato nella Galleria degli Uffizi di Firenze.
I tanti visitatori del celebre museo fiorentino non conoscono cosa si cela nello sguardo seducente di Venere con il corpo privo di abiti, distesa su un lenzuolo bianco che copre il materasso ricoperto da un tessuto dai motivi floreali. Venere indossa un anello al dito mignolo e un bracciale d’oro con pietre preziose, porta una perla come orecchino e i suoi capelli biondi sono sollevati e intrecciati a formare un’acconciatura che incorona la nuca, mentre altri sono sciolti e cadono sulle spalle. Un cagnolino le sta aggomitolato accanto tra le lenzuola, sullo sfondo ci sono due donne, due domestiche, una più grande dell’altra.
“Voglio un ritratto mio, un ritratto di mia moglie, e poi, per mio figlio, voglio una Venere, ma non una Venere qualunque. Voglio una Venere come mai è stata dipinta. Voglio la più bella donna che sia stata raffigurata dal genio umano”.
Guidobaldo II della Rovere, committente dell’opera, intendeva utilizzare il dipinto di Tiziano come esempio di vita coniugale nei confronti della giovane moglie, Giulia da Varano. Anche Tiziano ha una moglie giovane, ma già provata da due gravidanze, Pomponio e Orazio.
“Aspettiamo un bambino, Tiziano”.
Quando Cecilia Soldani comunica a suo marito Tiziano di essere incinta, sono i primi di marzo del 1530. In quel momento si ode solo il cullare dello sciabordio lieve dell’acqua sui legni delle barche e dei battelli all’ormeggio. I canali sono gonfi della marea appena passata. Gonfi e bellissimi, come bellissima è la Venezia del Cinquecento.
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Quella di Cecilia appare subito una gravidanza difficile, i continui sanguinamenti della donna testimoniano che quella di Cecilia è una gravidanza a rischio. Le strade sono due: o abortire o arrischiare la vita di entrambi, quella della madre e del bambino durante il parto. Cecilia ha un brutto presentimento, vuole abortire. Tiziano, da vero incosciente, consiglia la moglie di aspettare, presto nascerà un’altra creatura, “carne della nostra carne, ossa delle nostre ossa, discendenza della nostra discendenza”. Cecilia muore di parto dopo aver dato alla luce una bambina, Lavinia. L’addio ai figli è straziante. Tiziano è lontano, in viaggio, quando arriva, “siamo alla fine. A breve tutto sarà concluso”. Grande è il rimpianto di Tiziano, che solo dopo la morte di sua moglie scopre l’intensità del legame che li univa. L’unico modo per rendere giustizia a Cecilia è farla vivere in ogni suo dipinto. La “Venere di Urbino” è la testimonianza immortale di un grande amore intrecciato a un immenso dolore e senso di perdita.
“Mi sarebbe bastata solo una carezza. Solo una tua carezza”.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Il destino di un amore” di Luca Nannipieri racconta i misteri che si celano dietro il capolavoro di Tiziano
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