Il prossimo 8 novembre il popolo americano si recherà alle urne per decidere il nome del 45° presidente degli Stati Uniti d’America. A pochi giorni dal voto è testa a testa nei sondaggi tra la candidata del partito democratico, la favorita Hillary Clinton e il candidato del partito repubblicano, il tycoon Donald Trump. “Triste America” (Neri Pozza, 2016, pp. 208, euro 16,50, titolo originale Triste Amérique, traduzione di Alberto Folin) di Michel Floquet è il ritratto di un impero in avaria, svilito da una estenuante campagna elettorale durata un anno e mezzo segnata da fango, veleni e scandali.
L’autore, noto reporter francese, diplomato alla Scuola di Giornalismo di Lille, ha lavorato più di trent’anni per il canale generalista privato francese TF1. Michel Floquet ha ricoperto la posizione di capo reporter di Infos Géné e di corrispondente dall’estero e redattore capo per 20H. Inoltre nel 2011 è stato inviato a Washington in veste di corrispondente capo di TF1, di cui è diventato vice direttore nel febbraio 2016. Il giornalista/scrittore scrive un libro che, lontano dai cliché sugli Stati Uniti, racconta una triste verità, quella su di un Paese della corsa permanente al dollaro, del ciascuno per sé, senza pietà per i poveri.
Il libro
L’America riempie il nostro immaginario come nessun altro Paese. Non vi è giorno in cui, in Europa e in altri luoghi del mondo, non venga celebrata la più grande democrazia del mondo, il Paese della libertà dove tutto è possibile, la terra di principi dove tutti sono uguali davanti alla legge. Ma le cose stanno davvero così, oggi, a distanza di secoli da quel 4 luglio 1776 in cui nacque questo “Grande Paese”? Michel Floquet ha attraversato in lungo e in largo gli Stati Uniti d’America e, armato di fonti, testimonianze, documenti, ha scritto un libro che è il ritratto di un paese sull’orlo del disastro. I più ricchi, negli Stati Uniti, non sono l’1 ma lo 0,1 per cento della popolazione. Centosessantamila famiglie circa, che detengono da sole quasi un quarto della ricchezza nazionale. Una casta di nababbi che è unica al mondo, e ha equivalenti soltanto all’inizio del secolo scorso.
Secondo il principio tutto americano
“Meno pago le tasse, più sono ricco e più posso dare”
i ricchi pagano tra il 15% e il 20% delle tasse, mentre i loro dipendenti e i salariati in generale tra il 25% e il 30%. Ogni giorno, nella vita quotidiana del Paese, manca un milione e mezzo di uomini neri. Sono in prigione o morti prematuramente, per lo più per omicidio. Nella fascia d’età tra i venticinque e i cinquantaquattro anni manca addirittura un uomo su sei. È praticamente il tasso di perdite di un conflitto. In America, un adulto su cento si trova in carcere. Un prigioniero su quattro, nel mondo, è americano. Nessuno fa meglio di così. Né la Cina, né la Corea del Nord e neppure l’Iran.
Vi sono undicimila morti in media all’anno per colpi di arma da fuoco. Circa novantamila feriti. Dal 1968 a oggi, più di un milione di persone sono state uccise con armi. Il tasso di abbandono scolastico supera il 50 per cento. Alla fine del ciclo scolastico, appena il 40% degli allievi raggiunge il livello sufficiente per passare all’insegnamento superiore, col risultato che il Paese è costretto a importare cervelli dall’estero. Ogni anno il governo americano, che non fa nulla per i più indigenti, lasciati alle benevole cure della carità defiscalizzata, spende la metà del budget del paese in campagne militari fallimentari. Riassumendo dati inoppugnabili, viaggiando nel cuore dell’America più profonda, ritrae un paese che ha perduto la sua potenza creatrice, quindi un impero in avaria, che inciampa sui suoi vecchi demoni, incapace di reinventarsi.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: In libreria “Triste America” di Michel Floquet per comprendere le presidenziali USA 2016
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