

Critica della ragione pandemica. COVID-19: ripensare la fenomenologia di un evento epocale
- Autore: Federica Cappelluti, Paolo Cesaretti e Francesco Laviano (a cura di)
- Genere: Scienza
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2025
Premessa: anche se il congresso è sottaciuto dai giannizzeri della stampa e delle televisioni di Stato, i professori associati del Politecnico di Torino Federica Cappelluti e Francesco Laviano tentano di dialettizzare nel 2022 la psico-dispotica gestione del COVID 19, organizzando a Torino “POLI-COVID-22. Salute, Scienza e Società alla prova della pandemia”. I velinisti al soldo della dittatura draghiana non sono gli unici assenti al convegno internazionale. Latitano anche politici e sanitari-yesman coinvolti nella “creativa” gestione della malattia. Con il titolo Critica della ragione pandemica. COVID-19: ripensare la fenomenologia di un evento epocale (a cura di Federica Cappelluti, Paolo Cesaretti e Francesco Laviano, Meltemi 2025)) gli atti di quel convegno diventano adesso uno studio frastagliato e collettivo di quasi 800 pagine.
Articolato per tre macro-sezioni - Medicina, Scienze sociali, Comunicazione -, comprova come l’allarme epidemiologico COVID-19, prima ancora che questione riguardante la salute pubblica, è stato un accadimento storico destinato a segnare in peggio la società. Una società civile (?) già di suo claudicante, all’epoca retrocessa più ancora che ai climi dei sommersi e i salvati, al tempo dell’Inquisizione, di una vetero-caccia alle streghe dai connotati psicopatologici. Di certo non a causa dell’epidemia virale. Dato che Critica della ragione pandemica è un saggio poderoso, e che, per quanto mi riguarda, fatico a mantenere l’aplomb sull’argomento (il distacco accademico di cui questo lavoro è invece opportunamente dotato), riporto di seguito la sintesi degli anatemi scagliati dagli adepti della Chiesa restrittista-vaccinista contro gli eretici, per lo più bollati come no-vax. Giusto per restituire parte del clima sociale respirato allora nella sedicente Repubblica Italiana:
• “Sono terroristi e vanno sfamati col piombo, serve Bava Beccaris. Questi sono terroristi, meritano la Celere che li bastoni” (Giuliano Cazzola, politico e giornalista)
• “Propongo una colletta per pagare ai no-vax gli abbonamenti Netflix per quando dal 5 agosto saranno agli arresti domiciliari chiusi in casa come dei sorci” (Roberto Burioni, virologo)
• “Sono molto democratico: campi di sterminio per chi non si vaccina” (Giuseppe Gigantino, medico)
• “La soluzione è una e una sola: campo di concentramento! Se fosse per me costruirei anche due camere a gas, ma visto che poi mi danno della nazista, evitiamo. Li mettiamo tutti insieme in esilio e quando sono morti di covid, li andiamo a recuperare e diamo degna sepoltura! Amen” (Marianna Rubino, medico)
• “Vi renderemo la vita difficile” (Pierpaolo Sileri, sottosegretario alla Salute)
• “Escludiamo chi non si vaccina dalla vita civile” (Stefano Feltri, giornalista)
• “Tutti i vaccinabili siano immunizzati con le buone o con le cattive” (Matteo Bassetti, infettivologo).
• “I rider devono sputare nel loro cibo [dei no-vax, ndr]” (David Parenzo, giornalista).
• “Un giorno faremo una pulizia etnica dei non vaccinati, come il governo ruandese ha sterminato i tutsi” (Alfredo Faieta, giornalista)
• “Stiamo aspettando che i no vax si estinguano da soli” (Paolo Guzzanti, giornalista)
• “I loro inviti a non vaccinarsi sono inviti a morire… Molti dei problemi che abbiamo adesso sono dovuti alla popolazione non vaccinata” (Mario Draghi, Presidente del Consiglio)
• “Mandategli i Carabinieri a casa” (Luca Telese, giornalista)
• “Dovremo precludere loro la socialità dei luoghi esterni al mondo del lavoro” (Renato Brunetta, ministro per la Pubblica Amministrazione)
• “Non sarà bello augurare la morte, ma qualcuno sentirà la mancanza dei no-vax?” (Laura Cesaretti, giornalista).
