Chiariamo subito un punto: il racconto breve non è il parente povero del romanzo; non è neanche il suo fratellino minore. Per precisione, specifico che per “racconto breve” intendo quello che si sviluppa in poco spazio, da poche righe a qualche pagina. Se fosse più lungo potrebbe già avere caratteristiche tipiche del romanzo, con una struttura e l’utilizzo di tecniche letterarie in uso.
Lo scrittore principiante spesso fa le sue prime sperimentazioni proprio con il racconto. Qui voglio subito fare una riflessione: il principiante, proprio perché non ha esperienza e conosce poco o nulla del “fare letteratura”, potrebbe, a causa o forse grazie alla sua innocenza, creare un nuovo genere, una novità, un modo diverso di narrare. Vediamo pure questa cosa come un’eccezione, da non sottovalutare, però. Andiamo avanti... Desidero infatti chiarire un secondo punto importante: il racconto non nasce inizialmente come testo creativo-letterario. Avete capito bene: non nasce come letteratura. Da principio il raccontare, vecchio quanto il mondo, era dire i fatti, le cose accadute e il modo in cui erano successe: era informare. Salvo poi che la verità era “arricchita” dalle persone che di volta in volta riferivano quei fatti... Ma questa è un’altra storia! Comunque, il racconto diventa creativo nel momento in cui l’autore decide di usare invenzioni e tecniche letterarie, artistiche. Ma, attenzione: le tecniche non sono sempre state le stesse in tutte le epoche. Ecco che, dunque, uno scrittore potrebbe voler inventare qualcosa di nuovo o riferirsi al passato, nessuno glielo può vietare. In effetti dobbiamo considerare che l’arte ha tratto giovamento spesso proprio infrangendo le regole date in precedenza. Da questo deduciamo che un racconto si può certamente scrivere in un certo senso “in barba “ alle regole comunemente adottate nel momento attuale. Alcuni validi esempi di racconto non creativo sono presenti nell’ottimo libro “Il circolo dei contastorie” di Jean-Claude Carrière, da me recensito tempo fa per questo sito, in cui l’aspetto filosofico e il significato sono gli aspetti importanti.
Uno scrittore può liberamente scegliere “come” narrare il suo racconto, perché egli può anche aver inventato un nuovo modo: chi siamo noi per dire il contrario? Il racconto è una perla, può essere l’ingrandimento di un particolare; il protagonista può anche non esserci (magari è una realtà virtuale); il protagonista può essere la nebbia, per esempio, e la vicenda essere narrata dal suo punto di vista (sì, da quello della nebbia!). Chi siamo noi per dire che l’autore non doveva scrivere dal quella prospettiva? Il racconto può essere brevissimo, e incisivo a volte più di un romanzo lungo e annacquato. In esso è importante l’idea ed è importante il significato, certo più dell’andare a soffermarsi sull’uso o meno delle tecniche “canoniche” attuali: bisogna gustarsi la cosa in sé, senza prevenzioni tanto puntigliose, quanto a volte inutili e dannose per il piacere stesso della lettura. Il significato ci lascia l’emozione e dà valore al racconto. Se ci soffermiamo troppo sul modo, non vediamo il resto. Mi sembra importante a questo punto parlare di altri aspetti notevoli: quelli che sono indicati come “espedienti letterari”. In particolare voglio citare quello del sogno, utilizzato anche da grandi autori. A volte esso è considerato scontato, troppo utilizzato, ma in casi specifici è assolutamente adatto e addirittura doveroso, al fine dell’efficacia di “quella” narrazione in particolare: dunque dobbiamo leggere il contesto e non fare di tutta l’erba un fascio. Un’altra cosa importante nel racconto breve è l’utilizzo dei lemmi che, proprio per lo spazio limitato, potrebbero essere sostitutivi in un certo senso di tecniche letterarie più complesse che utilizziamo nel romanzo, che invece ha più ampio respiro come estensione anche fisica: così almeno la vedo io. Il racconto espresso in poche righe o poche pagine può grandemente giovarsi anche di parole ripetute, cacofoniche, di giri di parole, perché no, se il contesto lo richiede, sempre al fine dell’efficacia. L’autore usa termini che, letti in altro contesto, possono apparire sballati o non corretti ma che, calati in quella narrazione, devono esserci, sono voluti: per impressionare, per far sorridere, per creare un momento di ostacolo mentale, per provocare o per altro scopo che lo scrittore ritiene opportuno. Nel racconto breve possono anche non esserci dialoghi. La struttura, le tecniche e le invenzioni letterarie tipiche del romanzo qui possono non valere, se il racconto in oggetto si individua più come “non letterario” che come “letterario” ed è espresso come i racconti erano in definitiva all’origine. Dunque non bisogna “mostrare” nel racconto? Non ho certo detto questo, ci mancherebbe. Il mostrare è ottima tecnica, ma dobbiamo considerare che non si è sempre utilizzata, dato che essa è invenzione relativamente recente, e che non è legge alla quale non vi si possa sottrarre. Il mostrare è valido certamente, non potrei dire il contrario: ci sarebbe da scrivere un libro in proposito e qui non abbiamo spazio. Tuttavia non si può non considerare che altri modi, altre tecniche o anche nessuna tecnica può esservi alla base di un racconto di questo tipo, dove lo spazio per “espletare” le regole canoniche non c’è proprio, fisicamente. Mi sento di difendere il racconto breve che viene a volte demonizzato, altre volte non capito, altre volte ancora è incomprensibile da chi non sa che esso nasce, e lo ripeto, come narrazione “non letteraria”; a questo punto capiamo definitivamente che le tecniche creative possono qui anche non essere presenti e attuate, utilizzate. Nel racconto breve è presente principalmente la ricerca di novità originali e la storia, del narrare proprio in questo modo, ha tratto motivi di crescita e occasioni di evoluzione. L’espressione del racconto breve difende in un certo senso la libertà di espressione e l’individualità di ogni scrittore.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il racconto, il racconto breve: un’analisi e alcune considerazioni
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Buongiorno,
ho letto di questo post solo due anni dopo il suo essere stato pubblicato, mentre cercavo indizi sul racconto breve. Ho molto apprezzato il suo commento a riguardo, non sa quanti lo considerino, come detto da lei, "il parente povero del romanzo". Volevo solo dire questo. Grazie.
Grazie a lei per avere letto con interesse e attenzione l’articolo. Mi fa piacere che sia stato di suo gradimento.