Festeggiamo l’atmosfera della notte di Natale con una poesia in dialetto romanesco di Aldo Fabrizi (1906-1990). In questi versi ritmati e scanzonati - che ben si prestano alla recitazione - l’attore e regista romano narra in forma favolistica un immaginario incontro con Babbo Natale (in gergo “Papà Natale”), proponendo un’acuta riflessione sul senso della festività e sul valore dei doni.
Come cambia il nostro immaginario del Natale dell’infanzia all’età adulta? E come si è modificato nel tempo il significato attribuito a questa festività?
Tra le righe della poesia, composta nel 1970, inoltre Aldo Fabrizi inserisce una sottile critica alla riforma liturgica operata da Paolo VI che si proponeva come una forma di rottura con la tradizione secolare della messa latina.
La notte di Natale di Aldo Fabrizi si conclude con un vivace siparietto comico, che ci fa riflettere sulla maniera in cui si modifica la percezione delle festività dall’infanzia all’età adulta e su come, a volte, sarebbe meglio non restare così ancorati alle antiche tradizioni, ma accettare la scommessa del rinnovamento.
Aldo Fabrizi recitò la sua poesia al “Maurizio Costanzo Show” del 1985, in una delle sue ultime apparizioni televisive. Oggi è interessante notare anche l’incisività del fattore linguistico della poesia La notte di Natale: l’uso del romanesco conferisce un tono appassionato e al contempo malinconico al significato del componimento, accentuando il legame con l’oralità e il tema popolare che acquisisce, tramite questi versi dialogati, un valore universale.
“La notte di Natale”: il testo della poesia di Aldo Fabrizi
Ier sera,
a mezzanotte meno ‘n quarto,
uscenno pè la messa de Natale,
m’è capitato un fatto..
un fatto tale,
che non so come non me pija un infarto.
All’ultimo ripiano,
all’improviso,
me so’ urtato de fianco,
con un vecchio impalato addosso ar muro
e margrado in quer punto fusse scuro,
vedevo bene solamente il viso
incorniciato da un barbone bianco,
la parete scura dove stava appoggiato,
a poco a poco è diventata azzura.- “Io so’ papà Natale”- m’ha spiegato
- “lo stesso de quann’eri regazzino,
de quanno m’aspettavi,
guardanno nella cappa der cammino,
che te portassi quello che sognavi.
Sino a quarch’anno fa, quanno arivavo io,
se respirava er bene assieme all’aria
e l’ommeni de bona volontà,
senza la malattia contestataria,
credeveno alla nascita de Dio,
mo co’ ‘sta libbertà confusionaria,
c’è tanta gioventù che stenta a crede
e mette in discusione er fonnamento de’la religione,
giocannose er conforto de’la fede,
purtroppo anno pè anno
la vita sta cambianno,
pre esempio li pupetti, mo vonno:
er mitra, e’ razzo, l’aprioggetti,
er casco d’alluminio,
l’abitacolo pè annà a scoprì un pianeta
e la stella commeta
che illuminò la notte der miracolo
per annuncià er messia,
pè ricordalla non ce sta poeta,
purtroppo hanno ammazzato la poesia.”-Ho arzato l’occhi ar cèlo
come pè dì..”ce penserà quarcuno”..
quanno l’ho riabbassati,
avanti a me nun c’era più nesuno,
c’era solo un sacchetto, un cartoncello
co’quarche giocarello cascato giù per tera,
un cavalluccio a dondolo, un tamburo,
‘na sciabbola, ‘na tromba, ‘n bambolotto,
un sordatino cor fucile rotto
assieme a ‘no straccetto tricolore,
robbetta antica senza più valore.Le campane de Roma in quer momento
hanno detto fra poco è mezzanotte
non fate tardi al vecchio appuntamento,
ma doppo que’ rondò de pace e bene
c’è stato ‘no scombussolo,
la notte s’è riempita de urli e de sirene
e va a capì chi fosse
o pompieri o pantere o crocerosse,
mentre stavo così,
c’è stata pè guastamme la nottata,
un’antra novità, la messa bitte
difatti da ‘na chiesa quà vicino
me arivato un fracasso indiavolato
de batterie, sassofoni, chitare,
che avrà fatto tremà Gesù bambino
e tutte le fiammele de’l’artare,
entranno a casa,
ho messo er catenaccio dicenno
- “Mo che faccio..”- poi ho detto
- “..perdoneme Gesù, si pregherò quàssù”-
e pensanno l’armonium effatato,
sentivo er sono più scommunicato
e mentre che a’la radio
parlava er Santo Padre,
io me so’ inginocchiato
davanti all’artarino
de mi madre.
