A 17 anni precisi di distanza l’uno dall’altro, l’11 gennaio ha visto la morte di Fabrizio De André (1940-1999) e David Bowie (1947-2016).
Ricordo quell’11 gennaio di diciassette anni fa nitidamente, è un ricordo per niente sgualcito, ha colori vivi, intensi, una scala di grigi che appartenevano al cielo, all’atmosfera fuori e dentro di me. Avevo la febbre alta, ero a casa da scuola, tv accesa e termometro messo spesso sotto al braccio per capire l’andamento di quella maledetta influenza che mi si era attaccata alle ossa. I tg passavano la notizia della morte di Fabrizio De André alla stessa maniera con cui oggi passano la notizia della morte di un altro grande della musica, della cultura contemporanea, David Bowie. Diciassette anni fa non c’erano i social network, non c’era Facebook, non condividevamo canzoni alla velocità della luce, non avevamo la possibilità di dirci in tempo reale i sentimenti che la morte di un uomo, di un artista, di un poeta, suscitava in noi. Ma c’erano i diari, c’erano i telefoni, c’era la tv e per me c’era pure quell’influenza che bloccava i compiti, i doveri, la scuola, così da farmi stare inchiodata agli speciali su Faber che andavano in onda frequenti come le folate di vento e le gocce di pioggia che battevano sui vetri della mia camera, in quel giorno d’ inverno vero d’appennino.
Al di là di quel che scrissi sul diario quella volta per sentirmi partecipe di una morte lontana ma che mi rese triste, al di là delle canzoni che ho ascoltato oggi per riavere vicino tutto quel che il Duca Bianco ha saputo rappresentare, resta un bagaglio, valigie piene di ricordi, immagini, attimi di vita che si legano indissolubilmente alla musica di due personaggi che hanno scritto e descritto la realtà in forme nuove, vere, molto terrene e stranamente eterne. Avevo poco meno di vent’anni quel’11 gennaio del 1999 e De André era un disco tra i tanti di mio padre; ho trentaquattro anni oggi e David Bowie è un cd comprato stamattina, oserei dire per l’occasione, con i primi soldi venuti fuori dalle vendite del mio primo libro. Due uomini diversi certo, ma che per una coincidenza del destino, nello stesso 11 gennaio, a diciassette anni di distanza, per lo stesso motivo, sono volati via, con le loro ali invisibili, lasciando a terra tutto lo straordinario lavoro di una vita intera e lo hanno lasciato a tutti, fruibile in ogni maniera.
Abbiamo guadagnato la libertà di ascoltare tutto facilmente in questi diciassette anni, ma io oggi sono tornata indietro, alla fatica dei piccoli passi di una volta, quando la musica la ascoltavi per radio e poi dovevi andarti a comprare il disco, la musicassetta, il cd dell’artista se volevi averlo e ascoltarlo in macchina, o in qualsiasi altra occasione. Tutto più immediato oggi, così veloce che tutto, all’istante, ci appare più vero, ma col rischio che tutto diventi più sostituibile nel tempo. De André forse direbbe a questo proposito
"noi siamo troppo abituati a segmentarlo, a dividerlo in ore e minuti, in ansie e angosce, dimenticandoci che da piccoli giocavamo intere giornate con un pezzo di legno in cortile, avvertendo il passare del tempo solo al sopraggiungere della notte, allo scroscio improvviso della pioggia: avevamo una pura nozione atmosferica del tempo"
Grazie alle sue parole, questa giornata uggiosa di vento forte e pioggia incerta, mi indica che il tempo scorre, che diciassette anni fa avevo la febbre e sentivo, forse in preda a un delirio, che De André per me non sarebbe morto mai, che non lo avrei lasciato morire perché la sua musica l’amavo davvero. E diciassette anni dopo credo che pure Bowie si sia guadagnato l’immortalità, perché la musica, come la letteratura, come qualsiasi altra forma d’arte e d’artigianato, passa, scorre, ma resta in noi senza finire, senza morire mai, eterna come un ricordo se il ricordo appartiene a un pezzo di vita vissuta profondamente. E niente, nemmeno il tempo, su questo ha potere, diciassette anni fa, come oggi. Nonostante i cambiamenti, certe cose, restano, immutate, vere, straordinariamente vive.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Fabrizio De André e David Bowie: un ricordo nel giorno della loro scomparsa
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