Leonardo Sciascia scrittore editore ovvero La felicità di far libri
- Autore: Leonardo Sciascia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Sellerio
- Anno di pubblicazione: 2019
Il volume Leonardo Sciascia scrittore editore ovvero la felicità di far libri (Palermo, Sellerio, 2019), a sedici anni di distanza dalle prima edizione, è stato ripubblicato nel cinquantesimo anniversario della casa editrice Sellerio e nel trentennale della morte di Sciascia.
A parlarne nella post-fazione è ancora Salvatore Silvano Nigro, la cui elegante scrittura presenta i tratti poco noti di uno Sciascia editore di sé stesso.
L’opera, difatti, comprende i risvolti di copertina da lui stesso scritti, per lo più non firmati, riguardanti i libri pubblicati da codesta casa editrice nelle sue diverse collane, tra cui La memoria, il cui nome fortunato gli si deve.
Dice il noto critico:
I risvolti di Sciascia sono cronachette critico-letterarie di grande probità intellettuale che, nella loro densità, rendono semplice un intrico di itinerari e sentieri […] Sciascia sapeva come accettare la vessazione dello spazio limitato della bandella, per farne virtù di sobrietà ed essenzialità, pur tra preziosità erudite e soccorsi informativi, in una prosa asciutta ed esatta, sapientemente geometrica nel disegnare, dentro il movimento della paginetta, la trama del libro e le trame dei sottintesi, delle ascendenze, delle interlocuzioni, dell’interesse per i nuovi lettori nella loro particolare situazione storica.
Evidenzia poi la piana e pacata scrittura, misuratamente ritmica e afferma che i risvolti, in cui si condensano le risorse della copertina, tendono a stabilire rimandi tra un libro e l’altro della collana.
E cita a mo’ di esempio quello del volume Il rosso e il rosa della scrittrice Sofia Guglielmina margravia di Bareith, che si apre con un rinvio alle “Memorie“ di Voltaire, pubblicate tra i primi numeri della “Memoria” Sciascia, introducendo il lettore alle sue opere, si auto-presenta. Scrivendo su testi di altri scrittori, conclude Salvatore Silvano Nigro:
Sapeva vivere fino in fondo, con discrezione, e con passione, la “felicità di far libri”.
Riprendendo in prefazione l’affermazione di Collura:
se Leonardo Sciascia non fosse diventato uno scrittore, forse avrebbe tentato l’avventura dell’editoria
informa del progetto per l’editore Salvatore Sciascia: il racalmutese ad Antonino Uccello commissionava le Ottave di Antonio Veneziano; per Mursia aveva disegnato una Biblioteca siciliana, dove avrebbe accolto nel 1967 L’Antico Carnevale della Contea di Modica di Serafino Amabile Guastella.
Piena la sua attività come editore, a Palermo, nella casa editrice Sellerio da cui si congedò nel 1989. Maurizio Barbato, che ha dato il titolo di “Testimonianza” al suo arricchente scritto, precisa che Sciascia per Sellerio:
Fu una specie di socio editore senza interessi finanziari nell’impresa, di direttore editoriale, di consigliere e di lettore, di amico, di consulente, di ufficio stampa e capo delle pubbliche relazioni...
Fece il tutto dal 1969 e il 1989 per “amore della Sicilia”, per il recupero di quella vena di vivacità e di forza intellettuale manifestata dalla letteratura dei siciliani. Sceglieva titoli di collane coerenti con le opere che vi erano comprese, libri, titoli di libri, copertine. Si sofferma Barbato sul valore della collana “La memoria”, che, fondata nel 1979, ebbe un successo rapido e inatteso.
Non si può non ricordare in proposito il magnifico risvolto attinente al libro di Enrico Job La palazzina di villeggiatura: un racconto, vi si legge, della guerra contro il tempo che conduce al trascorrere della vita nel sogno per il riconoscersi nella “stessa sostanza di cui son fatti i sogni”.
Sciascia fu un vero imprenditore: da intendere “come colui che innova. Che si esprime attraverso l’innovazione di un prodotto”. Sicché, in scheda di presentazione della collana, consegnava ai lettori le sue riflessioni, lo scetticismo dell’illuminista, la sua malinconia filosofica, comunicando suggestioni, significati, messaggi. E i risvolti di copertine, scritti a casa sua o in casa editrice <
Minuziosamente attenta la ricostruzione che Barbato fa dell’opera, in quattro volumi, Delle cose di Sicilia: una raccolta di testi di ogni epoca e di ogni provenienza, cui Sciascia aveva dato il sottotitolo di “Testi inediti e rari”.
Questi in sintesi i contributi dei due studiosi. La conoscenza dei risvolti di copertina è affidata alla parte centrale dell’opera.
Considerato che siamo interessati in primo luogo alle opere di Sciascia, vale la pena di trascrivere ciò che egli scrisse sugli Atti relativi alla morte di Raymond Roussel: volume stampato nel 1979 come numero 1 della collana “La memoria” e di fatto pubblicato nel 1980 come numero 10 della stessa collana:
Questo racconto-inchiesta è stato pubblicato nel 1971, ha avuto dalla critica – non solamente italiana – un vasto ed entusiastico consenso, è stato ristampato nel 1977: ma resta, tra i libri di Sciascia, il meno conosciuto.
Tradotto subito in francese, ha appagato i “rousselatres” svelando (e al tempo stesso accrescendo) il mistero di quella morte a Palermo, nel vecchio e famoso albergo delle Palme; ma sarebbe del tutto ingiusto lasciare un simile racconto nella sfera del culto tributato a Raymond Roussel. Si tratta proprio di un racconto, e tra i più interessanti che Sciascia abbia scritto.
Lo riprende poi in mano, e accostandolo ad altri suoi scritti, lavora sul risvolto Dalla parte degli infedeli:
Come "Morte dell’inquisitore", "La scomparsa di Majorana", e gli “Atti relativi alla morte di Raymond Roussel”, questo nuovo racconto di Leonardo Sciascia si muove su una scacchiera di documenti inediti (e sono, alcuni, documenti di estrema segretezza: al punto che la loro divulgazione comporta scomunica <
>) e ricostruisce una vicenda che si può dire esemplare. Esemplare per la storia italiana di questi ultimi anni, per i rapporti tra la Chiesa e la Democrazia Cristiana, tra la chiesa di Pio XII e un suo vescovo ribelle.
Sono annotazioni folgoranti che, tra il detto e il non detto, motivano alla lettura o “noterelle introduttive”, dettate dalla convinzione filologica che la pubblicazione di un libro è un atto di critica.
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