Oggi il mondo ricorda l’anniversario della nascita di Hans Christian Andersen, l’autore che ha definitivamente sancito l’ingresso delle fiabe nel patrimonio della letteratura mondiale. Tra le più memorabili opere andersoniane non si può fare a meno di citare La piccola fiammiferaia (Den Lille Pige Med Svovlstikkerne, Ndr), storia senza tempo, che ancora viene narrata ai bambini con un forte intento moralizzante, pur sapendo di infliggere alla candida purezza delle menti infantili una ferita che non si rimarginerà.
Tutti ricordiamo il momento in cui ci è stata raccontata La piccola fiammiferaia per la prima volta: lo stupore misto a tristezza con il quale ne abbiamo accolto, sgomenti, il finale. Difficile comprendere, da bambini, l’insegnamento insito nella storia, il risvolto di critica sociale che l’autore inseriva astutamente tra le righe. Era solo una storia triste, talvolta edulcorata dalle belle illustrazioni proposte in una certa edizione che ravvivavano il colore delle fiammelle dei fiammiferi sino a spegnere la sensazione di gelo che la trama ispirava. Il “freddo” è infatti una costante della fiaba, sin dall’incipit:
Era l’ultimo giorno dell’anno, faceva molto freddo.
In inglese risuona più incisivo “It was so terribly cold”, era terribilmente freddo, e più efficace ancora nell’originale danese “Det var så grueligt koldt”, faceva un freddo terribile. Quel freddo trova la propria apoteosi nel finale, quando viene ritrovato dai passanti il corpicino senza vita della bambina. In realtà il freddo narrato da Andersen non era una sensazione, ma una precisa metafora: era una rappresentazione, in chiave sinestetica, della povertà. Il freddo dell’inverno rappresentava l’ambiente ostile in cui i bambini poveri erano costretti a crescere, spesso divenendo adulti prima del dovuto. Le storie di metà Ottocento hanno spesso per protagonisti dei bambini che paiono già adulti: bambini che lavorano e soffrono e ai quali, spesso, non è riservato un lieto fine, nemmeno nelle favole.
La piccola fiammiferaia di Andersen non era da meno: si ispirava infatti a una storia vera. Scopriamo quale.
“La piccola fiammiferaia” di Andersen e l’influenza di Dickens
Quella narrata da Hans Christian Andersen nel 1845 non era una semplice storia strappalacrime; il suo scopo non era quello di commuovere né di intenerire, ma di offrire uno spaccato della società del suo tempo, in cui la maggior parte dei bambini erano condannati a morte prima dei cinque anni d’età. Le fiabe di Andersen, talvolta cruente, angoscianti, impietose, sono infatti inscindibili dal contesto storico in cui furono scritte, lo stesso che ispirò i grandi romanzi di Charles Dickens e i suoi piccoli eroi, Oliver Twist e David Copperfield.
La piccola fiammiferaia fu pubblicata nel quinto volume delle fiabe di Andersen, Nye Eventyr (letteralmente “Nuove Fiabe”), nel 1848, dieci anni dopo Oliver Twist. Possiamo dire che l’anonima Piccola fiammiferaia di Andersen e l’orfano Oliver di Dickens siano figli della stessa epoca, dove i bambini venivano sfruttati e oppressi, mandati a morire in cambio di un tozzo di pane: ne avremmo avuto la prova in Italia circa quindici anni dopo con Rosso Malpelo di Giovanni Verga e, più tardi, Ciaula scopre la luna di Pirandello, altri sciagurati “fratellini” della Piccola fiammiferaia. Non è dunque difficile credere che la bambina protagonista della triste fiaba di Andersen sia realmente esistita: chi era? Aveva un nome? Vi starete ponendo delle domande simili, nel tentativo di rintracciare proprio quella bambina. Ma stiamo parlando di Andersen, dunque di uno scrittore, il cui più potente strumento era proprio l’immaginazione. Ecco svelato il trucco segreto. La storia della Piccola fiammiferaia si sviluppò inizialmente, in modo niente affatto convenzionale, da un disegno.
