

Gli ammutinati dell’Etruria. Duello tra il comandante Pericoli e il Duca degli Abruzzi
- Autore: Alessandro Cassinis
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Mursia
- Anno di pubblicazione: 2024
Ricordate l’ammutinamento dell’HMS Bounty nel 1789 e il tirannico capitano Bligh? È accaduto anche nella Regia Marina italiana, nel 1907, uno dei pochissimi nei 164 anni di storia della nostra Arma navale. Alessandro Cassinis, giornalista ed eccellente rievocatore di cose marinare, lo ha ricostruito con la sua schietta prosa cronistico-narrativa, grazie a una lodevole ricerca anche sui documenti lasciati dall’ammiraglio Riccardo Pericoli. La vicenda è raccontata in un saggio pubblicato l’anno scorso da Mursia, Gli ammutinati dell’Etruria. Duello tra il comandante Pericoli e il Duca degli Abruzzi (settembre 2024, 196 pagine), nitido volume della collana “Biblioteca del mare. Uomini navi e misteri del mare”, con un inserto al centro di 8 pagine di fotografie e disegni in bicromia.
Il comandante Pericoli era il bisnonno di Cassinis, ch’è nato a Milano nel 1960. Dopo la laurea in storia e filosofia, ha lavorato al “Secolo XIX”, responsabile dell’economia marittima, inviato speciale, vicedirettore e direttore. Ha pubblicato articoli e inchieste per “la Repubblica”, “La Stampa”, “Storia Illustrata” e “Panorama”. Colpisce la sua dedica al padre, che riposa in mare, e “a Jacopo, perché possa navigare in pace”.
Il titolo del saggio riprende i film che hanno eternato la vicenda del veliero britannico. Il 17 giugno 1907, l’ariete torpediniere, riclassificato incrociatore protetto, è all’ancora lungo il Delaware a Filadelfia, dove sfoggia con orgoglio il tricolore nelle celebrazioni del trecentesimo anniversario della fondazione della prima colonia americana a Jamestown. Cento marinai italiani accorrono per primi, a terra, sul luogo dell’incendio di un deposito di legname e sono provvidenziali nel collaborare con i vigili del fuoco per impedire alle fiamme di raggiungere altri caseggiati, in particolare una fabbrica di merletti, dove mille ragazze terrorizzate urlano intrappolate. Dopo due ore di sforzi generosi, i giovani con le uniformi bianche sporche di fuliggine tornano sull’Etruria, emozionati dalle parole calorose del sindaco e dagli applausi riconoscenti dei cittadini e tuttavia accolti in coperta dallo sguardo severo del comandante, che li squadra impassibile.
Di famiglia agiata ma non aristocratica, il capitano di fregata Pericoli ha 46 anni, naviga da quando ne aveva 15, ha perso il padre a 25. Fissa con uno sguardo serio il tenente di vascello Alvigini, a capo del distaccamento inviato a terra, e gli contesta di avere perso 25 buglioli (secchi di legno e ottone). Per questa volta non li addebiterà, ma lo riprende per aver visto anche due o tre marinai inoperosi: avrebbe dovuto ripartire meglio i compiti tra il personale. L’atteggiamento inflessibile non cambia, alla lettura solenne degli encomi del ministro della Marina e delle autorità. All’equipaggio dell’Etruria, riunito in assemblea sul tavolato, Pericoli riconosce solo di avere fatto non altro che il proprio dovere. Gli ufficiali sottoposti sono furiosi. “Adesso basta!”.
L’ammutinamento del Bounty, il più famoso di tutti i tempi, scoppiò per l’accusa del capitano William Bligh agli ufficiali d’avergli rubato qualche noce di cocco. Venticinque secchi sono invece la scintilla, osserva Cassinis, del più strano e sconosciuto ammutinamento a bordo di una nave da guerra italiana.
La freddezza è l’ultimo affronto che gli ufficiali dell’Etruria sopportano in silenzio. Dispotico, rigido e diffidente fino alla paranoia, da tre mesi il comandante li tormenta con rimproveri. Li ha accusati di negligenza e incompetenza, sospettati di frode sui rifornimenti di carbone, ha insultato il direttore di macchina. In America, li consegna a bordo, non concede franchigie a terra. Ed è ora di finirla. Non gli obbediranno più. Sono giovani ufficiali di ottima famiglia e non accettano d’essere tiranneggiati da un borghese senza santi in paradiso. A fomentare la rivolta è il comandante in seconda, Piazza, un cremonese di 37 anni. A Pericoli non è mai piaciuto, lo considera un incompetente poco specchiato, mentre la storia ne decreterà il valore, anni dopo. Alleato di Piazza è il tenente di vascello Francesco De Orestis, dei conti di Castelnuovo. Altolocato è anche Alvigini.
Quello dell’Etruria è un ammutinamento all’italiana, senza morti né feriti. Somiglia a uno sciopero bianco, una disobbedienza organizzata, facilitata dall’influenza della stampa sull’opinione pubblica, dal peso del sangue reale e dei rapporti familiari col potere. E ha successo. La Marina britannica approvò l’operato dell’inflessibile Bligh, perché legittimo a norma di legge, e condannò l’idealista Christian. Invece, quasi 120 anni dopo, Pericoli viene sbarcato dai superiori e gli ufficiali ribelli faranno carriera, comanderanno navi, diventeranno ammiragli.
L’ammutinamento dell’Etruria è un caso rarissimo nella Regia Marina. Vanno aggiunti quello domato all’istante sulla fregata San Michele a Venezia, nel 1849, e tre episodi di rivolta violenta nella babele dopo l’armistizio dell’8 settembre, con l’uccisione dei comandanti: Ruggero Frezza sul MAS 43 (19 novembre 1943), Carlo Sorcinelli e altri due ufficiali sul MAS 505 (10 maggio 1944) e Giuseppe Tendi sul sommergibile CB 16 (1 ottobre 1944). Gli assassini non furono puniti.
Nella vicenda Pericoli, non solo eccessi di disciplina, ma anche lesa maestà di un Savoia. E chi tocca i fili muore. Nel riordinare le carte del bisnonno “terribile e battagliero”, Alessandro Cassinis ha trovato due documenti stretti da una fascetta: “Come fu stroncata la mia carriera marinaresca”. Se fosse un libro giallo, sarebbe il dito puntato da un agonizzante contro l’assassino. Sulla scena, comunque, appaiono una lettera del Duca degli Abruzzi e gli appunti di Pericoli sulle bravate notturne di Katherine Elkins, l’amante dello stesso Luigi di Savoia. “Le carte spiegano”.

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