Il pensiero di Immanuel Kant (1724-1804) e le acquisizioni della Critica della Ragion pura sono un punto nodale della filosofia occidentale e uno degli scogli più impegnativi con cui gli studenti che preparano gli esami di maturità devono confrontarsi.
Per questo motivo e per comprendere le opere successive di Kant, quali la Critica della Ragion pratica e la Critica del giudizio, è utile considerare quelli che sono i concetti fondamentali, le nozioni chiave, della Critica della Ragion pura che possano facilitarne la comprensione sia al lettore interessato, sia agli studenti che spesso approfondiscono quest’opera durante la redazione della tesina, in vista degli esami di maturità.
Nei paragrafi successivi si tenta di offrire un riassunto che chiarisca quali sono le acquisizioni principali, i punti di arrivo del pensiero che Kant articola nella Critica della Ragion pura, piuttosto che le complesse vie argomentative (dimostrazioni, deduzioni, postulati), attraverso le quali tali risultati sono raggiunti.
Primi scritti critici
Partito da ricerche di carattere scientifico e antropologico (Storia universale della natura e teoria sul cielo (1755) e Osservazioni sul sentimento del bello e del sublime (1764)), nel solco della filosofia leibniziana e wolffiana, Kant si trova ad affrontare il problema di una teoria della conoscenza in grado di soddisfare le esigenze della scienza, vuole cioè spiegare, in modo più stringente rispetto ai predecessori, se e come sono possibili "conoscenze valide a priori", ovvero conoscenze valide scientificamente che permettano di affermare regole e principi di carattere universale e necessario, valevoli non solo per casi già noti e sperimentati ma, soprattutto, per casi non noti e futuri.
La domanda iniziale di Kant, se declinata su casi pratici molto comuni, sarebbe, in altri termini, di questo tenore:
“come è possibile, ad esempio, affermare che il sole domani sorgerà come ha fatto ogni giorno, da che l’uomo ne abbia memoria?”
Un primo punto d’arrivo della riflessione di Kant va individuato ne La forma e i principi del mondo sensibile e intelligibile (1770), testo meglio conosciuto come Dissertazione del ’70 dove Kant pone le premesse per tutte le acquisizioni successive, soffermandosi in particolare sulla nozione di sensazione e sui concetti di spazio e di tempo. Rimanendo fedele alla tradizione precedente, Kant afferma che la sensazione è ciò che sta tra il senziente e l’oggetto; l’uomo, in altri termini, non conosce l’oggetto in sé ma la modificazione prodotta sull’uomo dagli oggetti stessi; tale modificazione è il fenomeno. La sensazione, a sua volta consta di due parti: la materia ovvero la peculiarità di quella sensazione e la forma, ovvero una specie di legge naturale con cui vengono coordinate le varie modificazioni; le forme della sensazione sono due: spazio e tempo. Spazio e tempo non sono oggettivi, si tratta, piuttosto, di forme soggettive, condizioni della rappresentabilità delle cose per noi, quindi forme a priori della sensibilità o, anche, intuizioni pure.
Critica della Ragion Pura: le Prefazioni e l’Estetica Trascendentale
La Critica della Ragion Pura è la prima delle tre critiche scritte da Kant, pubblicata in due edizioni (1781 e 1787) e finalizzata a rispondere alla domanda «che cosa posso pensare?» ovvero, quali siano la natura e i limiti della conoscenza umana.
Tralasciando la complessa architettura dell’opera, possiamo individuare, oltre alle Prefazioni (due diverse in base alle differenti edizioni), tre sezioni principali che contengono i punti nodali dell’opera, l’Estetica trascendentale (dedicata alla sensazione), l’Analitica trascendentale (che chiarisce ciò che si può legittimamente pensare) e la Dialettica trascendentale (incentrata sugli errori della ragione e sul pensiero illegittimo).
