Il pubblico di lettori entusiasti ha fatto sì che Le metamorfosi, romanzo in 11 libri di Apuleio (125 circa - 170 circa), diventasse noto anche come L’asino d’oro (Asinus aureus), il titolo comunemente più utilizzato.
Si tratta in effetti di uno dei capolavori della letteratura latina, di un’opera innovativa nel genere, nella lingua, nell’uso delle fonti e nella struttura nonostante la chiara
ispirazione, come ammesso dall’autore stesso, alla fabula graecanica.
Analizziamo la trama complessa ed articolata de L’Asino d’oro di Apuleio e scopriamo il suo significato più profondo.
“L’asino d’oro” di Apuleio: trama
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Le metamorfosi o L’asino d’oro ha una trama lunga e fortemente articolata, che si snoda attraverso numerosi eventi che spaziano negli ambiti più disparati.
Brevemente la si può riassumere come segue.
Il protagonista Lucio è ospite dell’usuraio Milone a Hypata, città della Tessaglia.
La moglie di quest’ultimo, Panfila, pratica la magia, da cui Lucio è fortemente attratto, tanto da cercare di entrare nelle grazie della bella servetta Fotide pur di farsi svelare i sortilegi della padrona.
Dopo aver assistito alla trasformazione di Panfila in un gufo, all’uomo viene un forte desiderio di trasformarsi, anche lui, in un uccello.
A causa di un involontario scambio di boccette da parte di Fotide però, Lucio si ritrova trasformato in asino, ma con le facoltà mentali intatte.
L’unico modo che ha per riacquistare le sembianze umane è mangiare delle rose.
La prima notte da asino è terribile: prima nella stalla deve combattere con l’antipatia di un altro asino e di un cavallo veri, poi in casa arrivano i ladri, che caricano il bottino sul suo dorso.
Rinuncia a brucare le rose che pure ha lì a disposizione perché resterebbe comunque ostaggio dei malviventi.
Dopo varie e per nulla piacevoli peripezie, l’asino/Lucio si ritrova in una caverna, rifugio dei ladri, dove viene tenuta prigioniera anche una fanciulla.
E’ a lei che la vecchia custode racconta la favola di Amore e Psiche.
A questo punto entra in scena il fidanzato della giovane che, attraverso uno stratagemma riesce a liberare l’amata e a fuggire insieme a lei sul dorso di Lucio.
Purtroppo in seguito lui muore in duello, lei suicida per il dolore, mentre l’asino/Lucio passa da un padrone all’altro finché non viene acquistato da un cuoco e un pasticciere.
I due si rendono conto che l’animale si comporta in modo strano e cercano di farlo esibire in spettacoli osceni.
Lucio riesce a scappare e, giunto in riva al mare, chiede alla Luna di restituirgli l’aspetto umano, dopodiché si addormenta e sogna Iside che lo invita a partecipare alla processione in suo nome che si terrà proprio il giorno dopo.
Un sacerdote porterà con sé una corona adornata da alcune rose.
A questo punto la vicenda si chiude: Lucio mangia le rose, torna uomo e, per gratitudine, si fa iniziare ai misteri di Iside e, una volta diventato avvocato a Roma, a quelli di Osiride.
“L’asino d’oro” di Apuleio: significato e caratteristiche
Ciò che Apuleio si propone con L’Asino d’oro, come egli stesso dichiara nell’incipit, è divertire i lettori proponendo loro una fabula graecanica.
Per ottenere lo scopo utilizza spesso termini e descrizioni lascive e, a volte, addirittura oscene, tanto gradite al pubblico romano.
La maggior parte della critica tuttavia, ravvisa nella trama dell’opera tratti fortemente autobiografici, a cominciare dalle vicissitudini del protagonista, che altro non sarebbero se non l’allegoria di un percorso di redenzione che porta dal peccato alla salvezza.
L’insaziabile curiositas caratteriale, induce Lucio a desiderare di spingersi sempre oltre le soglie normalmente varcate dall’uomo, a sperimentare, a superare i divieti e la magia costituisce per lui un’attrazione irresistibile.
In linea di massima L’Asino d’oro è un romanzo fantastico, che però presenta al tempo stesso forti tratti allegorici ed autobiografici.
Nella trama e nella narrazione, spiccano l’elemento mistico-religioso e quello simbolico.
