Emmanuelle de Villepin è nata in Francia nel 1959. Giovanissima si è trasferita a Ginevra, dove si è poi laureata in legge, e quindi a New York. Dal 1988 vive a Milano con il marito, Rodolfo De Benedetti, e le loro tre figlie.
Presso Longanesi ha già pubblicato il romanzo Tempo di fuga (2006) e La ragazza che non voleva morire (2008).
Photo credit: Neige De Benedetti
Nel novembre del 2013 è uscito La vita che scorre (Longanesi), vincitore del Premio Letterario Nazionale Rapallo-Carige per la Donna Scrittrice, romanzo intimo e profondo dedicato “a mio padre, a Lisa”. Partendo da alcuni versi di Apollinaire “un omaggio, forse, alla mia nazionalità francese”, Antoine Rousseau nel giorno del suo compleanno volge il proprio sguardo indietro, al passato. “Non mi sono mai sentito braccato dalla vecchiaia”. È l’occasione per fare un bilancio e per ripercorrere gli episodi più salienti del “secolo breve”, che si è macchiato di crimini orrendi e insensati. Attraverso due figure di personaggi indimenticabili, Antoine e sua figlia Elisa, la talentuosa autrice pone in risalto sentimenti universali quali il dolore, il coraggio e la determinazione.
Scorrono in tal modo pagine di straordinaria sensibilità nelle quali emerge una denuncia pacata ma ferma contro qualsiasi forma di emarginazione e discriminazione.
”Sopravvivere vuol dire aver perso tutto, vivere “sopra”, vivere veramente vuol dire vivere dentro, vuol dire avere radici, una linfa di cui nutrirsi. È molto diverso trovarsi appoggiato “sulla vita” come una protuberanza”.
- “Les hommes naissent libres et égaux en droit. Après, ils se démerdent”. “Gli uomini nascono liberi uguali. Dopodiché, sono affari loro”. Signora de Villepin, per quale motivo ha scelto una frase del regista, sceneggiatore, compositore, produttore cinematografico francese Yean Janne come esergo del volume?
Solo questa frase poteva essere quella del mio libro. Il romanzo parla di tragedie umane vissute da personaggi fortissimi, combattivi. Non ho scelto di raccontare la vita di persone vinte, Antoine e sua figlia Elisa non si arrendono mai, anche se le avversità che devono affrontare sono tante: il primo resta orfano in tenera età, la seconda è costretta a vivere su di una sedia a rotelle. La loro è una storia di lotta.
- “Ho settantacinque anni, una famiglia di cui ho deciso di parlare, molti ricordi di cui mi vergogno e qualcuno che mi riscatta”. Chi è Antoine e per quale motivo l’uomo ha deciso di mettere nero su bianco quella "accozzaglia di eventi fortuiti e di contraddizioni" che hanno composto la sua esistenza?
Per me Antoine è esattamente il vero eroe! Ha una vita densa di avvenimenti, gli capita di tutto, a volte mi vergognavo per lui, a causa di tutto ciò che gli facevo attraversare... Ma tutto questo era necessario per renderlo così empatico con la figlia. Antoine assiste la figlia, la protegge, anzi spesso previene le difficoltà di Elisa perché lui ha già conosciuto il sentimento di esclusione e tutto ciò che comporta. In un altro modo anche Antoine si è sentito escluso, si è sentito una piccola zattera in mezzo all’oceano in tempesta. Sono sentimenti che l’uomo riconosce, è per questo che il padre cerca di proteggere in tutti i modi la propria figlia. “Perché tutto questo è accaduto a me?”, si domanda ora Antoine. Forse tutta questa sofferenza ha un senso. Qual è la parte dell’uomo in questo disegno? “Qual è la mia parte?”.
- “La mia vita è trascorsa tutta sotto il segno della sopravvivenza”. Si può definire il protagonista del Suo romanzo come un combattente che “ha ostinatamente scelto” di cavarsela?
Sì, anche se in questa espressione “cavarsela” c’è qualcosa di cinico, che non mi convince. Antoine sceglie soprattutto il disegno della vita.
