E l’eco si è smorzato appena. Ascoltare Francesco Guccini di Rocco Rosignoli

Un limpido saggio su Francesco Guccini inaugura la collana musicale delle Edizioni Il Foglio (E l’eco si è smorzato appena. Ascoltare Francesco Guccini), diretta dal musicista Rocco Rosignoli, che firma questa prima uscita.
Il titolo del volume discende da un verso di Canzone di notte, emblematica di uno specifico gucciniano poggiato sui moventi di "tempo" e "dubbio" piuttosto che su quelli politici addebitategli per via dell’anarchica Locomotiva:

sembra dire ai contadini curvi/ quel fischio che si spande in aria/ fratello non temere/ che corro al mio dovere/ trionfi la giustizia proletaria.

Come riprova l’analisi di Rosignoli, il senso dello scrivere e cantare gucciniano andrebbe ricercato altrove. Non nell’Avvelenata. E nemmeno nell’Eskimo sessantottardo (l’eskimo di Guccini era, non a caso, “innocente/ dettato solo dalla povertà”). Non nelle tirate libertarie di Libera nos Domine, quanto piuttosto tra le pieghe di un “eterno…incespicare” tra canzoni delle domande consuete e infinite suggestioni filosofico-letterarie.
O ancora, in sotto-testi intrisi di stati d’animo sottili

fingo di aver capito che vivere è incontrarsi/ aver sonno/ appetito/ bere/ leggere/ amare/grattarsi. Canzone quasi d’amore

Nelle increspature chiaroscurali di un quotidiano epicizzato “tra la via Emilia e il west”. E di una provincia idem, succursale minore di un sogno americano destinato alla disillusione, Amerigo, 100, Pennsylvania ave, Canzone per Silvia.

Come sostiene opportunamente Rocco Rosignoli, a pagina ventinove del suo testo:

La realtà è che, più della politica, a Francesco Guccini è sempre interessato mettere in musica le sue riflessioni esistenziali, i suoi dubbi, le domande che attanagliano l’uomo nel corso della sua esistenza. C’è una componete filosofica nel cantare di Guccini, spesso è consapevole, come in Shomèr ma-millailah? (da Guccini, 1983), brano nel quale il verso ‘ora capisco il mio non capire’ è un’evidente rielaborazione del motto socratico ‘so di non sapere.

Tra gli ambiti principali di competenza dell’autore c’è quella musicale: diversamente dal taglio comune ai saggi sui cantautori – concentrati quasi interamente sul testo –, il suo lavoro non sottace gli aspetti musicali del canzoniere gucciniano. Si evince dal capitolo intitolato Musicalmente (Analisi musicali di cinque brani scelti), e dall’articolata intervista a “Flaco” Biondini, chitarrista “storico” del Maestrone, che ne rivela anche gli inediti risvolti del compositore:

(…) quando uno dice che Francesco ha scritto delle musiche tutte uguali non ha capito nulla, perché ha fatto delle musiche bellissime tutte sue! Quello che non…, per dire, nella sua semplicità, che è un pezzo country, è bella, è perfetta!. La sua formula è quella di fare strofa-inciso-strofa-inciso, in un blocco che ripete, come La locomotiva, o Incontro, son tutte strofa-inciso, l’inciso è un refrain musicalmente…e questo dà la possibilità di raccontare.

Giusto per riassumere e in quanto repetita juvant: è innegabile che sulla scorta di influenze dylaniane, Francesco Guccini inauguri la sua parabola espressiva con ballate di tipo “generazionale” di marcato impianto sociale, Dio è morto, Noi non ci saremo, Atomica cinese, Il vecchio e il bambino, Primavera di Praga, ma lo è altrettanto (innegabile) come egli si sia molto presto affrancato da questa impronta, interessandosi a temi più sfumati, ontologici, interiori; restituiti in un’inarrivabile prosa fluviale, colta, epicizzante - e mai retorica.

Il saggio di Rocco Rosignoli coglie di Guccini tanto gli aspetti semantici quanto quelli contenutistici, avvalendosi anche delle illuminanti interviste a Giampiero Alloisio e a Beppe Dati, che in diverse occasioni con Guccini hanno collaborato (nel libro c’è anche un toccante ricordo di Claudio Lolli, che proprio a Guccini deve il suo debutto discografico). Funzionale all’insieme anche la prefazione al volume, firmata dal cantautore Alessio Lega.