

Cranach il vecchio, ritratto di Martin Lutero, 1546 Cc-by-sa-3.0, © Sailko, via Wikimedia Commons
Il 18 febbraio 1546 moriva a Eisleben Martin Lutero, teologo e riformatore tedesco. Martin Lutero è la voce che nel 1517 scosse l’Europa con le sue 95 tesi e aprì quella frattura profonda nella cristianità che va sotto il nome di Riforma Protestante.
Nella sua vita Lutero non fu solo un fine teologo: egli godette della protezione di personaggi storici di primo piano nella Germania del tempo e ne legittimò, sul piano politico e ideologico, le battaglie, schierandosi risolutamente nelle questioni mondane.
Anche nel suo pensiero e nelle critiche che mosse alla chiesa di Roma si ritrova questa duplicità: intervenne in dispute dottrinali come la natura dell’eucarestia e il libero arbitrio ma fu anche un impietoso fustigatore dei riti e dei malcostumi cattolici, dei quali deprecava soprattutto l’esclusività e la venalità.
La vita e le opere di Martin Lutero
Nato in Sassonia, da una famiglia capace di accrescere le sue fortune, Martin Lutero (latinizzazione di Martin Luther, 10 novembre 1483 – 18 febbraio 1546) divenne magister artium per poi decidere improvvisamente di entrare nel convento agostiniano di Erfurt, nel 1505, a seguito di un voto fatto quando si era miracolosamente salvato da un fulmine.
Qui fu ordinato sacerdote, approfondì la Bibbia e studiò soprattutto le opere di Agostino di Ippona e di Paolo di Tarso. Fu poi chiamato a insegnare nella nuova università di Wittenberg, istituita da Federico il Savio, elettore di Sassonia e suo grande protettore, dove, dopo alcuni anni, ottenne la cattedra di Esegesi biblica che tenne fino alla morte.


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Celeberrima, dal punto di vista storico, è la notte del 31 ottobre 1517 quando Lutero affisse le sue 95 tesi sul portone della cattedrale di Wittenberg: in esse criticava soprattutto la pratica della vendita delle indulgenze.
Invitato a più riprese ad abiurare le sue convinzioni, Lutero si oppose fermamente, arrivando a bruciare la bolla Exurge Domine che papa Leone X aveva emanato per intimargli di ritrattare. Ciò gli valse la scomunica, nel 1521, e la messa al bando da parte del cattolicissimo Carlo V.
Costretto a fuggire, Lutero, grazie alla protezione di Federico il Savio, si rifugiò nel castello di Wartburg, dove tradusse in tedesco la Bibbia che sarà poi pubblicata per la prima volta nel 1534 e, grazie alla stampa a caratteri mobili di Gutemberg, diverrà il testo più letto al mondo.
Negli anni successivi si consolida quell’alleanza tra una parte dei principi tedeschi che, in rivolta contro Carlo V, abbracciano la fede protestante, e Lutero che, con profondo opportunismo politico, si schiera al loro fianco, condannando le rivolte dei contadini capeggiati da Thomas Muntzer.


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Oltre a polemizzare con Erasmo da Rotterdam, in questi anni Lutero, si sposò, ebbe molti figli e organizzò la sua nuova chiesa prodigandosi nell’apertura di quelle scuole per i fedeli che costituirono il primo, importante, passo nella lotta all’analfabetismo tedesco. Sempre a Lutero si debbono i primi importanti rapporti di natura diplomatica (con Enrico VII d’Inghilterra, Gustavo Vasa di Svezia e con i riformatori ungheresi e veneziani) che permisero la diffusione delle sue dottrine in buona parte dell’Europa.
Prima della sua morte Lutero assistette ad eventi che già attestavano l’irreversibilità della sua rottura con il mondo cattolico: con la Confessio Augustana e la Lega di Smalcalda la chiesa protestante era ormai un’istituzione con un credo ben delineato e potenti sostenitori che ne garantivano la difesa militare.
Tra le principali opere di Lutero ricordiamo:
- il Commento alla Lettera ai Romani (1515-1516);
- le 95 Tesi sulle indulgenze (1517);
- l’Appello alla nobiltà cristiana di nazione tedesca per la riforma del culto cristiano (1520);
- La cattività babilonese della Chiesa (1520)
- La libertà del Cristiano (1520)
- Il Servo arbitrio (1525).
Le dottrine teologiche e la filosofia sottesa al pensiero di Lutero


