Il termine “Neorealismo" si diffonde originariamente in ambito cinematografico, prima francese e poi italiano, e solo successivamente viene esteso all’ambito letterario, per indicare, soprattutto nell’immediato (secondo) dopoguerra (1943-1955), il necessario ritorno alla realtà, che doveva fare seguito al soggettivismo e all’intimismo prevalenti negli anni Trenta ed esprimere l’esigenza di “andare verso il popolo”.
Principi di poetica
Tanto nella letteratura quanto nel Cinema e nelle altre arti, il Neorealismo – termine usato per la prima volta nel 1931, a proposito de Gli indifferenti di Alberto Moravia – persegue una riscoperta della realtà quotidiana e a uno stile che permetta di descriverla nel modo più credibile. Questo intento riesce ad essere compiutamente soddisfatto, grazie ad avvenimenti storici come la seconda guerra mondiale, la Resistenza e le condizioni sociali italiane del secondo dopoguerra, dando luogo a una temperie culturale che condivide alcuni caratteri distintivi:
- la letteratura deve lasciare ampio spazio alla rappresentazione quasi cronachistica della realtà, dove sono i fatti stessi ad esprimere la loro valenza etica e estetica;
- la letteratura è anche "impegno" culturale e sociale e deve contribuire, a proprio modo, alla materiale e morale del paese dopo il Fascismo e la guerra;
- le opere letterarie e artistiche devono riservare ampio spazio alle testimonianze dirette e alle esperienze autobiografiche, come quelle di guerra e di prigionia;
- vicine alla prospettiva ideologica dei partiti di sinistra, le opere neorealiste, ispirate spesso dall’antifascismo, si propongono spesso di esprimere e denunciare le ingiustizie sociali;
- la lingua e lo stile devono avvicinarsi il più possibile al "parlato" e riuscire a esprimere anche le diverse caratteristiche e i diversi dialetti regionali, allo scopo di conferire autenticità alla narrazione;
Il Neorealismo nella letteratura italiana
Oltre al già citato Moravia che, in qualche modo precorse questo clima culturale e letterario, tra gli autori italiani che a vario titolo possono essere sommariamente classificati sotto l’etichetta del Neorealismo possiamo ricordare:
- Cesare Pavese, autore tra l’altro de La Luna e i falò, La bella estate e Il mestiere di vivere, che nella sua attività presso la casa editrice Einaudi, tradusse molte opere di Hemingway, al quale il Neorealismo si ispirò, nei temi e nello stile;
- Elio Vittorini, autore di Uomini e no, che fu un altro grande traduttore di testi letterari americani e operò una vasta attività di scouting editoriale nell’ambito della collana I Gettoni di Einaudi;
- Italo Calvino, che nel suo romanzo d’esordio, Il sentiero dei nidi di ragno, definì il neorealismo come “un insieme di voci, in gran parte periferiche, una molteplice scoperta delle diverse Italie, specialmente delle Italie fino allora più sconosciute dalla letteratura”;
- Vasco Pratolini che, in Cronache di poveri amanti, esemplifica magistralmente l’ambientazione e i personaggi popolari, i temi tratti da vicende di vita vissuta e la funzione etico-morale della narrazione;
A questi autori-chiave del Neorealismo non si possono non affiancare alcuni maestri italiani della memorialistica, come Primo Levi (Se questo è un uomo) e Mario Rigoni Stern (Il sergente nella neve).
Il Neorealismo nel cinema
Le caratteristiche del cinema neorealista rispecchiano quelle della letteratura e possono essere riassunte nei seguenti punti:
- scene girate quasi esclusivamente in esterno, per lo più in periferia e in campagna;
- soggetti tratti dalla vita di lavoratori, indigenti e persone impoverite dalla guerra;
trame costruite soprattutto su scene di gente normale impegnata in normali attività quotidiane, completamente prive di consapevolezza; - un ruolo di grande importanza assegnato ai bambini che riflettono ciò che dovrebbero fare gli adulti;
- epopea della Resistenza – soprattutto in Roma Città Aperta di Roberto Rossellini (1945) - messa in pratica grazie all’alleanza tra comunisti e cattolici a fianco della popolazione;
- più in generale, grande attenzione ai problemi sociali contemporanei;
Oltre al già citato Rossellini, vanno ricordati i nomi di maestri quali: - Luchino Visconti, con Ossessione (1943), La terra trema (1948) e Bellissima (1951);
- Vittorio De Sica, con Sciuscià (1946), Ladri di biciclette (1948), Miracolo a Milano (1951), Umberto D. (1952) e Stazione Termini (1953);
- Giuseppe De Santis, con Caccia tragica (1947), Non c’è pace tra gli ulivi (1950), Riso amaro (1949) e Roma ore 11 (1952);
- Pietro Germi, con Gioventù perduta (1947), In nome della legge (1948), Il cammino della speranza (1950) e Il ferroviere (1956);
- Federico Fellini con I Vitelloni (1953) e La strada (1954).
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il Neorealismo: un percorso interdisciplinare tra letteratura, arte e cinema
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