“La piccola fiammiferaia” di Andersen: la trama
La storia di Andersen è ambientata nella notte di Capodanno. Una bambina vaga per le strade gelide mentre cade la neve, cercando di vendere dei fiammiferi; ma nessuno le dà retta e, più passa il tempo, più le strade si svuotano, ormai è buio e sono deserte. La piccola ha i piedi lividi di freddo, poiché indossa delle vecchie pantofole di sua madre, troppo grandi per lei; trema mentre stringe i fiammiferi in un grembiule. Non può tornare a casa perché non ha venduto nulla e la attende la punizione del padre. Stanca, gelata e affamata decide di accendere un piccolo fiammifero per scaldarsi: nella fiammella d’improvviso scorge una visione, una casa calda, una stufa e un arrosto pronto nel forno. Ogni fiammifero accende la sua immaginazione e la scalda. La bambina ne accende un secondo e sente di essere più vicina alla stufa, scorge persino un albero di Natale. Ne accende un terzo e sente il profumo dell’oca arrosto. Infine nella luce le sembra di vedere la nonna, morta tempo prima e salita in cielo. Sarà la nonna a prenderla con sé, portandola in Paradiso dove non fa freddo e non si soffre la fame.
Il giorno seguente i passanti troveranno il corpicino della bambina morta congelata, accanto a lei le scatole vuote dei fiammiferi. Osservandola commenteranno: “Povera piccola, ha acceso tutti i fiammiferi per scaldarsi”. Nessuno di loro aveva intuito il segreto e il mistero di ciò che era accaduto quella notte: questa la consolazione fiabesca di Andersen nell’angosciante narrazione del Reale.
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“La piccola fiammiferaia” di Andersen: la vera storia della fiaba
All’origine della Piccola fiammiferaia di Andersen vi è un disegno. Gli editori si rivolsero allo scrittore mostrandogli tre xilografie realizzate dal pittore danese Johan Thomas Lundbye. Gli proposero di scrivere una storia sul disegno che lui riteneva più interessante. Andersen fu colpito dall’immagine che raffigurava una bambina povera, a piedi scalzi, che vagava sola per la strada. La bambina attrasse l’attenzione dell’autore poiché stringeva in mano dei fiammiferi. Hans Christian Andersen, che in quel periodo risiedeva in un grande maniero danese circondato da lusso e abbondanza, fu commosso dalla visione di quella bambina “povera e cenciosa” e non ebbe dubbi: decise che quell’illustrazione avrebbe ispirato la sua storia. Scelse quella xilografia in particolare spinto da un moto di empatia, come se dovesse sgravarsi di una colpa:
Per il contrasto tra la nostra vita ad Augustenborg e il suo mondo
Improvvisamente Andersen si sentì diviso, lacerato, tra il suo mondo benestante e la povertà della ragazza ritratta nell’immagine. Nello sviluppare la storia non si affidò soltanto alla sua immaginazione, si ispirò anche a un incidente reale che era accaduto a sua madre quando era bambina. La vera Piccola fiammiferaia è, dunque, la madre di Andersen, si chiamava Anne Marie Andersdatter. Da bambina, Anne veniva spesso mandata per strada dal padre a chiedere l’elemosina; ma al contrario della protagonista della storia, lei sopravvisse. La madre di Andersen era una lavandaia povera e analfabeta che tuttavia fece tutto il possibile per dare un’istruzione e una vita dignitosa ai suoi due figli, Hans Christian e Karen. Il primogenito, Hans, le sarà eternamente devoto.
Immaginazione e realtà quindi si confondevano tra le righe, si mescolavano sino a produrre qualcosa di nuovo, che non era né l’una né l’altra: una triste fiaba “vera” come La piccola fiammiferaia. Il titolo che l’autore scelse per la sua fiaba non è casuale, l’aggettivo “piccola” si anteponeva sempre al personaggio per indicare un destino di sventura. Nessun “piccolo” nelle fiabe si salva.
La storia della Piccola fiammiferaia, in originale Den Lille Pige med Svovlstikkerne, fu pubblicata per la prima volta sul Dansk Folkekalender del 1846, il calendario popolare danese per cui era stata commissionata, accompagnata dall’illustrazione di Johan Thomas Lundbye, la xilografia in bianco e nero, che l’aveva ispirata. Tre anni dopo apparve nella quinta raccolta delle fiabe andersoniane; il suo successo dura tuttora.
La verità è che nei fiammiferi accesi dalla piccola fiammiferaia è racchiusa la forza inestinguibile dell’immaginazione e della speranza.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “La piccola fiammiferaia”: la vera storia che ispirò Hans Christian Andersen
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