L’ultimo sopravvissuto di Rigopiano. 62 ore sotto la neve
- Autore: Giampaolo Matrone
- Genere: Storie vere
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Newton Compton
- Anno di pubblicazione: 2024
Gennaio 2017. Per il Gran Sasso, il bollettino Meteomont prevedeva un rischio caduta valanghe elevato, di grado 4 in una scala da 1 a 5. La strada da Mirri di Farindola a Rigopiano andava interdetta e chi si trovava a monte fatto scendere per tempo a valle. Non è stato così. Giampaolo Matrone aveva fatto di tutto per salire e avrebbe rinunciato a malincuore alle sue 24 ore lassù con la moglie Valentina, ma se fosse stato respinto e costretto a rientrare nel Lazio non avrebbe vissuto l’incubo. Non sarebbe stato l’ultimo estratto vivo dalle macerie dell’albergo travolto dalla slavina. Non avrebbe scritto il diario-testimonianza-documento L’ultimo sopravvissuto di Rigopiano. 62 ore sotto la neve. Un disastro ancora senza colpevoli, pubblicato da Newton Compton Editori nella collana Controcorrente (settembre 2024, 200 pagine).
Giampaolo Matrone, trentaquattro anni, barista nella pasticceria di famiglia a Monterotondo, aveva prenotato per una sola notte una matrimoniale nell’Hotel Rigopiano-Gran Sasso Resort di Farindola (Pescara). Una giornata di dolce far niente in una zona di montagna a poche ore da casa: la sognava da tanto. I telegiornali annunciavano un periodo invernale da tregenda nel Nord e nel Centro, una Groenlandia trasferita alle latitudini abruzzesi. Le notizie lo avevano preoccupato, spingendolo a tempestare di telefonate l’hotel. Domenica 15 la conferma: “Siamo a pieno regime. La gente è contenta”. Di fatto: venga e faccia presto, il relax della spa l’attende.
Il percorso da casa all’Abruzzo, da Mentana al resort, era stato più lungo del previsto, il clima molto peggiore, nevoso, gelido, inclemente, come non si vedeva da tanto. Difficile arrivare lassù da Mirri, sull’unica strada in salita, totalmente innevata, ma lo spazzaneve aveva fatto il suo e le catene montate smadonnando sulle ruote anteriori della Y10 avevano fatto presa sul fondo bianco. Certo, gliene aveva gridate quattro al proprietario del resort, gigante e buono, facendogli il verso: “venga un... signor Matrone! Avremmo rinviato!!”. Valentina era riuscita a calmarlo, con la pazienza professionale da infermiera (al Gemelli): “ormai ci siamo, godiamocela”.
Come si può notare, da martedì 17 gennaio è un dramma minuto per minuto che Giampaolo Matrone ricostruisce in soggettiva, anche da sotto le macerie. È come essere con lui. Prima il terremoto, tre scosse violente; subito dopo le scene da film apocalittico, tra gli ospiti dell’albergo; infine la decisione di andare via tutti. Non prima però che la turbina sia arrivata a spazzare la strada... e non arriva (non arriverà mai). Poi, il dramma, che è impossibile raccontare, ma che Giampaolo ci fa vivere momento per momento; feriti, schiacciati con lui, oppressi in una nicchia di detriti, salvati da un divano per traverso, convinti com’era convinto che Valentina guiderà i soccorritori e a salvarci, mentre il tempo trascorre interminabile e l’ossigeno si consuma inesorabilmente.
Il 18 gennaio 2017, erano trascorse le 17.30 quando una bomba di neve di 103 mila metri cubi (19 mila tonnellate) è precipitata dalla montagna, ha sradicato alberi e massi e si è abbattuta sulla struttura alberghiera a 100 km orari, devastandola. La slavina di Rigopiano ha travolto quaranta persone (24 ospiti con 4 bambini, 12 del personale), lasciato indenni 2 uomini (erano all’esterno), seppellendo 9 feriti recuperati vivi (5 adulti, 4 bambini), ma uccidendo 15 uomini e 14 donne, compresa Valentina. C’è chi ha digitato messaggi sul cellulare fino a oltre 40 ore dopo la valanga, prima di spirare. Fatali la cucina (10 vittime) e l’area della hall (17). Avevano mariti e mogli, madri e padri, sorelle e fratelli, figlie e figli: 29 vite perdute,
sacrifici umani da attribuire all’imperizia, alla superficialità vergognosa, all’incompetenza, a un’idea ottusa di guadagno e al delirio cieco di onnipotenza.
Di fronte a tutto questo, Giampaolo ha deciso di parlare, già dalla stanza d’ospedale in cui era ricoverato. Non per portare avanti una sua versione dei fatti, ma per affermare la verità su quanto accaduto e sulle responsabilità.
È diventata una missione. Ho caricato a testa bassa: rivendico giustizia e cerco sollievo.
Al Gemelli ha smesso di negarsi: sostiene di non aver potuto più tollerare il chiasso mediatico inconcludente, l’assurda infinità di bugie raccontata dai responsabili di quel disastro, la montagna di battaglie legali scatenata. Tutto lo ha spinto a raccontare e a raccontarsi.
Leggendo, guardando gli speciali, confrontandosi con gli altri sopravvissuti, ha scoperto tante cose che non tornavano, che facevano di Rigopiano un disastro annunciato, con colpevoli che avevano un nome e spesso un ruolo politico o amministrativo, con un quadro chiaro di norme disattese (si sarebbe dovuto vietare il transito a chiunque), di abusi edilizi (nella costruzione e ristrutturazione dell’albergo), di ritardi incredibili nei soccorsi. Le turbine spazzaneve? Una in officina da dodici giorni, un’altra in azione il 18 mattina tra Penne e Guardiagrele. Nessuno aveva pensato di liberare la strada che avrebbe consentito di scendere dalla montagna, prima del peggio. Turbine aggiuntive dell’ANAS non erano state richieste, per conflitti d’interesse tra Ente e amministrazioni.
I tentativi di minimizzare i ritardi con cui si era attivata la macchina dei soccorsi? Non si era prestato fede alle segnalazioni: perfino gli SOS più drammatici di quelle ore erano stati scambiati per falsi allarmi, magari lanciati per goliardia. Per questo e dopo questo libro, ripetiamo con Giampaolo Matrone, come un mantra: “Rigopiano era un disastro annunciato”. “Rigopiano si poteva evitare”. “Rigopiano si doveva evitare”.
L'ultimo sopravvissuto di Rigopiano. 62 ore sotto la neve. Un disastro ancora senza colpevoli
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’ultimo sopravvissuto di Rigopiano. 62 ore sotto la neve
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