Siffatto rigurgito sanfedista (ha colpito sanitari, giuristi, politici, uomini di spettacolo, comuni lavoratori non allineati) in onore di un vaccino approntato in un lampo, in violazione di ogni (buona) pratica sperimentativa e di farmaco-vigilanza. Per i miopi contro evidenza, cui dovesse ancora sfuggire l’azzardo sperimentale dei cosiddetti vaccini a mNRA, e ciò che di farsesco e di violento è da essi scaturito (incentivi alcolici - musica e birrette omaggio - in raduni balneari per Under 18 sensibilizzati all’iniezione in nome della salute dei nonni - e di contro l’olio di ricino di leggi liberticide, ricatti lavorativi, discriminazione sociale), raccomando di andare a quanto riporta nel testo Paolo Bellavite (ematologo e già professore di Patologia generale presso l’Università di Verona), a conclusione del suo intervento Reazioni avverse ai vaccini nella sorveglianza passiva e attiva e valutazione della causalità (pp. 329-352):
Concludiamo con un’ultima nota, che dovrebbe suonare clamorosa a chi non abbia ancora voluto vedere. Man mano cominciano a uscire interessanti ammissioni degli addetti ai lavori. A ottobre 2022, in un’audizione al Parlamento europeo [...] Janine Small, funzionaria di Pfizer, alla domanda secca ‘Il vaccino Pfizer COVID è stato testato per fermare la trasmissione del virus prima che entrasse nel mercato?”, ha risposto con un sorriso beffardo: ‘Mi chiede se sapevamo se il vaccino interrompesse o no la trasmissione prima di immetterlo sul mercato? Ma no. Sa, dovevamo davvero muoverci alla velocità della scienza.’ Un’altra uscita dello stesso tenore è sta quella di Kathrin Jansen, a capo della direzione di ricerca e sviluppo dei vaccini in Pfizer e ora in pensione. Alla domanda ‘Come avete fatto a fare questi vaccini così velocemente?’, Jansen racconta: “Nel marzo 2020 quando il nostro CEO [N.d.A.: Albert Bourla] ha detto: ‘Dobbiamo avere il vaccino pronto entro fine anno’, ho detto ‘Ma è una follia!’. Ma il denaro non era un problema, e allora si possono fare cose incredibili in un tempo incredibile. Siamo stati creativi.” Creativi…che cosa vuol dire? E continua: “Non potevamo aspettare i dati, abbiamo dovuto fare moltissimo rischiando’. In realtà hanno fatto rischiare tutto il mondo.” Come per giustificarsi, poi conclude: “Abbiamo fatto volare l’aeroplano mentre lo stavamo ancora costruendo.” Si tratta di un’ammissione candida, semplicissima. Non c’è nessun complottismo: stiamo parlando di supponenza basata su un fraintendimento cosmico riguardo il meccanismo d’azione di questi vaccini, spinto dalla fretta e dal denaro. Fraintendimento di cui molti innocenti che si sono ‘fidati della scienza’ hanno pagato e stanno pagando le tragiche conseguenze. Quel che è peggio, si tratta di conseguenze prevedibili che però ancora stentano a essere riconosciute.
Non ho competenze mediche tali da rinforzare autorevolmente quanto espresso – peraltro in modo limpido - dal prof. Bellavite, ma credo altresì che non occorra una conoscenza approfondita del ramo per farsi un’idea sull’improvvida (eufemismo) conduzione politico-sanitaria dell’emergenza COVID-19: puntando sull’efficienza di un “aeroplano” in costruzione si è intrapreso il folle volo della “guerra” a un virus puntando sul terrorismo mediatico, parimenti a una coattazione che costringe milioni di individui (finanche giovani e bambini) a “fidarsi della scienza” a discapito della propria salute.
Sin dal titolo di estrazione kantiana, Critica della ragione pandemica è un testo tanto esplicito quanto oggettivo, equidistante – cioè - sia dagli eccessi complottisti dei virologi e pensatori da tastiera, sia dai fideismi vetero-talebani dei votati al suprematismo scientista, financo contro l’evidenza (e perdonate la rima). Per questo Critica della ragione pandemica si presenta come analisi obiettiva su medicina e storia sociale ai tempi deprivati del COVID-19, e proprio in quanto indagine obiettiva spaventa più di un pamphlet.
Declinato per stazioni scientifiche (queste sì), Critica della ragione pandemica è il resoconto più onesto e ad ampio raggio che possa leggersi sulla pandemia e sulla sua avventurosa gestione. Mi spiego meglio: se lo studio coordinato da Cappelluti, Cesaretti e Laviano si rivela essere il “libro nero” del COVID-19 (e delle sue discendenze sanitarie-politico-mediatiche-sociali) non è per taglio partigiano quanto perché le pagine ascrivibili alla storia della pandemia risultano tra le più controverse, bugiarde, fascistoidi, drammaticamente oltraggiose della storia recente. Non foss’altro perchè - a contagio in corso, e a silenzio imposto - si è violata scientemente la sfera fisica e psicologica (dal lockdown al green pass) di milioni di persone (es: studenti costretti alla vaccinazione pena l’esclusione dagli esami universitari), e tutto ciò navigando a vista, con nessuna prova scientifica a comprovare la reale efficacia della prevenzione. I miei cattivi pensieri sono sorretti dall’autorevole intervento del prof. Fabio Vighi Capitale, “pandemia”, barbarie. Una strada a senso unico (pp. 590-608).
