La poesia di Giovanni Pascoli intitolata L’aquilone fa parte della raccolta Primi poemetti ed è una delle sue poesie più amate e famose. Composto mentre si trovava a Messina, il testo si pone come ricordo degli anni giovanili del poeta, trascorsi in collegio a Urbino, e si articola in due momenti: a un inizio nostalgico che rievoca, come fosse presente, la gioia delle corse e del volo dell’aquilone si contrappone la drammatica scena della morte di un compagno.
Al centro dell’intero componimento, come evidente fin dal titolo, si trova l’immagine dell’aquilone, simbolo di innocenza e fanciullezza.
L’aquilone: testo della poesia di Pascoli
C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole,
anzi d’antico: io vivo altrove, e sento
che sono intorno nate le viole.Son nate nella selva del convento
dei cappuccini, tra le morte foglie
che al ceppo delle quercie agita il vento.Si respira una dolce aria che scioglie
le dure zolle, e visita le chiese
di campagna, ch’erbose hanno le soglie:un’aria d’altro luogo e d’altro mese
e d’altra vita: un’aria celestina
che regga molte bianche ali sospese...sì, gli aquiloni! E’ questa una mattina
che non c’è scuola. Siamo usciti a schiera
tra le siepi di rovo e d’albaspina.Le siepi erano brulle, irte; ma c’era
d’autunno ancora qualche mazzo rosso
di bacche, e qualche fior di primaverabianco; e sui rami nudi il pettirosso
saltava, e la lucertola il capino
mostrava tra le foglie aspre del fosso.Or siamo fermi: abbiamo in faccia Urbino
ventoso: ognuno manda da una balza
la sua cometa per il ciel turchino.Ed ecco ondeggia, pencola, urta, sbalza,
risale, prende il vento; ecco pian piano
tra un lungo dei fanciulli urlo s’inalza.S’inalza; e ruba il filo dalla mano,
come un fiore che fugga su lo stelo
esile, e vada a rifiorir lontano.S’inalza; e i piedi trepidi e l’anelo
petto del bimbo e l’avida pupilla
e il viso e il cuore, porta tutto in cielo.Più su, più su: già come un punto brilla
lassù, lassù... Ma ecco una ventata
di sbieco, ecco uno strillo alto... - Chi strilla?Sono le voci della camerata mia:
le conosco tutte all’improvviso,
una dolce, una acuta, una velata...A uno a uno tutti vi ravviso,
o miei compagni! E te, sì, che abbandoni
su l’omero il pallor muto del viso.Sì: dissi sopra te l’orazioni,
e piansi: eppur, felice te che al vento
non vedesti cader che gli aquiloni!Tu eri tutto bianco, io mi rammento:
solo avevi del rosso nei ginocchi,
per quel nostro pregar sul pavimento.Oh! te felice che chiudesti gli occhi
persuaso, stringendoti sul cuore
il più caro dei tuoi cari balocchi!Oh! dolcemente, so ben io, si muore
la sua stringendo fanciullezza al petto,
come i candidi suoi pètali un fioreancora in boccia! O morto giovinetto,
anch’io presto verrò sotto le zolle
là dove dormi placido e soletto...Meglio venirci ansante, roseo, molle
di sudor, come dopo una gioconda
corsa di gara per salire un colle!Meglio venirci con la testa bionda,
che poi che fredda giacque sul guanciale,
ti pettinò co’ bei capelli a onda tua madre...adagio, per non farti male.
L’aquilone: di cosa parla la poesia?
Come accadeva nella poesia Digitale purpurea, il ricordo che costituisce L’aquilone è scatenato in apertura da una percezione sensoriale: l’io lirico avverte che c’è qualcosa di diverso nel sole, "qualcosa di nuovo" (v. 1), "anzi d’antico" (v. 2), che, abbinato a un intenso profumo di viole, subito lo proietta in una dimensione passata eppure ancora presente, ora, intorno a esso.
Il poeta si trova dunque immerso nel suo stesso ricordo, lo rivive al presente. Si vede con i suoi compagni di collegio, una mattina senza lezioni; tutti corrono felici per far volare gli aquiloni ("le bianche ali sospese" v. 12). La poesia segue con la stessa attenzione dei bambini il volo in continuo pericolo dell’aquilone, che "ondeggia, pencola, urta, sbalza, / risale, prende il vento" (vv. 25-26) e infine, in mezzo alla delusione generale, cade a terra.
Si apre qui la seconda sezione della poesia, con un cambio repentino di scena e atmosfera, ancora una volta guidato da un elemento sensoriale. Le urla per la caduta dell’aquilone si trasformano in quelle dei compagni della camerata e il ricordo dell’aquilone lascia spazio alla morte prematura di un suo amico. Nel tragico evento è possibile però intravedere una gioiosa consolazione: il bambino è stato così risparmiato dalle sofferenze della vita adulta ("felice te che al vento / non vedesti cader che gli aquiloni" vv. 44-45). La sua morte è stata una morte migliore di tante altre: meglio raggiungerla "ansante, roseo, molle di sudore" (v. 58), stringendo al petto il proprio aquilone e fra i capelli le dita di una madre amorevole.
L’immagine si chiude così con un doppio rimpianto del poeta: ipotizzando una morte imminente, rimpiange di non averla raggiunta nel momento più gioioso della sua vita e di aver invece conosciuto lutti e tragedie. Tra questi, in particolare, la morte del padre (a cui il poeta dedica X Agosto) e della madre, che non potrà accarezzarlo con tanto affetto.
L’aquilone: commento della poesia di Pascoli
Il ricordo assume fin dai primi versi l’aspetto di una vera e propria visione onirica immersiva del poeta, che si ritrova proiettato in una dimensione passata ma in quel momento presente intorno a lui.
La rievocazione si articola in due momenti: il primo è quello nostalgico e felice, dedicato alla gioventù, alle corse spensierate e agli aquiloni; il secondo è invece incentrato sulla tragica morte dell’amico.
Le due parti sono connesse in modo estremamente fluido, non solo perché all’immagine della caduta dell’aquilone, già metaforica, subentra immediatamente la spiegazione di questa metafora (l’infanzia mozzata tragicamente dalla morte), ma anche perché a tornare sono numerose componenti sensoriali, uditive e visive. Il bianco e rosso che caratterizzano aquiloni e bacche nella prima sezione della poesia, ad esempio, si trasformano nel pallore del viso del bambino e nel rossore delle sue ginocchia nella seconda sezione del componimento.
Analisi metrica della poesia
La poesia è composta da ventuno terzine dantesche (endecasillabi a rima incatenata, con schema metrico ABA, BCB, CDC...). Il particolare tipo di rima non è l’unico espediente adoperato da Pascoli per conferire continuità al suo ricordo, che si trova costantemente dilatato da enjambement (per limitarci alle prime tre strofe: "sento / che sono intorno nate" vv. 2-3; "convento / dei cappuccini" vv. 4-5; "scioglie / le dure zolle" vv. 7-8) e legato da anafore ("S’inalza" apre due strofe successive ai versi 28 e 31; "Oh" le due ai vv. 49 e 52; "Meglio" vv. 58 e 61), anadiplosi (es. "sono intorno nate" e "sono nate" vv. 3-4; "un lungo dei fanciulli urlo s’inalza" e "S’inalza" vv. 27-28) e ripetizioni.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’aquilone di Pascoli: testo, analisi e commento della poesia
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