Per la Giornata mondiale del cane, perché non riscopriamo la pungente ironia e il sarcasmo de La vergine cuccia di Giuseppe Parini? Per ricordare che umanizzare il nostro amico a quattro zampe non è mai un bene, soprattutto per lui.
La vergine cuccia è forse l’episodio più celebre tratto dal Giorno pariniano. O meglio, più noto che conosciuto. Avete voglia di ripassarlo insieme con leggerezza?
Ma, prima di cominciare: cosa significa “vergine cuccia”? Letteralmente una cagnetta giovane.
La vergine cuccia: riassunto e commento
Il morso e la reazione del servo (versi 516-526)
Spunto dell’episodio è la dichiarazione di un commensale vegetariano, che biasima l’uccisione degli animali a scopo alimentare. La Dama coglie l’occasione per raccontare un fatto tanto frivolo, quanto da lei vissuto come una drammatica mancanza di rispetto.
La Dama del Giovin Signore rievoca davanti ai suoi ospiti, in una situazione conviviale, un episodio comune, che a lei sola sembra degno di menzione. Un giorno la sua educata cagnolina, giocando come fanno tutti i cuccioli, dà un morso al piede del servo. Questo reagisce alla sgagnata con un movimento brusco e deciso per allontanarla.
Commento
La mancanza del nome proprio della coppia aristocratica ne evidenzia la funzione esemplare, in quanto emblema del ceto improduttivo per antonomasia: la nobiltà. Questo aspetto merita di essere approfondito. Il Giovin Signore non è il marito, ma il cicisbeo della Dama. Vivono una vita scandita dalle convenzioni sociali, chiusi nella bolla del loro narcisismo.
Per quanto riguarda l’episodio nello specifico, il primo punto da approfondire è la sproporzione tra colpa e conseguenze, come nel racconto di Maupassant, intitolato La collana. Se amate la grande letteratura, non potete ignorarlo.
Il fatto è raccontato secondo il punto di vista aristocratico della Dama, in un’ottica smaccatamente a favore dell’animale, non solo umanizzato, ma divinizzato.
Di conseguenza, con il procedimento antifrastico che sostiene il poema, il giorno del fattaccio diventa "terribile" e il morso viene minimizzato. Il servo viene presentato negativamente come un individuo rozzo e impertinente, che ha osato maltrattare la cucciola con un gesto sacrilego. Di contro, espressioni quali "allevata dalle Grazie" e "dai denti d’avorio", riferiti all’animale, concorrono alla sua mitizzazione ironica, sarcastica, iperbolica.
Il pandemonio conseguente (vv.527-541)
A questo punto scoppia una pandemonio. La cagnolina guaisce, tutti i presenti a palazzo accorrono sul luogo dell’incidente; la Dama, sul punto di svenire, viene rianimata con sali odorosi: nel suo cuore c’è posto solo per la vendetta. Intanto, con gesto protettivo, si affretta a prendere in braccio la piccola giocherellona. Il servo reo viene incenerito con lo sguardo.
Commento
Tra le persone che accorrono solerti ai guaiti, ci sono "i mesti servi". L’aggettivo mesto è una spia per comunicare al lettore il cambio di passo dal tragicomico al drammatico e il cambio del punto di vista. Perché "mesti"? I servi conoscono bene a cosa andrà incontro il loro collega dopo l’incidente.
La condanna (vv.542-554)
Il servo è condannato senza pietà: licenziato, buttato in mezzo alla strada senza soldi né divisa, con la reputazione rovinata per sempre. Nel brano in questione il lettore lo vede chiedere invano l’elemosina con moglie e prole denutrita al seguito.
Commento
Il cinismo della classe nobiliare suscita l’indignazione dell’io narrante: è evidente l’ingiustizia della punizione, che non tiene conto di vent’anni di onorato servizio e della sua affidabilità in mansioni delicate.
Anche i servi non hanno un nome proprio. Perché? Perché sono della stessa pasta degli aristocratici, ma in un gradino più basso. Passivi per natura e necessità, non possono permettersi di reagire, se non a un prezzo altissimo come l’episodio della La vergine cuccia dimostra.
Caratteristico del passo è il braccio di ferro tra la pietà per la cagnolina e la mancanza di pietà per un uomo onesto che non ha nulla da rimproverarsi, anzi è vittima di un sopruso.
I versi conclusivi (vv.555-556)
I due versi che chiudono il passo sprigionano una solennità pagana e crudele. La cagnolina è come una dea, la cui sete di vendetta è stata placata da sacrifici umani.
Commento
Palese è il contrasto delle conseguenze per il servo e per l’animale d’affezione. Il primo, umiliato, criminalizzato, con la reputazione a pezzi, imbocca la strada dell’accattonaggio e della morte sociale e fisica. La seconda, già piccola dea, completa la sua divinizzazione.
Antropomorfizzare il proprio animale: giusto o sbagliato?
Come mai dall’esordio della pandemia sempre più persone scelgono la compagnia di un amico a quattro zampe?
Il nostro Paese, già classificato come dog friendly in fase pre-pandemia, è stato travolto da un boom di cani. La comodità dello smart working, la clausura imposta dal lockdown, i benefici scientificamente dimostrati della pet therapy hanno avuto il loro peso. Però, e chi ha la fortuna di avere un cane lo sa, il suo abbraccio caldo, vivo, peloso è insostituibile, specialmente in concomitanza con una realtà virtuale necessaria, ma pervasiva.
Però non dobbiamo cadere nella trappola di trasformare l’amore in antropomorfizzazione. Una deriva dalle gravi conseguenze psico-comportamentali per il nostro beniamino, perché ignora i bisogni propri della specie canina.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La vergine cuccia: riassunto e analisi del brano dal Giorno di Parini
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