In occasione del centodecimo anniversario della sua nascita che cade il 20 ottobre, vi proponiamo una delle poesie più celebri del grande Mario Luzi, poeta, saggista, traduttore e docente che più volte sfiorò il Nobel, intitolata Nell’imminenza dei quarant’anni.
Scritta a Viterbo alle soglie del quarantesimo compleanno, questa lirica è un esame di coscienza in cui l’autore si interroga sul significato della propria vita e sull’esistenza in generale. Fu pubblicata nel dicembre 1955 sulla rivista “Officina” e inserita nella raccolta “Onore del vero” del 1957 che per la critica segna il superamento della stagione strettamente ermetica. Come vedremo, infatti, viene abbandonata la concentrazione simbolica irta di metafore della produzione precedente, il lessico abbraccia soluzioni prosastiche, la versificazione diventa più comunicativa ma altrettanto allusiva. E mentre sul suo orizzonte culturale sembrano affacciarsi Pascal e Manzoni - da cui mutua un pessimismo di tradizione cattolica -, l’asse portante diventa il desiderio di solidarietà e la gioia della condivisione per arginare il dolore in un’amorosa accettazione della realtà.
“Nell’imminenza dei quarant’anni”: testo della poesia di Mario Luzi
Il pensiero m’insegue in questo borgo
cupo ove corre un vento d’altipiano
e il tuffo del rondone taglia il filo
sottile in lontananza dei monti.Sono tra poco quarant’anni d’ansia,
d’uggia, d’ilarità improvvise, rapide
com’è rapida a marzo la ventata
che sparge luce e pioggia, son gli indugi,
lo strappo a mani tese dai miei cari,
dai miei luoghi, abitudini di anni
rotte a un tratto che devo ora comprendere.
L’albero di dolore scuote i rami…Si sollevano gli anni alle mie spalle
a sciami. Non fu vano, è questa l’opera
che si compie ciascuno e tutti insieme
i vivi i morti, penetrare il mondo
opaco lungo vie chiare e cunicoli
fitti d’incontri effimeri e di perdite
o d’amore in amore o in uno solo
di padre in figlio fino a che sia limpido.E detto questo posso incamminarmi
spedito tra l’eterna compresenza
del tutto nella vita nella morte,
sparire nella polvere o nel fuoco
se il fuoco oltre la fiamma dura ancora.
Parafrasi della poesia
In questo paese malinconico dove soffia il vento e dove il volo in picchiata di un rondone attraversa il profilo dei monti, mi insegue un pensiero. Tra poco compio quarant’anni di ansia, noia, gioie fugaci quanto il colpo di vento che a marzo dispensa luce e pioggia. Quarant’anni di attese, di separazioni da affetti, luoghi, abitudini che giunto a questa età vorrei comprendere. A causa del dolore l’albero scuote i rami. Gli anni trascorsi alle mie spalle, nel ricordo si sollevano a sciami. La mia vita non è stata inutile perché l’opera che ciascuno di noi è chiamato a compiere è questa: percorrere il mondo incomprensibile attraverso strade luminose e cunicoli bui, dove non sono mancati incontri fugaci, perdite, passando da un amore all’altro o fedeli a uno solo, quello che si tramanda di padre in figlio. Ciò detto, posso incamminarmi sicuro verso il futuro consapevole che il mistero dell’esistenza è presente nella vita e nella morte; posso andare incontro al mio destino consapevole che la vita non cessa con la morte fisica.
“Nell’imminenza dei quarant’anni”: analisi e commento della poesia
Pare sia stato Wolfang Goethe a inaugurare il compleanno nel senso corrente del termine in occasione del suo 53esimo genetliaco, dando il via a una tradizione con torta e candeline che non conosce latitudini. Fino alla rivoluzione francese l’anagrafe non esisteva, fatta eccezione per l’èlite che registrava i propri dati per necessità dinastiche, mentre i registri parrocchiali annotavano solo la data del battesimo, vera nascita per un cristiano. Perciò che senso avrebbe avuto festeggiare una data senza interesse che in pochissimi conoscevano? Per il tormentone “Happy birthday” dobbiamo attendere l’estro compositivo di due maestre statunitensi vissute a cavallo tra Otto e Novecento, quello che Marylin Monroe canterà languida e sexy per il compleanno del presidente Kennedy.