Trascendentale è ciò “che trascende”, “che va oltre” le distinzioni in cui è suddivisa la conoscenza; il trascendentale, quindi, è ciò che, per Kant, è “esteso a tutto” il conoscibile. Quando si parla di una disciplina trascendentale, tale aggettivo indica che quella disciplina si occupa in particolare di ciò che non dipende dall’esperienza, ovvero di ciò che è prodotto dall’attività del soggetto, trascendentale è, dunque, ciò che giustifica l’a priori. Il termine “puro” può essere considerato un sinonimo di “a priori” dal momento che indica ciò che non è ricavato dai sensi ma che attiene alla struttura conoscitiva del soggetto.
Per rispondere alla domanda sulla natura e i limiti della conoscenza umana Kant tenta di fondare in maniera più oggettiva, rispetto ai tentativi precedenti, i principi della conoscenza stessa e tematizza il criticismo, come "rivoluzione copernicana" del pensiero occidentale, dove viene esaltato il ruolo della ragione umana. Proprio la Prefazione alla seconda edizione è il luogo privilegiato per comprendere tali temi dal momento che Kant si pone in stretta continuità con Galilei, Torricelli e Stahl, per affermare che
“la ragione scorge soltanto ciò che essa stessa produce secondo il proprio disegno”
e che essa procede secondo leggi precise, applicando i principi dei suoi giudizi alla natura che, in tal modo, è assoggettata al giudizio umano (rivoluzione copernicana significa anche che il soggetto diventa baricentro e protagonista dell’attività conoscitiva perché è l’intelletto, attraverso le sue leggi, a comporre e costituire il mondo dell’esperienza e non viceversa:
“È venuto il momento di tentare una buona volta, anche nel campo della metafisica, il cammino inverso, muovendo dall’ipotesi che siano gli oggetti a dover regolarsi sulla nostra conoscenza; (...) Le cose stanno qui né più né meno che per i primi pensieri di Copernico; il quale, incontrando difficoltà insormontabili nello spiegare i movimenti celesti a partire dall’ipotesi che l’insieme ordinato degli astri ruotasse intorno allo spettatore, si propose di indagare se le cose non procedessero meglio facendo star fermi gli astri e ruotare lo spettatore”.
La conoscenza umana essendo improntata sull’attività del soggetto, quindi, includerà solo ciò che rispetta il principio di non contraddizione (la “possibilità logica”) e ciò che è in connessione con sia in connessione con la facoltà intuitiva (i fenomeni sensibili) mentre non si occupa della “cosa in sé” (il noumeno) che diventa un concetto-limite.
L’Estetica trascendentale è la parte della Critica della Ragion pura che si occupa della sensazione; qui Kant riprende le conclusioni raggiunte nella Dissertazione del ’70, affermando che spazio e tempo sono forme a-priori della sensibilità, ovvero intuizioni pure: anche se non è possibile affermare che spazio e tempo, per come noi li conosciamo, esistano realmente nel mondo in-sé, applichiamo necessariamente queste due forme, a ogni possibile oggetto percepito. Il dato sensibile (fenomeno che è l’unica cosa che realmente l’uomo conosce), quindi, che è anche l’oggetto della scienza, è governato da leggi universali e necessarie, dal momento che è sempre, necessariamente inserito nello spazio e nel tempo.
Analitica Trascendentale
Dopo essersi occupato della conoscenza sensibile, qui Kant indaga la natura e i limiti della conoscenza razionale legittima. Il primo passo di Kant è il chiarimento dei tratti caratterizzanti del sapere scientifico (matematica e fisica), come sapere certamente valido.
I giudizi della matematica e della fisica e più in generale, della scienza sono giudizi sintetici a-priori ovvero giudizi che apportano nuove conoscenze (sintesi) e giudizi universali e necessari (a priori) e fecondi (cioè arricchiscono la conoscenza, apportano nuove conoscenze).
I giudizi sintetici si contrappongono a quelli analitici dove, invece, il predicato non aggiunge niente di realmente nuovo rispetto al soggetto.
E’ possibile formulare giudizi sintetici a priori e, quindi, può fare scienza, perché l’uomo, in quanto tale, applica ai dati sensibili, sempre e inevitabilmente, un particolare filtro, ovvero una specifica forma a priori: la garanzia dell’universalità e della necessità dei nostri giudizi, quindi, va individuata nell’a priori ossia nel fatto che l’uomo, nell’attività conoscitiva, prima pone e poi applica delle forme a priori, ossia dei concetti puri.
