Nasceva a New York, il 15 aprile 1843, Henry James il grande innovatore della narrativa moderna. Viene considerato per tradizione uno scrittore britannico e accostato alla letteratura inglese, eppure, in origine, era americano e trascorse la sua giovinezza in terra statunitense. Come scrisse a suo fratello William in una lettera, nelle sue storie voleva rendere impossibile capire se fosse:
Un americano che scriveva sull’Inghilterra. O un inglese che scriveva sull’America.
Avrebbe acquisito la cittadinanza inglese soltanto nel 1915, un anno prima di morire, le sue ceneri sarebbero state tumulate nell’abbazia di Westminster a Londra.
Henry James: la vita
A soli venticinque anni Henry James era già considerato uno dei migliori scrittori di racconti della sua generazione. Iniziò giovanissimo a scrivere storie a puntate per il The Atlantic Monthly e non avrebbe più smesso. La sua prima opera di rilievo è considerata proprio Watch and ward, che apparve a puntate sulla rivista nel 1871, ma il successo arrivò cinque anni dopo, nel 1876, con il romanzo Roderick Hudson, in cui narrava la storia di un giovane scultore americano e dei suoi amori, della sua ascesa e della sua caduta in un baratro di decadimento morale. L’opera fu influenzata dal viaggio in Italia compiuto da James nel 1870: infatuato di Roma, lo scrittore avrebbe utilizzato la Città Eterna come sfondo di numerose sue opere e sarebbe tornato nel Bel Paese più volte prima di propendere, dopo numerosi viaggi in Europa, per il trasferimento definitivo in Inghilterra. Oltre a essere un autore acclamato, Henry James fu anche un grande viaggiatore: era un uomo cosmopolita, visse per lunghi periodi in Italia e in Francia, tornando in patria sempre più di rado sino a scegliere di stabilirsi a Londra, la città che considerava la “capitale del moderno”.
L’influenza inglese avrebbe connotato lo stile dei suoi romanzi più famosi, come Daisy Miller (1879) e quello che è considerato il suo capolavoro Portrait of a Lady (1881), ovvero Ritratto di Signora in cui presenta una delle indiscusse protagoniste della storia della letteratura, ovvero Isabel Archer, considerata alla pari della Anna Karenina di Tolstoj. Interessante la maniera in cui Henry James ci introduce gradatamente alla scoperta della sua protagonista: siamo in una ricca dimora inglese, in un luminoso pomeriggio, in attesa della consueta cerimonia del tè delle cinque, Isabel non fa subito la sua comparsa in scena ma viene prima introdotta dalle chiacchiere e dagli sguardi altrui, infine, eccola arriva e subito dimostra una singolare “ampiezza di osservazione”. Isabel Archer è una figura femminile complessa, che contiene moltitudini, è al contempo una e più donne insieme.
Grazie a questo ritratto Henry James oggi è considerato uno dei precursori del romanzo psicologico, scopriamo perché.
Henry James e il romanzo psicologico
Henry James è considerato un abile indagatore della psiche umana, uno dei primi scrittori a utilizzare la letteratura a questo scopo esplorando l’abisso della mente dei suoi personaggi, spesso contraddittori e inquieti. Ma la narrativa di James non è solo finalizzata all’esplorazione dell’interiorità, nei suoi libri ritroviamo una profonda analisi sociale, inscindibile dal contesto storico-sociale-politico in cui viveva. Il romanzo con Henry James diventa uno strumento utile a osservare la realtà in tutte le sue sfumature: l’essenza della narrativa, spiegava l’autore nella prefazione di The Golden Bowl. In The Art of Fiction (1884), risiedeva nella capacità del romanziere di muoversi nel terreno accidentato della vita. Da ciò deriva un realismo radicale, che tuttavia non rinuncia a esaltare il lato “impressionistico”: non a caso oggi Henry James è considerato il maestro di Virginia Woolf - una sorta di anticipatore dei Moments of being - e di Marcel Proust. Per primo Henry James aveva compreso che non era possibile ridurre la realtà al solo lato “esperienziale”; c’era tutto un aspetto dell’esistenza che, altrimenti, sarebbe venuto meno. Nell’affermare che James fu il pioniere del romanzo psicologico moderno possiamo dire che fu senz’altro l’autore che, in anticipo sui tempi, individuò il discrimine tra conscience e consciousness: quindi tra “coscienza” e “consapevolezza”. Proprio dalla seconda metà dell’Ottocentro il concetto antico di “anima” cominciò a passare in secondo piano sostituito dall’idea scientifica di mente e cervello. Questo “altro” venne alla ribalta, anzitutto, attraverso gli scritti di Henry James che iniziarono a indagare una dimensione etica in cui lo spirito (ciò che era considerato l’anima) viene posto in relazione con le istanze sociali. Da qui il tema principale della narrativa di James, ovvero l’impossibilità di distinguere nettamente tra l’io e la società: il personaggio, proprio come l’autore, è totalmente immerso nella società in cui vive. Gli eventi esterni, nella narrativa jamesiana, hanno tuttavia minore influenza e impatto rispetto ai comportamenti umani dettati dal mondo interiore dei singoli protagonisti. Spesso le storie di James si reggono su un conflitto più o meno latente: quello tra artista e società, tra sapere e autorealizzazione personale, tra vecchio mondo (Europa) e nuovo mondo (America), ma tutto ciò non è più raccontato dal punto di vista - tipicamente ottocentesco - del narratore onnisciente, ma attraverso la visione - più ristretta, ma più efficace - del singolo personaggio. Per le sue opere Henry James scelse di adottare un limited point of view, che pure non si rivelerà così limitato e ristretto, anzi, sprigionerà tutto il suo inedito potere narrativo. Non ci sono commenti, giudizi o spiegazioni nei romanzi di Henry James, la moralità o l’immoralità delle azioni si svelano da sé nel corso della storia o attraverso i dialoghi dei personaggi.