Nel 1954 sul punto di spegnere quaranta candeline – l’età dei bilanci dopo la fase creativa e costruttiva della giovinezza – Mario Luzi sente l’urgenza di tracciare il suo per comprendere il senso del dolore e trovare una risposta al male e alla morte, che costituisce il passo necessario per accettarli. A qualificare la natura della sua riflessione, sceglie l’articolo determinativo “il” che dà al sostantivo “pensiero” la caratura universale di pensiero per antonomasia sui grandi interrogativi della vita. Oppure possiamo intenderlo semplicemente come pensiero del compleanno imminente.
La poesia si apre con una manciata di termini generici e non, quasi una contaminazione tra l’indefinito di Leopardi (monti) e il dettaglio perturbante pascoliano (rondone). Se provate a collegare alcune tracce paesaggistiche come “vento”, leitmotiv luziano emblema della legge che regola l’esistenza; termini concreti quali “borgo”, “rondone”, “filo”, vedrete un paesaggio psicologico ed incoerente che disorienta, fortemente interiorizzato.
La prima strofa svolge una funzione proemiale perché da un lato tratteggia lo sfondo, dall’altro presenta il legame tra compleanno e bilancio esistenziale.
La seconda strofa contiene un elenco di sentimenti, fatti, emozioni che sintetizzano la vita del poeta, chiuso dall’immagine di un albero antropomorfizzato già simbolista, a rappresentare tutto il dolore che l’ha caratterizzata. Un dolore che avvolge anche l’umanità. Ma l’onda pessimista si spegne nella strofa successiva quando cede il passo all’ideologia religiosa. La vita ha sempre un senso, anzi l’alternanza di gioie e dolori ne è la ragione. Gli uomini attraversano momenti belli e brutti (“vie chiare” e “cunicoli”), passano da un affetto all’altro o ne scelgono uno solo alla ricerca della purezza interiore. Insomma nel cuore del componimento si fa strada con forza crescente una visione positiva dell’esistenza, perché la fede dà un senso alla vita, cioè alla Storia (vivere “Non fu vano”). Ed è questa certezza in Dio e nella Provvidenza che nella quarta strofa consente al poeta di mantenere un orizzonte di sguardo saldo e fiducioso verso il domani (“Posso incamminarmi spedito”) nella consapevolezza che la vita continua quando il nostro corpo smette di funzionare. In questo testo composto da stanze di endecasillabi senza vincolo di rime, l’equilibrio simmetrico sembra riflettere quello psicologico.
Quattro le strofe, più brevi quelle in apertura e chiusura, di versi endecasillabi eccetto il decasillabo al v. 14. Nel lessico ad alta frequenza spiccano le eccezioni di “uggia” al v.6, “effimeri” al v.18, “compresenza” al v.22:
- Il primo, raro nella lirica novecentesca, indica parte della negatività che ha connotato la vita del poeta.
- Il secondo evoca la fragilità dei rapporti interpersonali.
- Il terzo è un sostantivo filosofico a indicare l’eterno coesistere di vita e morte nel creato.
Chiosa il Debenedetti:
Il poeta giustappone due istanze che coesistono in lui: la cieca accettazione di un’esistenza che non dichiara il proprio senso e costringe a seguire le vicende che essa propone o impone, insieme alla luce di una spiritualità religiosa che scorge un perché nel mondo e, in quel perché, una guida.
Quella di Luzi è una poesia permeata da una spiritualità profonda e combattiva che non si stanca di cercare i segni di Dio nella storia. Dunque la sua indagine si concentra sul senso dell’esistere, affiancata dall’amore per il creato.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Nell’imminenza dei quarant’anni”: la poesia di Mario Luzi sul senso della vita
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