I concetti puri che, nell’attività conoscitiva, vanno ad associarsi a e plasmare l’intuizione sensibile (sensazione) sono le dodici categorie (unità, pluralità, totalità, realtà, negazione, limitazione, inerenza e sussistenza, causa ed effetto, reciprocità, possibilità e impossibilità, esistenza e inesistenza, necessità e contingenza) che Kant trae dalle corrispondenti forme di giudizio utilizzate nella logica del suo tempo.
In definitiva, si crea una sinergia tra la componente formale (i concetti) e la componente materiale (le intuizioni) della conoscenza, dal momento che i concetti senza intuizioni sono vuoti e le intuizioni senza concetti sono cieche.
Dal momento che le categorie non sono tratte dal sensibile, Kant si chiede se non siano un elemento arbitrario, scollegato dalla realtà, e cerca di chiarire (attraverso la deduzione trascendentale) che cosa garantisca che le categorie che si applicano alla materia sensibile corrispondano alla struttura profonda della realtà. Anche se nulla garantisce, a livello teoretico, tale corrispondenza, Kant nota come questo sia, in realtà, uno pseudo problema: gli esseri umani non possono scegliere ma, proprio per il fatto che applicano necessariamente al conosciuto quelle, e solo quelle categorie, il prodotto dell’attività conoscitiva sarà l’unica realtà conoscibile, connotata, quindi, (proprio per l’applicazione delle categorie) da universalità e necessità.
Dialettica trascendentale
Nella seconda (e meno corposa) parte della Critica della Ragion pura Kant esamina la conoscenza non valida e gli errori della ragione ovvero la metafisica, ritenuta un forma di conoscenza fallace perché pretende di conoscere il noumeno che, secondo Kant, rimane irraggiungibile.
Peculiare dell’attività conoscitiva è il fatto che il soggetto umano soggetto umano condiziona sempre (attraverso le sue forme a priori) l’oggetto conosciuto, per questo non può conoscere il noumeno che è l’incondizionato (o la cosa in sé).
Posta questa premessa Kant procede mostrando l’illegittimità delle tre diverse branche della metafisica e delle idee che ad esse soggiacciono: la psicologia razionale (anima), la cosmologia razionale (idea di mondo) e la teologia razionale (Dio).
Criticando la psicologia razionale, Kant afferma che tale disciplina cade nei paralogismi, ovvero dei sillogismi erronei perché nascondo uno slittamento dei termini: il più importante è quello relativo al concetto di io che, viene indebitamente trasformato da unità logico-gnoseologica (io penso, Ich denke) a unità ontologica (io noumenico ovvero sostanza spirituale).
La cosmologia razionale, incentrata sull’idea di mondo, viene ritenuta illegittima perché ricade nelle antinomie; la ragione, in altri termini si trova di fronte a tesi opposte e inconciliabili, sostenute entrambe da argomenti validi e tra le quali non si riesce a scegliere. Le antinomie presentate da Kant riguardano: finitezza/infinitezza del mondo; divisibilità/indivisibilità del mondo in parti semplici, non ulteriormente divisibili; libertà/necessità di tutto ciò che accade; esistenza/non esistenza di un essere necessario come causa del mondo.
Nella teologia razionale, infine, Kant confuta la pretesa metafisica di dimostrare l’esistenza di Dio, mostrando l’illegittimità delle diverse prove dell’esistenza di Dio (prova ontologica, cosmologica e fisico-teologica).
Distrutta la metafisica, di cui si disse comunque sempre innamorato e che, almeno in parte, recupererà nelle opere successive, Kant nota, comunque che le tre idee della ragione (anima, mondo, Dio), pur non avendo valore costitutivo (non fanno conoscere un oggetto), hanno comunque un valore regolativo, euristico; sono, in altri termini, dei concetti-limite che indicano le direzioni che la ricerca filosofica deve seguire.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Kant: la Critica della Ragion pura e la rivoluzione copernicana
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