Le opere più famose di Henry James e le sue eroine
Tra le opere più famose di Henry James troviamo Daisy Miller, Ritratto di signora e Giro di vite, tutte - curiosamente - con al centro delle protagoniste femminili.
Il primo grande “ritratto di signora” Henry James è proprio Daisy Miller, pubblicato nel 1879, che suscitò grande scandalo nella società dell’epoca proprio per la rappresentazione audace della sua controcorrente protagonista. Daisy è una giovane ragazza americana che si reca in Europa con la madre per il suo Grand Tour, come si usava al tempo. Innocente e pura, Daisy agisce spontaneamente, senza curarsi degli usi sociali o delle maldicenze, si stupisce di tutto e tutto ammira, inconsapevole che sarà proprio la sua innocenza e il suo comportamento spigliato e informale a tradirla. La storia si conclude tragicamente, pare fosse ispirata a un reale caso di cronaca che riguardava una ragazza americana a Roma. Pubblicato nel 1879 da Harper’s, Daisy Miller divenne un “racconto simbolo”, utilizzato per ammonire le giovani donne riguardo i rischi dettati dall’eccessiva indipendenza. Il cappellino alla Daisy Miller divenne un’autentica moda tra le signorine dell’epoca. Senza saperlo Henry James aveva creato la sua prima eroina moderna, in quanto nella complessità e nell’ambiguità del personaggio di Daisy - solo apparentemente fragile, come la margherita di cui porta il nome - si rifletteva il pulsante desiderio di emancipazione e di affermazione delle donne del Novecento.
Daisy Miller. Testo inglese a fronte
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Isabel Archer, in Ritratto di signora, è sicuramente uno dei personaggi femminili più riusciti della storia della letteratura. Un ritratto in chiaroscuro, in cui le ombre sono comprimarie della luce e, anzi, forse svolgono un ruolo ancor più fondamentale. Anche Isabel, proprio come Daisy, è una giovane donna che contempla orizzonti più vasti di quelli della generazione precedente alla sua. Si distingue per la sua intelligenza e il suo anticonformismo, ha il coraggio di rinunciare a un ricco matrimonio per inseguire la sua libertà. Grazie a una cospicua eredità ricevuta si trasferirà a Roma, dove la attenderanno le insidie di Gilber Osmond, un uomo più interessato al suo patrimonio che al suo amore. Attraverso il suo maestoso personaggio James riesce a ritrarre lo svanire delle illusioni e dei sogni di gioventù sgretolati dal disincanto della vita, e anche l’invincibile desiderio umano, la struggente vocazione alla felicità. Nel finale il destino della protagonista rimane incerto, come se non fosse quello lo scopo dell’imponente costruzione letteraria di James che sfidava i canoni tradizionali del bildungsroman - il romanzo di formazione - presentando un “Io indefinito”, in costante evoluzione, che non si costruisce ma costantemente si decostruisce. Non è il lieto fine della protagonista lo scopo della narrazione di Henry James, ma l’analisi interiore di Isabel Archer, inseguendo la costante domanda posta sin dal principio: “Cosa avrebbe fatto di sé?”. E questo è il vero moto intrinseco della storia, ciò che si chiedono anche i lettori, inseguendo le sue peripezie: dove stai andando Isabel Archer?
Ritratto di signora
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Rimane invece rigorosamente anonima la governante protagonista di Giro di vite (1898). Uno dei “racconti di paura” più discussi e amati della storia della letteratura, considerata una delle “storie di fantasmi” per eccellenza. L’intera vicenda è narrata dal punto di vista esclusivo del personaggio della giovane istitutrice che riceve l’incarico di accudire i due piccoli orfani, Miles e Flora. L’ambiguità della storia si regge interamente sull’inaffidabilità dell’io narrante. Ecco la grande innovazione narratologica di Henry James che ci presenta un narratore inattendibile ante litteram, prima ancora di Svevo, di Pirandello e di Nabokov. La scrittrice Fausta Cialente individuò nel racconto di James una “tirannica atmosfera”, cogliendovi il vero motore della trama e della suspense creata. Tuttavia a muovere le fila del racconto è soprattutto l’indagine psicologica che James mette in campo, ovvero la prova che i veri “fantasmi abitano in noi”. Il racconto è affidato interamente al manoscritto redatto dalla governante di proprio pugno; eppure, man mano che la narrazione si dipana, nel lettore si fa strada il sospetto che i fantasmi - o le cosiddette presenze demoniache - siano in realtà frutto della mente dell’istitutrice. Giro di vite rappresenta il vero e proprio trionfo della narrazione psicologica di Henry James, in cui il confine tra conscio e inconscio si fa labile, così come quello tra realtà e soprannaturale. Il finale, ancora una volta, rimane sospeso: le domande del lettore non trovano una risposta certa.
Giro di vite
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A Henry James va sicuramente dato il merito di aver saputo varcare i confini della narrativa del proprio tempo, rappresentando già un futuro che nessuno aveva ancora avuto il coraggio di immaginare.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Henry James: vita, opere e pensiero del creatore del romanzo psicologico
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