Coltivatrice di rose, la scrittrice Cristina Caboni vive con il marito e i tre figli in provincia di Cagliari, dove si occupa dell’azienda apistica di famiglia. Il suo romanzo d’esordio, Il sentiero dei profumi (Garzanti, 2014), è diventato un bestseller in cima alle classifiche per mesi sia in Italia che all’estero. Ha pubblicato in seguito La custode del miele e delle api (Garzanti, 2015), Il giardino dei fiori segreti (Garzanti, 2016) – Premio Selezione Bancarella 2017 –, La rilegatrice di storie perdute (Garzanti, 2017), La stanza della tessitrice (Garzanti, 2018) e La casa degli specchi (Garzanti, 2019).
Il profumo sa chi sei: l’ultimo romanzo di Cristina Caboni
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Cristina Caboni è recentemente tornata a raccontarci dei profumi e della natura, portandoci alla scoperta della vera essenza dei profumi là dove sbocciano.
Come nel suo romanzo d’esordio, con l’ultimo libro Il profumo sa chi sei (Garzanti, 2020) riscopriamo le proprietà delle essenze e delle loro origini attraverso il ritorno dell’amata protagonista Elena Rossini.
Chiara Albertini l’ha intervistata per Sololibri:
- Arte come forma di libertà: credi anche tu che un’espressione artistica non debba rispettare leggi o regole precise, né affidarsi a coordinate spazio-temporali prestabilite? La tua libertà nell’”incontrare” la scrittura si è manifestata in età, diciamo pure, “matura”… ad ogni modo, hai mai tentato in giovane età un timido approccio verso quest’ultima, anche in solitaria? Inoltre, esiste un luogo, un posto e un momento specifico da dedicare alla stesura, o anche qualche tua peculiarità o “rituale” che vuoi rivelarci?
Da bambina, in prima elementare, avevo scritto due brevi racconti, diciamo pure due favole, ma prima di iniziare a scrivere non avevo fatto niente, perché non avevo abbastanza fiducia in me stessa, non credevo di avere le capacità, per cui ho osato scrivere solo dopo aver intrapreso un percorso di studio che mi ha portato ad affinare una tecnica che comunque mi era già stata data in parte con gli studi al liceo classico. Tornando al concetto di arte, penso che se vuoi comunicare qualcosa, devi utilizzare un codice, e immagino che uno scrittore abbia magari più spazio, perché tutto quello che è visivo non ha necessità di avere un codice, come, per esempio, è quello della musica che sono le note, e quello della scrittura sono le parole. Se tu vuoi che qualcuno ti comprenda, devi fare in modo che il tuo racconto, la tua comunicazione avvenga attraverso un codice comprensibile. Per cui, c’è la necessità di avere un codice e che questo codice sia ben comprensibile, affinché il lettore possa comprendere il tuo messaggio. La scrittura è una forma d’arte sicuramente, e tu puoi esprimerti come vuoi, ma devi sempre tenere in considerazione che se devi farti capire, devi anche fare in modo che il tuo lettore comprenda quello che devi dire.
- Natura come legge universale in cui riconoscersi: leggendo anche solo i titoli dei tuoi romanzi, si evince all’istante il legame che senti con l’ambiente e il paesaggio circostanti, si avverte il rapporto che instauri con determinati luoghi e ambientazioni per te evidentemente fondamentali e identificativi della tua personalità e del tuo modo di tradurre la realtà che viviamo e l’animo umano attraverso la parola. Che valenza assume tutto ciò?
