Oggi 2 dicembre nella Giornata Internazionale per l’abolizione della schiavitù non possiamo fare a meno di ricordare la vita di una donna straordinaria: Mary Prince, scrittrice e attivista, ritenuta l’eroina dell’abolizionismo.
Mary Prince vanta due incredibili primati: fu la prima donna nera a scrivere un’autobiografia e, al contempo, la prima donna a presentare una petizione al Parlamento inglese. Il suo libro The History of Mary Prince, a West Indian slave related by herself, (1831) è ritenuto il primo esempio di slave narrative al femminile. Il testo ebbe un successo internazionale, fu pubblicato in ben tre edizioni ed ebbe un ruolo fondamentale nell’abolizione della tratta degli schiavi avviando delle cause legali.
L’autobiografia di Mary Prince fu portata dalla stessa autrice in tribunale come testimonianza: perché la voce di una donna poteva uscire rafforzata, addirittura triplicata, dalla parola scritta. Tutto ciò che aveva vissuto, sofferto, patito, lei lo aveva scritto in modo che non potesse mai essere cancellato. Mary era una donna, una schiava e perlopiù era nera: sembrava destinata a scomparire per sempre nelle file degli invisibili e degli oppressi, invece lei seppe riscattarsi attraverso la letteratura. Attraverso la scrittura, Mary tracciò una strada e mostrò alle altre donne come lei che c’era modo di ribellarsi ai soprusi della vita.
Scopriamo la vera storia di questa donna coraggiosa, divenuta simbolo della ribellione contro la schiavitù. Nel 2012 Mary Prince è stata proclamata “eroina nazionale” delle Isole Bermuda: la sua terra natale ha deciso di renderle un omaggio doveroso benché tardivo.
Chi era Mary Prince
I was born at Brackish-Pond, in Bermuda, on a farm belonging to Mr. Charles Myners. My mother was a household slave; and my father, whose name was Prince, was a sawyer belonging to Mr. Trimmingham.
La storia di Mary Prince inizia riportandoci correttamente le sue informazioni biografiche. Mary racconta di essere stata una schiava sin dalla sua venuta al mondo: era nata nel 1788 in una fattoria delle Bermuda appartenente al signor Trimmingham. La madre era una schiava domestica alle dipendenze della signora Williams, mentre il padre lavorava come falegname alle strette dipendenze del padrone. L’uso del verbo “belonging”, appartenere, non è casuale e rivela tutta la subdola condizione della schiavitù.
All’età di soli dodici anni Mary fu separata dalla sua famiglia d’origine. La scena viene evocata in commoventi toni drammatici nella sua storia. Fu esaminata da un drappello di uomini che la guardava come se fosse “un agnello da soppesare per il macello”. Fu acquistata infine dal capitano John Ingham al prezzo di sole 57 sterline.
Da quel momento la giovane Mary passa da un “master” all’altro, o meglio sarebbe dire da un macellaio all’altro. Abituata a lavorare ogni giorno, sotto ogni condizione meteorologica come una bestia da soma, Mary Prince resiste a ogni ingiuria. Il suo corpo si ricopre di cicatrici a causa delle percosse, delle molestie, degli abusi subiti, ma lei stringe i denti a lungo, finché non decide di ribellarsi e fuggire.
Nel 1826 Mary sposa uno schiavo liberato, Daniel James. Per questo gesto viene picchiata quasi a morte dal suo nuovo padrone, il brutale Mr Wood. Costretta dal padrone ad abbandonare il marito, Mary si trasferì a Londra con la famiglia del suo proprietario. Proprio nella capitale inglese ha luogo la sua seconda fuga: Mary fugge e trova rifiugio presso la Anti Slavery Society.
Grazie al sostegno dell’associazione Mary Prince trovò la forza di raccontare la propria storia. Dettò le sue memorie a Susanna Strickland che le trascrisse tenendo fede alla semplicità dell’eloquio originale e, soprattutto, alla veridicità dei fatti.
Thomas Pringle, il segretario della Società antischiavista di Londra, fu l’editore e finanziò il progetto per la pubblicazione di The History of Mary Prince.
The history of Mary Prince: il libro
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Nel 1831 The History of Mary Prince è stata la prima narrazione di una donna nera pubblicata in Gran Bretagna. Nel libro viene descritto l’arco della sua intera vita: dalle sofferenze vissute nella giovinezza come schiava alle Bermuda, nell’isola di Turks e ad Antigua, sino al suo arrivo a Londra al seguito di Mr Wood nel 1828.
Il libro si compone di poche pagine ed è scritto in un inglese elementare. In tutta la narrazione emerge la presenza ripetuta della prima persona singolare I, io, come un grido insistito. Mary rivendica di essere l’autrice e, al contempo, la protagonista della propria storia.
Quel documento commovente, arricchito di immagini e illustrazioni, smosse le coscienze dell’opinione pubblica dell’epoca. L’opera ispirò diverse azioni legali e istigò una rivolta collettiva contro la pratica barbara della schiavitù.
All’epoca si era al principio della cosiddetta slave narratives, la narrativa degli schiavi, senza dubbio uno dei fenomeni più interessanti della letteratura inglese di metà Ottocento.
Nella prefazione di The History of Mary Prince si può leggere un’importante nota dell’editore che afferma:
L’idea di scrivere la storia di Mary Prince fu suggerita da lei stessa. Desiderava che fosse scritta, diceva, affinché la brava gente in Inghilterra potesse sentire da una schiava ciò che una schiava aveva provato e sofferto; e una lettera del suo defunto padrone, che si trova nel Supplemento, mi ha indotto ad acconsentire al suo desiderio senza ulteriori indugi. L’obiettivo più immediato della pubblicazione apparirà in seguito.
Mary Prince, pur nella sua ignoranza di donna non istruita, aveva capito che un libro poteva cambiare la storia e dunque affidò alle parole la propria testimonianza come estremo atto di ribellione.
La sua voce ci giunge ancora oggi ed è eterna e indelebile, destinata a restare nella forma scritta e a non essere distrutta. Possiamo ritrovare in quella parola ripetuta sin dal primo capoverso “IO” l’estrema dignità di una donna coraggiosa che ha aperto le porte all’abolizionismo.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La vera storia di Mary Prince, l’eroina dell’abolizionismo
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