Siete pronti per un ripasso della letteratura latina cristiana in vista dell’Esame di Stato? Bene, questo articolo si concentra sulla produzione apologetica. Tempo di lettura: quattro minuti. Giusto per farvi un’idea.
La letteratura cristiana si articola in due fasi corrispondenti a diverse relazioni tra Cristianesimo e Stato romano. In un primo tempo, accanto alla diffusione dei testi rivelati, la principale preoccupazione dei cristiani fu quella di difendersi dalle accuse che venivano loro rivolte. Entrano in scena gli apologeti, letteralmente i “difensori”.
Quando in un secondo tempo il cristianesimo ottenne la libertà di culto, gli intellettuali cristiani pensarono di costituire una vera e propria cultura autonoma da contrapporre a quella classica o da integrare ad essa nella formazione di giovani e adulti: è questa l’Età dei Padri della Chiesa.
Cos’è la fase apologetica della letteratura latino-cristiana?
Link affiliato
L’aggettivo apologetico deriva da un verbo greco che significa ‘difendere’, perciò gli apologisti furono i difensori della Chiesa cristiana attivi nel bacino dell’impero tra il II e i primi del IV secolo.
Tra i loro obiettivi: denunciare gli abusi giuridici dello Stato romano imputato di discriminare la religione cristiana; confutare le accuse contro i cristiani; mostrare le incongruenze del paganesimo seguendo una strategia di difesa, attacco, denuncia. Tra gli esponenti della fase apologetica (compaiono anche Cipriano e Arnobio generalmente esclusi dai programmi scolastici, peccato) vogliamo ricordare per sommi capi Tertulliano e Minucio Felice.
Intollerante il primo, conciliante il secondo, sapete cosa li accomuna?
Provengono dalla provincia d’Africa, una delle più romanizzate, uno dei primi territori in cui si diffuse il Cristianesimo. Va da sé che questo tipo di produzione perde la spinta propulsiva e la sua ragion d’essere a partire dall’editto di Costantino del 313 d.C. che riconosce il cristianesimo come religio licita.
Sarà l’editto di Tessalonica, infine, a sancirlo nel 380 religione ufficiale dell’impero.
Chi erano i principali esponenti della fase apologetica?
- L. Settimio Fiorente Tertulliano: l’intransigente (155-220 ca).
Del gruppo è l’esponente più importante, convertitosi al cristianesimo in età matura, figlio di un centurione, dalla formazione letteraria e giuridica.
Scrittore prolifico, autore di una trentina di opere, la sua produzione si articola convenzionalmente in base alla finalità (opere apologetiche, etico-disciplinari, antiereticali) o alla cronologia (periodo di appartenenza alla Chiesa, influsso del Montanismo, periodo successivo alla rottura con la Chiesa avvenuta nel 213).
La sua natura passionale lo spinge a interpretare la fede in modo intransigente fino ad abbracciare il fondamentalismo dei montanisti, la setta che perseguiva una condotta di vita ascetica, metteva in discussione l’autorità delle gerarchie ecclesiastiche richiamandosi alla tradizione apostolica e alle Sacre Scritture.
Una delle tante eresie sorte tra il II e il IV secolo d.C. come Arianesimo, Docetismo, Gnosticismo, Manicheismo, Marcionismo, Donatismo e Pelagianesimo.
È plausibile che tale adesione non determinò il rigore, ma ne portò a maturazione i nuclei caratteriali. La ricerca di una durezza di costumi ancora maggiore condusse Tertulliano a fondare la setta dei “tertullianisti” in polemica contro la Chiesa da lui accusata di lassismo morale.
Vediamo in breve alcuni scritti dell’autore.
L’Apologeticum è indirizzato ai governatori delle province, alle autorità politiche e non ai pagani in toto. Con un’argomentazione vigorosa Tertulliano confuta le calunnie che circolavano tra le masse e respinge le accuse di natura politica e religiosa quali disobbedienza alle leggi dello Stato, mancata fede nella natura divina degli imperatori, rifiuto di fare sacrifici agli dei tradizionali. Nel De spectaculis ogni forma di spettacolo (teatro, circo, esibizioni ginniche) viene condannato in quanto fonte di turbamento e corruzione morale.
Nel De corona militis sostiene che militia e cristianesimo siano incompatibili: come essere fedeli contemporaneamente allo Stato e a Dio?
Nel De idolatria afferma la proibizione per il fedele di praticare magistratura, commercio, insegnamento. Sulla sorte delle donne divenute vedove tratta nell’Ad uxorem al punto che le seconde nozze dopo la vedovanza sono considerate alla stregua di un adulterio. Gli scritti di Tertulliano traboccano misoginia, la donna è considerata un incentivo al peccato con una durezza che influenzerà a lungo l’etica sessuale cristiana. La sua prosa è appassionata e aggressiva come se volesse assalire più che convincere l’interlocutore.
Secondo il grande latinista Marchesi è il creatore della lingua teologica latina per l’impatto emotivo, la ricchezza delle immagini, la forza e la vis polemica e argomentativa.
- Marco Minucio Felice: l’avvocato che ammirava Cicerone (II-III secolo).
Intorno al 197 d.C. scrisse un trattato in forma dialogica in 40 capitoli dal titolo Octavius contenente una conversazione a tema tra due amici, il pagano Cecilio e il cristiano Ottavio. All’autore il compito di tirare le somme.
Durante una passeggiata in riva al mare lungo la spiaggia di Ostia, il primo come da tradizione indirizza con la mano un bacio alla statua di Serapide dichiarando di preferire il paganesimo rispetto alle superstizioni cristiane: ateismo, illegalità, immoralità, ignoranza e assurdità come la risurrezione dei morti.
Serapide, chi era costui? Raffigurato come un maschio adulto assiso su un trono, capelli ricci e barba folta, ricorda Zeus.
È una divinità egizio-greca, dio dell’universo, dell’oltretomba, della fecondità. Di contro Ottavio con un’argomentazione meramente razionale ribatte che l’universo risponde al disegno provvidenziale di Dio.
Infatti non nomina mai Gesù o le Scritture perché il suo modello è il trattato ciceroniano De natura deorum II, 15.
Minucio Felice mira a convertire la classe dirigente Romana dei pagani colti grazie a una posizione conciliante che sottolinea gli elementi di continuità più che di rottura con la fede pagana e il mondo classico in generale. Lo stile pacato ignora i timbri polemici e accesi alla Tertulliano.
In chiusura alcune considerazioni comparative di G.B.Conte:
La differenza fra la trattazione impostata da Minucio e quella di Tertulliano non potrebbe però essere più evidente: Minucio è scrittore fine e delicato, rifugge dalle grossolanità che Tertulliano invece ama; Minucio fonda la sua argomentazione sulla logica e sul ragionamento pacato, mentre Tertulliano cerca di emozionare e di colpire i sentimenti. Minucio si rivolge ai pagani colti, per convertirli, e cita quindi con abbondanza gli scrittori classici, astenendosi dai riferimenti alla Bibbia; Tertulliano si scaglia contro i pagani per consolidare i cristiani nella loro fede, e tutt’al più può pensare di conquistare al Cristianesimo le future generazioni, che non si siano ancora macchiate del peccato di idolatria.
In conclusione, se Tertulliano colpisce il lettore per il suo gusto dell’esasperazione, Minucio Felice appare al contrario un modello di equilibrio e di buon senso.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La fase apologetica della letteratura latina cristiana: un’analisi da Tertulliano a Minucio Felice
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo News Libri Storia della letteratura Tertulliano
Lascia il tuo commento