Il 19 dicembre 1926, l’Italia fascista istituì l’imposta sul celibato, una tassa che interessava gli uomini non sposati di età compresa tra i 25 e i 65 anni. Ne erano esclusi i religiosi che avevano pronunciato voto di castità.
L’obiettivo del governo era quello di aumentare la natalità e l’importo veniva devoluto all’Opera Nazionale Maternità e Infanzia.
Questo particolare provvedimento ha lasciato traccia anche nella poesia in lingua veneta, ci riferiamo ai versi padovani La tassa sui celibi, composti dall’alpino Agno Berlese (1893-1950). Ne riportiamo il testo, tratto dalla seconda edizione della raccolta Once de sogno (pp. 26-27), stampata a Padova da La Tavernetta nel 1951.
“La tassa sui celibi”: testo della poesia di Agno Berlese
Scriveva un giorno, molto tempo fa,
uno scapolo vizioso e mezo mato
la prima volta che i lo gà tassa
sora la libertà del celibato:- Pago la tassa senza discussion,
sì la pago beato e contenton;
fussela pure un quarto de milion,
la pago co’ umiltà, co’ religion.Me disèsseli: varda, la xe bela
come el sole, no farghe ’sta partassa;
spòsela, la xe un fiore de putela,
pianzendo ghe dirìa: pago la tassa!Pago la tassa se la xe regina,
se la xe bionda come l’oro s-ceto,
se la gà ’na caldiera par musina
e un bocal de smeraldo soto el leto.Tuto somà e pesà co la balansa,
vista la spinosissima matassa,
sentìa la me coscienza e la me pansa,
più deciso che mai, pago la tassa. -* * *
Xe passà quindes’ani da quel giorno
e ’l vecio scapolon, deventà griso,
gà ciapà ’na scaldada in te quel forno
che conduse a ’l inferno e in paradisoe - gnanca dirlo - el gà sposà ’na tosa
mora, piena de fogo e meza mata.
Ogni tanto, vardando la so sposa
el se cava el capelo e po’ el se grata.
Traduzione della poesia
Ecco, per chi non conosce il padovano, una traduzione del testo con alcuni commenti riportati in parentesi quadre:
Scriveva un giorno, molto tempo fa,
uno scapolo vizioso e mezzo matto
la prima volta che lo hanno tassato
sulla libertà del celibato:
- Pago la tassa senza discussioni,
sì la pago beato e molto contento;
fosse pure un quarto di milione,
la pago con umiltà e con religione.
Se anche mi dicessero: guarda, ella è bella
come il sole, non farle questa offesa [anche in italiano, in passato, “fare una partaccia” significava rivolgersi a qualcuno con brutte parole];
sposala, che ella è un fiore di bambina [si intende "di ragazza"],
piangendo gli direi: pago la tassa!
Pago la tassa se è una regina,
se è bionda come l’oro puro,
se ha una caldaia per "salvadanaio" [si tratta ovviamente di un riferimento osceno]
e un boccale di smeraldo sotto il letto.
Tutto sommato e pesato con la bilancia,
vista la spinosissima matassa,
sentita la mia coscienza e la mia pancia [qui la forma della frase richiama il linguaggio della giurisprudenza],
più deciso che mai, pago la tassa. -
* * *
Sono passati quindici anni da quel giorno
e il vecchio scapolone, diventato “grigio” [“griso de cavei” in padovano, ossia grigio di capelli, brizzolato],
ha preso una scaldata dentro quel forno [riferimento alla già menzionata caldaia]
che conduce all’inferno e in paradiso
e - manco a dirlo - egli ha sposato una ragazza
mora, piena di fuoco e mezza matta.
Ogni tanto, guardando la sua sposa
egli si toglie il cappello e poi si gratta [probabile allusione alla dubbia fedeltà della giovane].
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Chi era Agno Berlese
Agno Berlese è stato il maggior poeta dialettale patavino della prima metà del Novecento. Fu anche pubblicista, collaborando nel 1918 con Il razzo (il giornale del VII Corpo d’Armata), nonché con varie testate provinciali. Uomo esuberante, viene ricordato per il profondo amore che nutrì per Padova, e i suoi componimenti hanno assunto oggi il valore di vere e proprie "fotografie" storiche della vita popolare del secolo scorso.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “La tassa sui celibi”: una poesia di Agno Berlese sull’imposta sul celibato
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