Il Giardino dei Ciliegi di Čechov per Peter Brook
- Autore: Antonio Pizzo
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2004
La casa editrice ETS ha fra le sue pubblicazioni una collana intitolata “Narrare la scena – Esercizi di analisi dello spettacolo”. Si tratta di monografie dedicate a spettacoli teatrali che hanno rivestito e rivestono ancora una particolare importanza nella storia dell’intramontabile arte del palcoscenico.
Ci siamo già occupati di Rosmersholm di Ibsen per Eleonora Duse, e adesso è il turno di un classico del teatro russo: Il Giardino dei Ciliegi di Čechov per Peter Brook (ETS, 2004) di Antonio Pizzo che analizza l’opera di Anton Čechov, nella messa in scena di Peter Brook, grande regista di nascita londinese ma figlio di ebrei russi, purtroppo scomparso un anno fa.
Come è noto, Il Giardino dei Ciliegi, ultima opera di Anton Čechov, fu l’ennesimo frutto della sua collaborazione con Konstantin Stanislavskij e Vladimir Nemirovič-Dančenko per il Teatro d’Arte di Mosca. Collaborazione non sempre facile, se partiamo dal presupposto che, in realtà, l’idea iniziale di Čechov era quella di scrivere una commedia, una specie di dramma giocoso: fu poi Stanislavskij a dare al dramma la connotazione cupa e tragica che da subito lo caratterizzò nell’immaginario degli spettatori e di molti dei registi che lo affrontarono in seguito. La sua lettura del testo di Čechov fu estremamente accurata, attenta all’allestimento, sia in termini di scenografie e costumi che del ricco corredo di rumori fuori scena. Quanto alla recitazione, il metodo Stanislavskij insegnato ancora oggi in molte scuole di teatro prevedeva la totale immedesimazione nel personaggio, fino a immaginarne la vita passata, presente e futura anche al di là del dramma stesso.
Peter Brook si confronta con il dramma cechoviano nei primi anni Ottanta, con il piglio coraggioso di chi ha già affrontato molteplici esperienze di vario genere. Dal 1942, anno del suo primo allestimento teatrale con il Dr. Faustus di Marlowe, possiamo citare cortometraggi, regie di opere liriche e perfino spot pubblicitari. Per quanto riguarda il teatro di prosa, dopo un’iniziale predilezione per Shakespeare (notevole il “Tito Andronico” del 1955 con Laurence Olivier) vale la pena di ricordare la sorta di zibaldone denominato Il Teatro della Crudeltà (1964), e il lunghissimo Mahabharata del 1985.
Una cronologia abbastanza precisa della sua vita e delle sue opere si trova comunque in appendice a questo volume. Rovesciando completamente la visione stanislavskiana, Brook posiziona i suoi attori in una scena scarna, essenziale, priva di suppellettili, in cui gli ambienti sono lasciati all’immaginazione degli spettatori, in un curioso contrasto con l’accuratezza dei costumi.
Il luogo prescelto è Les Bouffes du Nord, teatro parigino quasi in disfacimento del quale Brook assume la direzione, e i cui interni lascia spogli, senza restaurare l’intonaco e destinando agli attori anche una parte della platea. Jean-Claude Carrière, coadiuvato dalla suocera di Brook, la russa Luisia Lavrova, cura la traduzione del testo in francese, che prevede ovviamente diversi adattamenti e qualche taglio. La ricerca di immedesimazione di Stanislavskij lascia il posto a un approccio “stratificato”, quasi di “straniamento”, nel quale convivono l’attore e il suo personaggio, accentuando la sensazione di “teatro nel teatro” non nuova alle opere di Čechov. A ciò contribuisce l’uso molto minore dell’azione scenica, e la già citata totale assenza di mobili che lascia gli attori a interagire con dei semplici tappeti poggiati a terra o appesi al soffitto.
Molto ricco, questo pur breve saggio di Antonio Pizzo, che inizia con il tracciare un dettagliato racconto della carriera teatrale di Peter Brook per poi passare, nella seconda parte, ad analizzare il testo di Čechov. La terza parte, la più importante, riguarda un’accurata descrizione di quella messa in scena che costituisce l’argomento principale di questo libro. Segue una breve antologia di scritti critici riguardanti lo spettacolo, e, prima della bibiliografia, un’utile cronologia della vita e delle opere del regista.
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Un libro perfetto per...
A chi ama visceralmente il teatro e ha già una certa cultura sull’argomento, e a chi ne ha fatto il suo studio o la sua professione.
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