Ho avuto il privilegio di crescere per gran parte dell’anno con i miei nonni che abitavano in campagna, e questo ambiente tipico della campagna sarda con estati molto calde, dove la casa dei miei nonni era circondata dai giardini, dagli orti, dove avevamo le api e c’erano le galline, praticamente era una fattoria, ha sicuramente segnato profondamente la mia scala di valori, tutte le cose che sono effettivamente importanti, quelle che ti fanno stare bene. Per me il piacere deriva spesso dalle cose più semplici, soltanto che noi tutti, in generale, ci diamo sempre tanto da fare per avere le cose più complicate, difficili, quando invece la vera soddisfazione possiamo averla dalle cose molto più semplici. Ecco, la natura è proprio questo, è così, ci fornisce tutta una serie di possibilità e di opportunità che poi sta a noi riuscire a coglierle. Penso che tutti noi, come essere viventi, abbiamo bisogno di un luogo dove poter prosperare e questo luogo particolare ce lo fornisce la natura, e quando siamo sulla stessa lunghezza d’onda, quando apriamo gli occhi e vediamo e guariamo, tutto può esserci di aiuto, tutto ci arricchisce.
Sento di aver smarrito la strada.
Ho bisogno della calendula per ritrovare coraggio.
E del giglio per credere in me stessa.
Perché solo i profumi hanno tutte le risposte.
- Se fossi vissuta in un altro contesto ambientale, quali sono i paesaggi o i luoghi, i posti che avrebbero plasmato la tua vita reale? Ce n’è uno in particolare? Hai mai immaginato di poter vivere altrove? Se sì, avresti rapportato questo tuo pensiero o desiderio alla stesura di un tuo romanzo?
Ti confesso che ho da sempre un grande desiderio, ed è quello di poter riuscire a vivere al mare, per cui ogni volta che penso a un posto o a un luogo dove mi piacerebbe stare è sicuramente il mare. E soprattutto, il mare d’inverno, in quanto non amo viverlo particolarmente d’estate, preferisco assaporarmi un mare dall’atmosfera, per così dire, più intima e “tranquilla”, dove andare a passeggiare, dove sedermi a leggere, dove soffermarmi semplicemente a guardarlo, ad ascoltare il suono delle onde, a sentirne il profumo…
- Percezioni sensoriali: quanto sono importanti per te? Tradurre il linguaggio del proprio corpo in un veicolo profondo di espressione e comunicazione verso gli altri (ma anche verso se stessi) rende più vera e maggiormente densa, “corposa” la stesura stessa di una storia? Rappresentano un valido “messaggio” interiore, intimo in grado di veicolare sentimenti e pensieri universali?
L’olfatto è a mio avviso uno dei sensi più trascurati, ma personalmente sono molto attenta all’olfatto perché il mio lavoro di apicoltrice richiede necessariamente che si annusi tutto, da quando apri la cassa dell’alveare ogni singola cosa passa attraverso l’atto dell’annusare, perché devi renderti conto se la famiglia delle api sta bene, per cui si è molto più attenti a questo aspetto rispetto a tutti gli altri che invece vivono di immagini, di suoni e raramente si rendono conto che esiste anche l’olfatto. Avere la consapevolezza che tutto quello che ti circonda ha un odore, un profumo, ti dà anche il modo di vedere tutto ciò che ti circonda con altri occhi, si è molto più attenti, vigili e di conseguenza cambi completamente il tuo modo di vivere perché sei più consapevole di tutto quello che ti circonda. E quando tu prendi in considerazione le cose, le cose per te esistono.
- Potere dell’immagine: quanto è determinante per te la “visione” di una scena, di un’atmosfera particolare, o anche solo di un semplice dettaglio?
Per me è indispensabile, nel senso che sono una persona molto visiva, quando descrivo una scena è perché la scena la vedo, solo dopo che la vedo riesco a tradurla, a codificarla, a raccontarla.
- Rapporto con i personaggi: quanto esiste in loro della Cristina che conosciamo? Credi che, anche se non si scrive in forma espressamente autobiografica, i protagonisti di una storia narrata siano il riflesso, in toto o in parte, di colui/colei che scrive l’opera? E come instauri l’intimo “dialogo” che hai con loro?