“L’asino d’oro” di Apuleio: le novelle
Ad accentuare l’originalità de L’Asino d’oro, contribuiscono le frequenti digressioni all’interno del racconto principale, soprattutto le novelle.
Esse sono di varia tipologia, ovvero di argomento magico-surreale, erotico oppure incentrato sulla crudeltà femminile.
La novella più celebre è quella di Amore e Psiche.
La favola di Amore e Psiche
La favola di Amore e Psiche è uno di quei casi in cui la parte di un’opera supera in fama l’opera stessa.
Si tratta di una lunga novella che occupa la fine del libro IV, il V e gran parte del VI ed è di certo il passo più noto de L’Asino d’oro.
Lo schema è quello della tipica fiaba di magia: la protagonista è un’eroina che infrange un divieto e per questo deve superare prove difficili, ma grazie all’aiuto di forze alleate riesce, alla fine, ad appagare i propri desideri.
In tal caso il sentimento di una coppia di innamorati viene ostacolato dall’invidia.
La favola di Amore e Psiche: trama
Psiche è una fanciulla talmente bella da provocare la gelosia della dea Venere.
Rosa dall’invidia, quest’ultima ordina al figlio Amore (Cupido) di farla innamorare di un uomo brutto.
Amore però, vista Psiche, ne rimane talmente colpito che, per sbaglio, finisce per colpire se stesso e si innamora perdutamente di lei.
Per non farsi riconoscere dalla giovane, Amore e Psiche si incontrano di notte e quindi lei non può guardare il viso dell’amante, che si nasconde con l’aiuto delle tenebre.
Una notte però, convinta dalle sorelle, Psiche illumina il volto di Amore che, svegliatosi, sentendosi tradito della fiducia accordata, scappa.
Da ora in poi Amore e Psiche si cercano a lungo, senza mai trovarsi.
Venere sottopone Psiche ad una serie di prove molto dure.
Scesa negli inferi per farsi donare un po’ di bellezza persa da Proserpina, la ragazza non segue le regole e si addormenta profondamente finché non viene risvegliata da Amore.
Il dio porta la fanciulla sull’Olimpo, qui le viene concesso di bere l’ambrosia e di diventare una dea immortale.
La favola di Amore e Psiche: morale e significato
Apuleio non dedica ben 63 capitoli alla favola di Amore e Psiche a caso, bensì per il significato profondo che essa assume all’interno de Le Metamorfosi.
Psiche rappresenta l’anima e il destino che le spetta.
La fiaba è dunque un’allegoria e sottende quanto sta accadendo al protagonista Lucio, che paga la sua eccessiva curiosità dovendo affrontare tante peripezie.
Nella cultura dell’epoca infatti, la superbia (hybris) si pagava inevitabilmente con una serie di affanni prima di giungere finalmente al perdono.
“L’asino d’oro” di Apuleio: lingua e stile
Lo stesso Apuleio, nell’incipit dell’opera, ammette l’originalità della sua prosa, che rompe definitivamente con il classicismo e costituisce l’aspetto più personale della stessa.
Il perfetto mix di termini arcaici e neologismi e di parole che spaziano dal latino africano al greco, inoltre collocati in una struttura sapientemente studiata nei minimi particolari, contribuisce a rendere L’Asino d’oro un capolavoro assoluto della letteratura latina e di ogni tempo.
L’uso della paratassi e della variatio, di frequenti allitterazioni e omoteleuti, di assonanze e giochi di parole, crea una prosa brillante, varia e fortemente attrattiva per chi legge.
“L’asino d’oro” di Apuleio: la fortuna dell’opera
Grande è stata la fortuna de L’Asino d’Oro nei secoli successivi.
Il testo originale fu ritrovato da Giovanni Boccaccio, che non solo lo trascrisse, ma ne trasse spunto per il Decameron.
Fu l’inizio della diffusione de L’Asinus Aureus, che Matteo Maria Boiardo tradusse per la prima volta in volgare.
Il romanzo riscosse un notevole successo in Spagna, dove venne preso a modello per il genere picaresco, così come in Francia, dove trovò il favore, fra gli altri, di La Fontaine.
La favola di Amore e Psiche, considerata una sorta di "opera nell’opera", fu ripresa e declinata in infiniti ambiti, comprese la pittura e la scultura.
Impossibile, a riguardo, non menzionare la statua di Antonio Canova.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “L’asino d’oro” di Apuleio: trama e significato dell’opera che racchiude la favola di Amore e Psiche
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