Dopo il romanzo storico d’avventura d’esordio ambientato nel Medioevo, dal titolo "Ramondo Lo Scudiero", classificatosi spesso al primo posto nelle classifiche Amazon (categorie "Commedie e drammi medievali" e "Narrativa storica medievale per adolescenti e ragazzi"), a giugno 2024 è stato pubblicato da Castelvecchi Editore il secondo romanzo di Antonio Chirico, Chi non ama il proprio fratello, di narrativa contemporanea, intimistico e delicato eppure al contempo avvincente e coinvolgente quanto il libro precedente. Sorprende come esso riesca a tenere incollato alle pagine il lettore sino all’ultima parola.
L’autore ha risposto ad alcune domande.
- Cominciamo dal titolo. Perché quel “non” prima di “ama”? Confonde un po’, sembra fuori posto. Ce lo può chiarire?
“Chi non ama il proprio fratello” è una storia d’amore, precisamente di amore fraterno. Però giustamente i più accorti potrebbero appuntarmi che, se ci avessi messo il punto esclamativo, avrei reso meglio il concetto. In verità il senso è volutamente ambiguo e l’interpretazione esatta si potrà comprendere solo una volta giunti alla conclusione del romanzo.
- Colpisce il pensiero di apertura: “La morte di un fratello coglie di sorpresa e fa sentire precaria anche la propria esistenza, perché un fratello nell’immaginario è sempre immortale”.
Sì, perché allorché muoiono i genitori è straziante, però è un’angoscia che ciascuno di noi si porta dentro in latenza da quando è infante, dato che è legge di natura che i padri non sopravvivano ai figli. Invece, la morte di un fratello, nessuno se l’aspetta, specie se è prematura.
- Dobbiamo prepararci i fazzoletti dunque?
Ci sono molti flashback. Ci si commuove, ma in alcuni punti si sorride anche.
- Vuole dirci qualcosa di più sulla trama?
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Il romanzo trova la sua chiave di volta nella seguente domanda: che cosa si è disposti a fare per un congiunto colpito dal tumore? Quando c’è da affrontare un costoso intervento salvavita o un viaggio della speranza è facile mobilitare le coscienze e riuscire ad allestire collette, emergono i valori più elevati di cui è capace il genere umano. Io ho voluto indagare invece la reazione dei protagonisti in situazioni meno “nobili”, scavare nell’abisso dell’animo umano. Nel caso di specie, la diagnosi non lascia scampo e si tratterà solo di dover decidere se sottostare a una truffa, che si presenta come l’unica maniera per lasciare all’ammalato l’illusione che si stia tentando il tutto per tutto. Ho messo i personaggi dinanzi al dilemma di cosa scegliere: smascherare il raggiro o farsi gabbare per amore fraterno? Mi interessava osservare i diversi modi di reagire degli uomini quando sollecitati da forze contrapposte, combattuti tra le ragioni del cuore da un lato e le ragioni economiche dall’altro. È una storia, insomma, in cui la tragicità legata alla fine di una vita s’intreccia con il rapporto dell’uomo con il denaro.
- È forse una vicenda vera?
No, io la rendo verosimile, ho conosciuto anch’io da vicino il dolore ma, per il resto, è una storia completamente inventata.
- Ci sono altri temi affrontati?
Il confine tra eutanasia e accanimento terapeutico. È una lettura che dovrebbe tornare utile anche per difendersi dalle manipolazioni. E poi c’è il difficile rapporto suocera-nuora, che credo sia universale.
- Quali sono i luoghi del romanzo?
Napoli, Nardò e Santa Maria al Bagno.
- Il pensiero corre quasi automaticamente al dramma che sta vivendo la famiglia reale inglese.
La malattia è democratica, non guarda in faccia a nessuno, purtroppo.
- Vuole aggiungere altro?
Solo menzionare una bella poesia di Khalil Gibran in argomento, che sono stato tentato di inserire nel mio libro:
«Il fiume e l’oceano»
«Dicono che prima di entrare in mare
Il fiume trema di paura
a guardare indietro
tutto il cammino che ha percorso,
i vertici, le montagne,
il lungo e tortuoso cammino
che ha aperto attraverso giungle e villaggi.
E vede di fronte a sé un oceano così grande
che a entrare in lui può solo
sparire per sempre.
Ma non c’è altro modo.
Il fiume non può tornare indietro.
Nessuno può tornare indietro.
Tornare indietro è impossibile nell’esistenza.
Il fiume deve accettare la sua natura
ed entrare nell’oceano.
Solo entrando nell’oceano
la paura diminuirà,
perché solo allora il fiume saprà
che non si tratta di scomparire nell’oceano
ma di diventare oceano».
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista ad Antonio Chirico, in libreria con il romanzo “Chi non ama il proprio fratello”
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