Durante il triennio funesto delle imposizioni pandemiche, la grancassa massmediatica contribuisce alla spaccatura civile della nazione. Un capillare e costante lavaggio del cervello, cominciato con la retorica degli striscioni sui balconi (“ce la faremo”, c’era scritto) e i violinisti sul tetto, degenerato nel palinsesto-unico di speciali televisivi e talk show come pollai. Gabbie di matti dove il plotone delle virostar (più o meno improvvisate) sparava a vista contro la sua nemesi pensante (gli altrimenti detti negazionisti, di fatto solo dubitanti), assecondando il rosario del cittadino-modello nel milieu di una crisi pandemica. Il mantra palesemente bugiardo, mirabilmente sintetizzato dalle parole dell’allora Presidente del consiglio Mario Draghi: “Un appello a non vaccinarsi è un appello a morire, sostanzialmente. Non ti vaccini, ti ammali, muori. Oppure fai morire: non ti vaccini, ti ammali, contagi, qualcuno muore”. Amen. Peccato che nella (quasi) totale omertà dei media il nonno-ducetto emissario dei potentati economici eviti di soffermarsi sulle migliaia di morti e danneggiati (da sani) dai vaccini sperimentali. Come scrivono a introduzione della terza parte del volume (Comunicazione e società) la giornalista Martina Pastorelli e il professore ordinario di psicologia del lavoro e delle organizzazioni, Maurizio Tirassa:
Nulla di quanto è accaduto durante la crisi COVID e la gestione pandemica sarebbe stato possibile senza la collaborazione fattiva dei media che, allineati con tutti i poteri nazionali ed extranazionali, si sono adoperati compatti a sostegno di un unico progetto e si sono posti al servizio della narrazione istituzionale affinchè un determinato racconto arrivasse alla popolazione senza sbavature.
Rinforza la tesi, a pag. 117, il docente di Diritto dell’informazione, Ruben Razzante:
Si è avuta l’impressione, soprattutto dopo la prima ondata di COVID, che il ‘Festival della virologia a reti unificate’, alimentato in modo incosciente dal circuito mediatico, fosse funzionale alla narrazione dominante della pandemia e quindi servisse come strumento di propaganda.
in Pandemia e politiche anti-COVID: il racconto della pandemia tra sensazionalismo e fake news.
E infine la giornalista Serena Tinari, a introduzione del suo acuminato Requiem del giornalismo (pp.633-650):
Un’ondata inarrestabile. Un esercito di reporter che alla velocità della luce si improvvisano esperti in epidemiologia delle malattie infettive e in sviluppo e omologazione, efficacia e sicurezza di farmaci e vaccini. Tutti portati per la statistica, capaci di interpretare design e risultati di uno studio clinico, consapevoli della pervasività dei conflitti di interessi in medicina. È possibile acquisire una specializzazione in un battito di ciglia, tanto più sotto la pressione di un clima di panico generalizzato? No. E i risultati di tre anni di copertura mediatica lo hanno dimostrato.
Queste più o meno (piuttosto più che meno) le costanti pantomimiche dei tre anni orwelliani della gestione Covid: prove tecniche di totalitarismo all’italiana con svariate ricadute socio-patologiche – sindromi da abuso di lockdown, deliri autocratici via green pass, cori unanimi dei media di governo, d’altro canto silenziosi sulle menzogne politiche riguardo agli aspetti fondamentali dell’inefficacia dei vaccini e dei loro gravi eventi avversi.
Critica della ragione pandemica è dunque il resoconto a freddo dalla scena degli eventi COVID-19, un’emergenza sanitaria (dixit) strumentalmente traslata in Emergenza meta-religiosa (la fede imposta nella scienza e nei vaccini) che mina dalla base il rapporto con norme e consuetudini che si davano per consolidate (bioetica, diritto, politica, comunicazione, lavoro, economia). E il peggio è che l’afflato pandemico (pandemia di pensiero addomesticato, addestrato all’emergenza perpetua) spira ancora. Su scala globale, è ancora tra noi. Il lascito esperenziale della “ragione pandemica” andrebbe assunto, dunque, per evitare in futuro nuove recessioni della ragione critica.
Mi chiedo, a tal proposito, se questo saggio polifonico, scomodo e disvelante, usufruirà mai di un passaggio televisivo. Oppure di una pagina su quotidiani di opinione (partigiana) tipo Corriere e Repubblica. Temo che il quesito risulti, in fondo, pleonastico: temo che i tempi del pensiero critico-disallineato appartengano purtroppo a istanze politico-sociali soppiantate dall’ombra pervasiva del Capitale.
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