“Il Serenissimo borghese” (2017, pp. 220, euro 16,00) pubblicato per la prima volta da Edizioni Segno nel 2012 viene ora rieditato da Arkadia Editore nella collana Eclypse redatto dall’autore friulano, laureato in Storia del Diritto Romano all’Università Cattolica di Milano, Alberto Frappa Raunceroy.
La narrazione è ispirata alla tragica caduta della millenaria Repubblica di San Marco, così come fu vissuta dalla famiglia dell’ultimo Doge veneziano, Lodovico Giovanni Manin (Venezia, 14 maggio 1725 - Venezia, 24 ottobre 1802).
La raffinata copertina del volume, che conduce il lettore attraverso le pagine di un grande romanzo storico, classificato secondo nella sezione Narrativa al Premio Nazionale Mario Soldati 2012 di Torino, è un particolare del dipinto Re Gustavo II di Svezia e i suoi fratelli di Alexander Roslin (1771).
“27 dicembre 1788. Lo sciabordio dei remi si disfaceva in un disordine di tonfi sordi al diminuire dell’andatura del burchiello, che procedeva a scatti, ostacolato dal ghiaccio sulla superficie della laguna: lo scafo gemeva, come raschiato da lame di rasoi”.
Ecco la Venezia della fine del Settecento con la sua atmosfera unica e sullo sfondo la società dell’epoca, accanitamente impegnata a non perdere i propri secolari privilegi e a non voler cambiare mai. Non è certo un caso se Alberto Frappa Raunceroy pone come esergo del libro una frase tratta da “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa:
“Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti Gattopardi, sciacalli e pecore, continueremo a crederci il sale della terra”.
Nel romanzo, tra i tanti personaggi perfettamente tratteggiati spicca quello di Elisabetta di Giannantonio Grimani, moglie del Doge, chiamata perciò la Dogaressa, donna molto sensibile, che contrasta con l’imperturbabilità del consorte.
“Non amava il Friuli ma, soprattutto non amava la villa, dove aveva trascorso giorni tristissimi prima e dopo la perdita della sua unica figlia”.
“Il Serenissimo borghese” costituisce un episodio emblematico nella narrativa italiana degli ultimi anni. Sono centinaia, forse migliaia, i titoli ambientati a Venezia e toccano ambienti ed epoche molteplici; nessun romanzo, tuttavia, prima di questo libro aveva osato affrontare il tabù delle “ore maledette”: i giorni della caduta della Repubblica di San Marco, occupata e umiliata da Napoleone Bonaparte. Un incantesimo è stato lanciato; un velo oscuro ha coperto quei momenti tanto che, dopo Ugo Foscolo e Ippolito Nievo, che ne parla ne “Le memorie di un italiano” (1867), quasi nessuno aveva osato sollevare quel velario coperto di vergogna e imbarazzo.
Alberto Frappa Raunceroy ha osato sfidare quella maledizione iconoclasta lanciata oltre due secoli fa e ha riportato a galla con coraggio anche la storia famigliare di Lodovico Manin, l’ultimo Doge, il “dannato”. Quel “Serenissimo borghese” che fu accusato di ogni nefandezza, bersagliato d’insulti e, soprattutto, di non avere difeso Venezia dalla protervia militare di un giovane Napoleone.
“Il Serenissimo borghese” è una grande rievocazione storica ma anche la riabilitazione umana e politica di un uomo condannato dalla storia. Il Doge, morto nel 1802, venne sepolto nella cappella di famiglia presso la Chiesa di Santa Maria di Nazareth o Chiesa degli Scalzi.
“Gli appariva allora di una disperata evidenza come la sua vita fosse stata un fallimento”.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: In libreria “Il Serenissimo borghese” di Alberto Frappa Raunceroy, un grande romanzo storico
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