Bertolt Brecht visse gli anni di tenebra della storia europea, quelli bui e tempestosi delle due guerre mondiali - per la prima volta guerre totali, invasive, senza scampo - e, come ogni uomo del suo tempo, si interrogò ponendosi la domanda più lancinante.
Cosa si può fare quando infuriano venti di guerra? Quale deve essere la reazione dell’uomo dinnanzi alla minaccia della fine? La risposta di Brecht fu una poesia politica che ancora oggi offre un valido insegnamento per le generazioni a venire.
I suoi versi traducono tutta l’inquietudine dell’uomo del Novecento, che era irrimediabilmente un uomo spezzato, un uomo per la prima volta posto di fronte al dramma dell’estinzione dell’umanità intera: prima di allora l’essere umano non era stato portato a interrogarsi su una possibilità plausibile di apocalisse quale quella formulata dalla prospettiva della bomba atomica. Bertolt Brecht parlava a questa umanità, si rivolgeva a una platea di uomini che da tempo era attonita, aveva smesso di credere al primato della scienza o della religione e ora si trovava dinnanzi a un baratro, tutti erano terrorizzati dall’incedere del nulla: a chi potevano appellarsi? A cosa potevano credere?
Generale, il tuo carro armato risponde a questi interrogativi sconcertanti e costantemente irrisolti ed è, non a caso, una delle poesie più citate dell’autore tedesco, insieme a Mio fratello aviatore e A coloro che verranno.
La poesia di Bertolt Brecht ci ricorda il dominio della razionalità dell’uomo contro la follia insensata della guerra. Ed è una poesia che si rivolge a un pubblico - proprio come un’opera teatrale, come un attore che recita sopra un palcoscenico - e chiede di essere ascoltata. Motivo per cui Brecht è un drammaturgo, prima che un poeta, un uomo che non ha mai smesso di “fare teatro” nell’accezione più estensiva del termine.
Le sue parole sono un monito che ancora oggi non ha perso la sua attualità e continua a a parlarci, con la lingua imperiosa e imperativa della coscienza.
Perché dinnanzi al baratro Brecht sceglie di onorare l’umano nella sua accezione più autentica, considerando anzitutto il pensiero. È proprio il pensiero, secondo Bertolt Brecht, il “difetto” sublime dell’uomo. Nel 1933 il drammaturgo tedesco, lontano dalla patria, sperava ancora che l’uomo potesse ribellarsi alla follia della guerra.
La poesia Generale è contenuta nella raccolta Svedborger Gedichte, fu scritta da Brecht mentre si trovava in esilio nella cittadina svedese di Svendborg, lontano dalla Germania nazista, mentre il mondo intero si trovava sull’orlo della Seconda guerra mondiale.
Vediamone testo, analisi e commento.
“Generale, il tuo carro armato” di Bertolt Brecht: testo
Generale, il tuo carro armato è una macchina potente
spiana un bosco e sfracella cento uomini.
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un carrista.Generale, il tuo bombardiere è potente.
Vola più rapido d’una tempesta e porta più di un elefante.
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un meccanico.Generale, l’uomo fa di tutto.
Può volare e può uccidere.
Ma ha un difetto:
può pensare.(Traduzione di Roberto Fertonani)
“Generale, il tuo carro armato” di Bertolt Brecht: analisi
Generale, come altre famose poesie di Brecht contro la guerra, sembra essere costruita come un paradosso logico. Ma il paradosso, come vedremo, è solo apparente.
Ci sono grandi verità sulla natura umana di cui solo i poeti sono portatori; lo dimostra Brecht con la forza incisiva del suo verso che va ben altre la funzione pedagogica. Quella di Bertolt Brecht è una forma di poesia civile, che non pretende di insegnare o di persuadere in maniera efficace, ma tende, piuttosto, a rivelare.
A causa del titolo, Generale, il tuo carro armato, questo componimento viene interpretato come una poesia di guerra; eppure il suo significato va ben oltre: è una poesia sull’umano. Lo capiamo ancor meglio leggendola oggi, nel moderno e avveniristico XXI secolo, dove la tecnologia è talmente evoluta da rappresentare una minaccia e l’autonomia di pensiero dell’uomo appare ostacolata dall’ascesa dell’intelligenza artificiale.
I versi brechtiani potrebbero essere riadattati all’oggi con il medesimo effetto: l’autore tedesco osserva che le macchine possono essere intelligenti e complesse (il carro armato, il bombardiere), ma non sono in grado di uccidere se non vengono pilotate dall’uomo. Alla base di tutto, ribadisce con cristallina efficacia Brecht, c’è il libero arbitrio e questa facoltà risiede unicamente nell’uomo. Un potere straordinario e, al contempo, dal potenziale autodistruttivo.
Il pensiero continua a essere prerogativa dell’umano, è ciò che distingue l’uomo dall’animale e anche l’unica forza effettivamente capace di liberarci dal Male, sempre se agita dietro l’impulso della coscienza. È questo il difetto di fabbrica dell’uomo, ciò che gli permette addirittura di anteporsi a Dio: il limite della potenza degli Dèi è nel libero arbitrio dell’uomo.
Il pensiero umano si distingue persino dalle derive più futuristiche rappresentate dall’intelligenza artificiale perché, mentre quest’ultima è razionalità pura, puro calcolo, la mente umana è dotata di una profondità e di un potenziale introspettivo, di una coscienza e, oseremmo dire, per toccare una sfera metafisica e persino trascendente: di “un’anima”. In questa dicotomia tra pensiero e azione è racchiusa la forza primigenia dell’umanità, a proprio modo infinita, a proprio modo divina.
Per questo la vera minaccia di morte, osserva Brecht, non è rappresentata dal carro armato, ma dal Generale.
“Generale, il tuo carro armato” di Bertolt Brecht: un commento
Bertolt Brecht nella sua poesia Generale, scritta a metà novecento, si riferiva a carri armati e caccia-bombardieri, eppure potremmo dire lo stesso a proposito delle minacce attualmente più urgenti, ovvero la bomba atomica e l’intelligenza artificiale: ciò che le rende potenzialmente minacciose è sempre l’uomo, ovvero l’unico che - attraverso il pensiero - ha la possibilità di comandarle. Nessun topo inventerebbe una trappola per topi, aveva detto Einstein nella celebre frase divenuta aforisma contro la bomba atomica: l’uomo, costruendo un’arma di distruzione di massa, ha messo a repentaglio la propria stessa specie. Nel pensiero - la forza sublime che contraddistingue l’umano - è dunque incluso un impulso costruttivo, ma anche distruttivo. L’intelligenza troppo sviluppata contraddice sé stessa; lo metteva in evidenza Einstein nella sua lettera a Sigmund Freud, lo ribadisce Brecht nella sua poesia paradosso dal finale illuminante.
La vera arma è il pensiero. Ciò che vuole dirci Brecht è che il sublime “difetto” dell’uomo è anche la sua salvezza.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Generale, il tuo carro armato”: la poesia di Bertolt Brecht dedicata al pensiero
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