- “Voglio raccontare la mia vita in tre versi. Senza queste tre date, questo sarebbe un altro racconto”. Tre date (10 giugno 1944, 23 novembre 1974, 18 ottobre 1998), tre tappe basilari di un percorso vitale lungo e mai banale. Ce ne vuole parlare?
Io sono molto legata a un certo tipo di letteratura che possiamo definire un pò “demodé”, che ha una forte narrazione, perché a me piacciono le narrazioni intense. Oggi c’è la moda del rifiuto della narrazione, è una moda totalmente “proustiana”, dove bisogna analizzare fino allo stremo l’aspetto della vita o di un sentimento. Non voglio assolutamente denigrare questa corrente letteraria, perché ci sono libri straordinari su questo. Mi sono detta: “vorrei raccontare una cosa che sia molto densa”. Per fare ciò bisogna raccontare solo i fatti salienti. Questo per quanto riguarda la struttura del libro. Tutti noi abbiamo delle date fondamentali che hanno riguardato una morte, un evento clamoroso, bello, indimenticabile. Ma si sa che la maggior parte degli anniversari ricordano delle ferite, delle lacerazioni. Ma non solo. Ci sono delle date che ti colpiscono e che ti cambiano, è inevitabile. Per questo motivo volevo raccontare sotto questa forma.
- L’aver vissuto sulla propria pelle molte tragedie aiuta Antoine a comprendere la disabilità della figlia minore, Elisa, colpita da amiotrofia spinale?
Assolutamente sì. Volevo scrivere un libro che parlasse del sentimento di esclusione che si ripete spesso lungo l’arco di un’esistenza. Non ne si è mai totalmente al riparo. Un sentimento che ci rende molto fragili. Elisa è seduta mentre gli altri camminano (allora quando Elisa era piccola le barriere architettoniche erano insormontabili), Antoine è cresciuto in una famiglia che aveva un codice totalmente opposto al suo. Quindi l’uomo si rende conto delle dinamiche della figlia, non solo, le proietta, a volte esagerando. I grandi dolori o ti rendono totalmente impermeabile agli altri o ti aiutano ad avvicinarti, a comprendere gli altri. Antoine si rende conto che questo tipo di dolore può essere considerato come un’altra forma di felicità basata sulla solidarietà, sull’amore e sul comprendersi reciprocamente.
- Quanti bambini come Elisa affetti da gravi deficit neurologici ha incontrato presso il centro di riabilitazione milanese TOGETHER TO GO (TOG)?
Attraverso la Fondazione, una onlus nata alla fine del 2011 con sede a Milano, stiamo curando gratuitamente 105 bambini all’anno. Però abbiamo altri 30 bimbi in lista di attesa perché non riusciamo ad accettarli per mancanza di fondi. Le terapie da affrontare sono molto costose. Abbiamo lanciato una campagna di sensibilizzazione che termina il 13 luglio. Se inviate un sms al 45508, potete aiutare gli amici di TOG ad aiutare i bambini colpiti da patologie neurologiche complesse. Grazie! (www.togethertogo.org).
- La vita che scorre ha appena vinto il Premio Letterario Nazionale per la Donna Scrittrice Rapallo Carige. Virginia Woolf era convinta che le donne avrebbero dovuto avere un luogo riservato, “una stanza tutta per sé” per impegnarsi nella scrittura e nell’arte in generale. È un’esortazione valida ancora oggi?
Certo! Pochi anni fa mi sono ricavata un angolo in casa, tutto mio. Ho sempre scritto con tanti bambini sulle spalle, sulle ginocchia e per terra. Pensando a Virginia mi sono detta “no, ora basta, un angolo piccolo, ma tutto mio!”. È vero che tante conquiste sono state raggiunte ma tuttora non è niente facile anche per le donne scrittrici. Per noi donne rimane tutto più complicato. Il Premio Carige mi ha resa felicissima, è stata una grande soddisfazione.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Emmanuelle de Villepin, vincitrice del Premio Letterario Nazionale Rapallo-Carige per la Donna Scrittrice 2014
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