Aldo Fabrizi recita “La notte di Natale” al Maurizio Costanzo Show 1985
“La notte di Natale”: un commento della poesia Aldo Fabrizi
L’aspetto interessante di questa poesia di Aldo Fabrizi è che, pur seguendo il ritmo cadenzato di uno stornello romanesco, recupera tutti gli elementi immaginifici della narrazione favolistica del Natale: c’è persino l’incontro impossibile con Babbo Natale, che qui appare sotto le false sembianze di un barbone-mendicante proprio come nelle fiabe classiche che pongono al centro un’improvvisa trasformazione.
Ritorna poi un altro tema caro alla tradizione narrativa della favola natalizia, ovvero il rapporto tra presente-passato e futuro che prosegue ininterrotto dal Canto di Natale di Charles Dickens. Il “Babbo Natale” che appare improvvisamente all’io lirico in fondo ha le sembianze dello Spirito del Natale passato che fa visita all’anziano e avaro Scrooge conducendolo a meditare profondamente sulla sua vita.
Allo stesso modo l’autore riflette sulla discrepanza tra il Natale passato - di quando lui era bambino - e il Natale presente che è diventato una sorta di fiera del capitalismo e del consumismo e ha perduto ogni legame con la tradizione religiosa. I bambini di oggi sono esigenti, si lamenta Babbo Natale, chiedono doni costosi e non si accontentano più del tamburo, del cavalluccio a dondolo. L’io lirico allora rammenta, con malinconia, i “poveri doni” che avevano allietato la sua infanzia che ora sono “robbetta antica senza più valore”. Anche in questa frase è custodita una metafora acuta: i regali in fondo non so che roba, oggetti di scarso valore, eppure noi tendiamo a dare la precedenza al materialismo del Natale dimenticandoci il significato spirituale della festività.
La riflessione di Fabrizi raggiunge il culmine allo scoccare della mezzanotte, quando giunge l’orario della messa. Con orrore l’autore scopre una messa diversa che definisce “indiavolata” per il fracasso di suoni e percussioni (risaliva proprio a quegli anni la riforma liturgica di Paolo VI, Ndr). Con nostalgia pensa al suono melodioso dell’armonium e alle messe latine della sua infanzia, quando ancora non c’era quella “smania di contestazione” moderna e la gente davvero credeva alla nascita di Dio.
Il protagonista della lirica reagisce con un moto istintivo di rifiuto, decidendo di pregare in casa - di fronte all’altarino della madre, che chiude la poesia in chiave comica - anziché adeguarsi al nuovo rito liturgico.
“La notte di Natale” di Aldo Fabrizi: la morale della poesia
La notte di Natale è una poesia che propone un’arguta parodia della festività, facendoci riflettere sul vero spirito della ricorrenza. La personificazione di Babbo Natale è un intelligente espediente letterario che propone una critica - culturale e sociologica - al nostro modello economico basato sul consumismo.
La nostra reazione, però, potrebbe essere più equilibrata e non di chiusura e rifiuto come quella del protagonista della poesia. I tempi cambiano e così anche la tradizione del Natale che ritorna ogni anno sempre uguale - con lo scoccare della mezzanotte e il sacro rito della messa - eppure a ben vedere non è mai la stessa.
Ogni Natale porta con sé lo spirito dei Natali passati e anche di quelli futuri; in fondo, nel suo significato più spirituale, questa festività è una magnifica maniera per fare i conti con il tempo che scorre, il modificarsi delle tradizioni, dei valori e delle mode.
leggi anche
Le più belle poesie di Natale di Gianni Rodari
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “La notte di Natale”: la malinconica poesia romanesca di Aldo Fabrizi
Lascia il tuo commento