Donbass. I neri fili della memoria rimossa
- Autore: Silvio Marconi
- Genere: Politica ed economia
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2016
Nelle ultime settimane la stampa italiana ha ripreso a parlare della guerra in corso nel Donbass, ma ancora una volta è emersa una dinamica che si era già potuta osservare negli scorsi anni: l’informazione progressista continua a simpatizzare per l’attuale governo ucraino, per le forze nazionaliste e antirusse, che guardano al miraggio dell’integrazione subalterna nel mercato europeo a guida tedesca. Al contempo gli Stati Uniti non nascondono il loro desiderio di isolare la Russia, ma anche di rafforzare il loro controllo sull’Europa. Tra le file ucraine, però, spicca la presenza di gruppi di neonazisti che si autoidentificano con il collaborazionismo con la Germania di Hitler durante la seconda guerra mondiale: “negazionismo, rimozione e mistificazione contro la Russia vanno sovente a braccetto” osserva l’antropologo Silvio Marconi in Donbass. I neri fili della memoria rimossa (Edizionicroce, 2016), il saggio che ha dedicato a questo tema scottante.
Sono ancora pochi i testi in lingua italiana che approfondiscono le vicende di questo conflitto così vicino a noi (eppure ignorato dai più), ma tra questi quello di Marconi è sicuramente il libro che andrebbe letto per primo. Non si tratta infatti di un volume interamente incentrato sulla cronaca di avvenimenti bellici recenti, bensì di un’analisi storica che collega i neonazisti ucraini di oggi con gli alleati dei nazisti che agirono negli stessi territori: il desiderio criminale di eliminare fisicamente le minoranze è il medesimo.
“Nonostante la mitologia revisionista che intende fare dei militi della Divisione SS dei combattenti per la causa dell’indipendenza ucraina” spiega l’autore, “la preparazione ideologica del reparto è invece centrata semmai sul contributo degli Ucraini alla “causa europea” della lotta antibolscevica e per la costruzione di un “Nuovo Ordine” centrato sulla Germania nazista; la lotta viene descritta in termini esplicitamente razziali e si inculca nei militi la convinzione di appartenere a una élite che combatte un nemico primitivo originario delle steppe asiatiche”.
Alla luce di quanto lo stesso Hitler scrisse nel Mein Kampf riguardo il possibile sfruttamento degli slavi come schiavi per la “grande Germania”, c’è da restare sbigottiti per l’incomprensibile ammirazione che alcuni ucraini di oggi nutrono per il nazionalsocialismo, una sudditanza ideologica non diversa da quella dei loro predecessori:
“Per Bielorussi e Ucraini (esclusi quelli definiti “Tedeschi etnici”) la situazione resta di discriminazione, in quanto sono prevalentemente “contaminati” dai caratteri slavi e, nel caso dei giovani nati o almeno scolarizzati dopo la Rivoluzione d’Ottobre, anche dal “veleno bolscevico”. Ciononostante, centinaia di migliaia di collaborazionisti si gettano a capofitto a cercare con le unghie e coi denti di partecipare a raccattare almeno le briciole, più o meno consistenti, del bottino, in varie forme e a diverso livello.”
La ricerca di Marconi mira a offrire un quadro storico completo e approfondito, utile per capire il presente; non è un’opera di facile lettura, ma, anche per la complessità che esprime, spinge a informarsi ulteriormente.
Quando l’antropologo si allontana dall’argomento specifico da lui preso in esame, tuttavia, non mancano alcune sviste: a p.120, ad esempio, egli parla di “Impero Austro-Ungarico” in riferimento al 1859, ma si tratta di un errore, poiché si può parlare di “monarchia Austro-ungarica” solo dopo l’Ausgleich del 1867. Il saggista associa poi le azioni militari di Giulio Cesare ai crimini di guerra del Novecento, accostamento piuttosto discutibile, e cerca le origini del razzismo nella Reconquista, una tesi ispanofoba cara ai liberali e ai capitalisti anglosassoni. In realtà le discriminazioni che furono messe in atto nella Penisola Iberica a partire dal 1492 non furono di natura razziale, bensì religiosa: l’Impero Spagnolo non era razzista, basti pensare che nel 1556 l’intellettuale nero Juan de Sessa (1518-1596/97) insegnava all’Università di Granada, mentre il primo nero ammesso all’Università dell’Oklahoma, George W. McLaurin (1887-1968), vi si è potuto iscrivere solo nel 1948, e per due anni è stato tenuto separato dai bianchi. La storia e le fusioni culturali hanno fornito alle popolazioni ispaniche i migliori anticorpi contro l’odio di razza. Lo scrittore avrebbe dovuto invece indagare su come il nazionalismo sia sorto in Europa dagli ideali della rivoluzione francese, che stabilì nuovi concetti di nazione e di patria basati sull’omogeneità culturale e linguistica.
Donbass. I neri fili della memoria rimossa, comunque, una volta scisso da queste criticità, è la risorsa migliore per cercare di comprendere la storia recente di quella regione del mondo, attualmente scossa da episodi di violenza tremendi, spesso ignorati e mistificati da buona parte dei giornalisti italiani. Nell’atrocità della guerra in Donbass si mescolano interessi americani ed europei, nazionalismo ucraino, neofascismo internazionale, giochi politici turchi e terroristi musulmani (soprattutto tatari, ceceni e daghestani).
Quelle di Marconi sono pagine scritte con passione, impegno e sacrificio, che possono offrire un aiuto concreto, e questo va riconosciuto. Questo libro da solo non basta, ma è una base di partenza per iniziare a interessarsi, meditare e studiare, e non è affatto poco. È una lettura ancora raccomandata e valida quindi, anche a distanza di anni dalla sua pubblicazione.
Recensione del libro
Donbass. La guerra fantasma nel cuore d’Europa
di Sara Reginella
Donbass. I neri fili della memoria rimossa
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Donbass. I neri fili della memoria rimossa
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