Domenico Starnone, nato a Napoli nel 1943, ha fatto a lungo l’insegnante ed è stato redattore nelle pagine culturali de Il Manifesto. Ha pubblicato romanzi e racconti incentrati sulla vita scolastica, editi da Feltrinelli, da cui sono stati tratti i film La scuola di Daniele Luchetti, Auguri professore di Riccardo Milani e la serie televisiva Fuori classe. Si è distaccato dai temi scolastici con libri come Il salto con le aste (1989, ET Scrittori 2012), Segni d’oro, Eccesso di zelo e Denti da cui Gabriele Salvatores ha tratto l’omonimo film.
Nel 2001 ha vinto il Premio Strega con il romanzo Via Gemito, cui sono seguiti, sempre per Feltrinelli, Labilità (2005, Premio Castiglioncello) e Prima esecuzione (2007). Nel 2010 ha pubblicato per Minimum Fax Fare scene. Per Einaudi ha pubblicato Spavento (2009, Premio Comisso) e Autobiografia erotica di Aristide Gambia (2011).
Nell’autunno del 2014 è uscito Lacci (Einaudi) intensa e veritiera cronaca di un matrimonio, prima sciolto a causa di un tradimento e poi ricomposto. Un romanzo stringato, senza una parola di troppo, protagonista una famiglia napoletana che si muove tra la metà degli anni Settanta e il presente, capace di lasciare una profonda traccia nel lettore. I coniugi Aldo e Vanda e i loro figli Sandro e Anna portano in scena attraverso l’abile penna di Starnone un dramma sempre attuale come resta attuale nell’uomo la ricerca della felicità. Costi quel che costi.
“Ma forse non ti interessa più invecchiare con me, non ti interessa nemmeno veder crescere i tuoi figli. È così? È così?”
- “Abbiamo imparato entrambi che per vivere insieme dobbiamo dirci molto meno di quanto ci nascondiamo”. Quanto è costato ad Aldo rinunciare al suo grande amore?
Il prezzo della rinuncia è sempre la tristezza. Aldo diventa un uomo triste.
- “Papà è tornato per mamma, per me, per te. E noi tre abbiamo voluto che tornasse. Chiaro?” Quanto ha inciso nei figli il lungo periodo di separazione tra Aldo e Vanda?
I bambini fanno fatica ad acquisire l’idea di tempo e di stabilità nel tempo. Vivono a lungo nell’ansia che i genitori svaniscano non solo oltre la porta di casa ma anche semplicemente nell’altra stanza. La separazione dei genitori dà concretezza a quell’angoscia primaria. Cresce il senso di precarietà, ci si sente responsabili del disastro. Sandro e Anna, i due bambini del racconto - Anna soprattutto -, si sentono in colpa, perché sono spaventati dall’infelicità della madre e attratti dalla felicità del padre.
- Il romanzo dimostra come quei legami, anzi quei lacci che si sviluppano all’interno di una famiglia, simboleggiati dall’illustrazione di Jonathan McHugh sulla copertina del volume, sono pieni di nodi irrisolti. Ce ne vuole parlare?
I legami familiari sono tra i più robusti: i membri di una famiglia hanno un lessico e abitudini comuni, uno sguardo comune sul mondo, un rapporto di permanente mutuo soccorso. Questo da un lato rassicura, cosa che rende sempre più indispensabile il legame, dall’altro ingabbia, cosa che genera il bisogno di spezzare i lacci. Non sono solo i figli a sognare presto di avere altri genitori, regine e supereroi, o di fuggire da casa per vivere mille avventure. I genitori, più di loro, covano desideri di fuga: ricominciare daccapo, avere altre vite. La follia in agguato nella famiglia si nutre di questo urto tra una disciplina rassicurante che imbriglia i desideri e il bisogno di dar libero corso alla gioia di vivere.
- Ciò che accomuna i personaggi del romanzo è che non sono né buoni né cattivi ma ricchi di sfumature come nella vita reale. È anche questo uno dei punti di forza?
Il bene e il male, i buoni e i cattivi, sono vecchi trucchi che ci semplificano l’esistenza, specialmente quando dobbiamo dare un ordine alla folla delle emozioni e dei sentimenti. I bisogni dei nostri corpi sono complicati e contraddittori, ce la caviamo semplificando. Ma il compito di un racconto dovrebbe essere sempre spazzar via trucchi e semplificazioni.
- Il romanzo dimostra ancora una volta la potenza che ha l’istituto della famiglia, soprattutto nel nostro Paese a maggioranza cattolica. Ipocrisia o opportunità, il matrimonio resta, l’amore passa?
La tradizione letteraria ha quasi sempre posto l’amore fuori del matrimonio (si diceva: l’amore è furto), anche quando il quadro storico si è modificato in meglio. La verità è che ciò che in genere passa presto è l’amore-passione. Resta però l’affetto, che spesso tiene in piedi i matrimoni più dell’ipocrisia, più dell’opportunismo, più di una gestione accorta delle menzogne.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Domenico Starnone, tornato in libreria con “Lacci”
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