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Definito come l’ultimo dei medievali e il primo dei moderni, Martin Lutero condivide con i letterati dell’Umanesimo l’esigenza di un rinnovamento (religioso), di una riforma intesa come rigenerazione che recuperi il messaggio originario dei classici della cristianità, ovvero della Bibbia e del Vangelo, e metta in sordina tutte le elaborazioni successive.
La visione dell’uomo di Lutero, però, a differenza di quella del Rinascimento, non brilla di alcuna luce: oltre a rigettare convintamente quasi tutta la filosofia precedente, egli nutre una sostanziale sfiducia nelle facoltà razionali dell’uomo e in una ricerca della verità che si fondi sull’uso autonomo della ragione, perché considera l’uomo un nulla di fronte a Dio e alla sua potenza.
Si tratta di una premessa essenziale per comprendere la più nota e controversa dottrina teologica di Martin Lutero: la giustificazione per sola fede. Sulla scorta di San Paolo e di Agostino, Lutero ritiene che l’uomo sia irrimediabilmente corrotto dal peccato originale e che, pertanto, nella sua vita sia del tutto incapace di operare il bene. Proprio le opere, che insieme alla fede, hanno un ruolo tanto importante per raggiungere la salvezza nella dottrina cattolica, a nulla servono nel credo di Lutero. È solo Dio che nella sua imperscrutabilità salva, solo Dio sceglie a chi donare la fede e l’uomo dotato di fede, pertanto, opera il bene, compie quelle opere buone che non sono la causa della salvezza ma il suo effetto.
In questa cupa visione, se è Dio che direttamente salva il singolo uomo, il ruolo e l’utilità della chiesa sono profondamente depauperati.
Ma anche la ragione che in quegli stessi anni veniva esaltata dai filosofi rinascimentali, in Lutero è profondamente ridimensionata: essa non serve né a elevare l’uomo a una superiore dignità, come ad esempio pensava Pico della Mirandola, né a salvare né a comprendere il mondo o Dio; ragione e fede non concorrono, come in Tommaso; tra di esse, anzi, c’è una cesura netta: la ragione è del tutto insufficiente per comprendere Dio, che è oltre ogni ragione; la fede, invece, è un che di assolutamente irrazionale.
Contro l’esaltazione erasmiana della libertà umana, Lutero nega recisamente il libero arbitrio: Dio conosce da sempre il corso degli eventi perché, grazie alla sua onnipotenza, ha creato e determinato quegli stessi eventi, ha già impresso una direzione al corso della storia e delle azioni umane. L’uomo, quindi, può solo adeguarsi a tale progetto ma non può in alcun modo incidere su esso o scegliere altrimenti, tutto ciò che accade, accade per una scelta divina e non umana. L’unica vera libertà per l’uomo è farsi servo di Dio – per questo Lutero parla di Servo arbitrio – è abbandonarsi al volere di Dio e rinunciare a ogni merito perché è giusto solo ciò che Dio vuole.
Le dottrine ecclesiastiche luterane
Le dottrine teologiche portano con sé numerose conseguenze sul piano pratico e sull’impostazione della nuova chiesa protestante. Se salva solo la grazia di Dio e la fede che egli decide liberamente di infondere in alcuni uomini, viene meno il ruolo di intermediazione della Chiesa: Lutero crede che ogni uomo debba porsi in dialogo diretto con Dio e debba poter esaminare liberamente le Sacre Scritture - per questo gli uomini devono essere messi nelle condizioni di farlo, con una Bibbia tradotta nella loro lingua e delle scuole che gli insegnino a leggere – da ciò il sacerdozio universale: ogni uomo deve farsi sacerdote di sé stesso, senza il bisogno di ministri di Dio che interpretino il messaggio evangelico al suo posto.
Se ci si fonda, poi, sul solo dettato della Bibbia e dei Vangeli, e non sulle dottrine elaborate successivamente, anche i Sacramenti non più alcuna ragion d’essere: gli unici a rimanere tali sono quelli istituiti da Cristo, ovvero il battesimo e l’eucarestia.
A proposito dell’eucarestia, poi, Lutero parla di consustanziazione, e non di transustanziazione: l’ostia e il vino consacrati sono allo stesso tempo anche carne e sangue di Cristo, sono insomma, e al contempo, due sostanze diverse, e non mutano la loro sostanza diventando (solo) corpo e sangue di Cristo, come vorrebbero i cattolici.
Lutero, inoltre, reputa il celibato una pratica contro natura e, seguendo i Vangeli, crede che anche i sacerdoti o, meglio, i pastori possano coniugarsi e moltiplicarsi, come gli altri esseri umani.
Di pastori parla Lutero perché la sua è una comunità che non prevede gerarchie, ma un’organizzazione orizzontale: chi guida è un uomo, o una donna, come gli altri, che conosce più a fondo la parola di Dio.
Se le opere buone, infine, sono un chiaro segnale della fede che Dio ha infuso negli uomini, Lutero esalta, allora, la vita attiva, l’impegno civile, il lavoro, anche manuale e, pertanto, invoca l’abolizione degli ordini monastici, in particolare di quelli contemplativi.

Recensione del libro
Martin Lutero. Il lato oscuro di un rivoluzionario
di Angela Pellicciari
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Martin Lutero: vita, opere e pensiero del padre della Riforma Protestante
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