Bisogna pensare che lo scrittore sia un tramite, e dunque il personaggio non è lo scrittore, ma nello stesso tempo il personaggio utilizza gli strumenti che lo scrittore possiede, per cui in qualche maniera lo rappresenta. È difficile separare lo scrittore dal personaggio, però è impossibile pensare che il personaggio sia lo scrittore. Il fatto che ne utilizzi gli strumenti, come gli occhi o l’immaginazione, fa in modo che ci sia un legame tra loro. Se devo prendere in considerazione tutte le mie protagoniste, non posso dire che mi somiglia più una o un’altra, ma posso affermare che condivido con alcune di loro delle emozioni, ad esempio, con Angelica condivido la percezione della natura, con Elena magari l’ottimismo, con le gemelle l’amore per i fiori e il fatto di poter toccare la terra, di sentire la necessità di toccarla. Se vado a pensare a un personaggio specifico che mi rappresenti, onestamente non credo che sia nessuno di loro, anche perché lì c’è una parte di magia che è quella di saper lasciare il proprio corpo al personaggio affinché lui possa esprimersi al meglio, una sorta di possessione, chiamiamola pure così.
- Scrittura come “entità”: cosa rappresenta per te? Cosa è stata ed è capace di lasciarti ogni volta? E ti ritieni una donna “diversa” da quando è entrata a far parte della tua vita? Inoltre, riconducendo il tutto a un legame personale, che ruolo (madre, figlia, sorella, amica…) riveste per te la scrittura? E tu verso di lei, quale ruolo incarni?
Onestamente, non ho mai pensato che la scrittura potesse essere “materna” o un qualcosa sulla quale io possa esercitare una specie di potere, di influenza, che possa aiutarla per così dire, per cui no, non ho mai avuto una percezione simile. Come ti accennavo, per me la scrittura è proprio un codice, un qualcosa che rappresenta la possibilità di esprimermi, un po’ come se fossi una pianista che sceglie di esprimersi avvalendosi delle note del pianoforte. Personalmente, lavoro davvero molto sulla scrittura, da quando inizio a scrivere una storia ci ritorno su più volte fino alla fine, perché sono una persona che non è mai troppo convinta e non è mai contenta, per cui cerco sempre di migliorare il tutto. Anche a pubblicazione avvenuta, se mi capita di rileggermi, individuo sempre un dettaglio o qualcosa che magari avrei potuto cambiare o perfezionare.
- Un titolo da scegliere: esiste un tuo romanzo che porti particolarmente nel cuore, che ti ha suscitato più emozioni, sensazioni, o perché no, resa più completa e fedele a te stessa? Se sì, puoi dircelo?
Il titolo in cui mi riconosco di più è sicuramente La casa degli specchi. La scrittura propone sempre qualcosa di nuovo, e c’era questa novità, questo luogo pieno di specchi, questa casa sulla scogliera che mi aveva dato immediatamente il titolo; inoltre, questi specchi per me sono importantissimi perché mi permettono di utilizzare questa sorta di metafora - lo specchio come un riflesso - ed io ci trovo tanto di me nello specchio. Anche il libro stesso, in fin dei conti, è un po’ il riflesso di chi lo legge.
- Hai mai pensato a una trasposizione cinematografica di una tua opera? Se sì, quale vorresti fosse tradotta sul piccolo o grande schermo?
Riguardo alla trasposizione cinematografica, c’è stato dell’interesse precedentemente, però adesso è tutto molto duro e faticoso a causa del momento complesso che stiamo vivendo, perché la presenza di questo virus ha permesso che le cose in generale cambiassero molto, la crisi economica che c’era già prima ora si è acuita, e anche dal punto di vista editoriale e cinematografico questa crisi è un po’ più forte.
- Romanzo e racconto: hai mai pensato di rivolgerti anche alla seconda forma espressiva o resterai sempre fedele al romanzo in futuro? Ad ogni modo, ti affideresti mai al racconto per narrare una tua storia? E infine, hai mai desiderato scrivere un libro per bambini?
Con il racconto ho avuto a che fare per anni, perché prima di scrivere romanzi scrivevo racconti per diverse riviste nazionali, e lì ho imparato a scrivere grazie a questa forma di narrativa breve.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Cristina Caboni, dal bestseller “Il sentiero dei profumi” all’ultimo romanzo “Il profumo sa chi sei”
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