Lettera agli artisti
- Autore: Giovanni Paolo II
- Genere: Religioni
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: San Paolo
È una lettera agli artisti scritta da un artista, da un maestro che toglie a se stesso l’aureola della guida e dell’autorità ufficiale per parlare da fratello, da pari; capace quindi di esprimere l’autorità e il primato autentici dati dalla voce del cuore e dal massimo elogio rivolto alla bellezza. L’abbiamo accolta, letta, meditata e forse anche un po’ dimenticata. È il caso di riprenderla in mano, riscoprirne il messaggio che suona chiaro, forte e gentile.
Si tratta della Lettera agli artisti di Giovanni Paolo II (Edizioni Paoline, 1999, pp. 32).
Tutti possediamo un lato artistico creativo, perché, scrive il pontefice,
"Ad ogni uomo è affidato il compito di essere artefice della propria vita: in un certo senso, egli deve farne un’opera d’arte, un capolavoro."
Ciò è perfettamente in linea con la filosofia del "Personalismo" abbracciata da Giovanni Paolo II, teorizzata dal francese Charles Renouvier nel 1903, cardine del pensiero di Emmanuel Mounier e Jacques Maritain. Basti qui ricordare come la libertà e l’azione conseguente siano al centro di questa visione dell’uomo, contraria a ogni totalitarismo ma pure all’individualismo che si pone in antagonismo con la comunità. Visione necessaria affinché le opere dell’artista siano possibili e fattivamente realizzate, partecipate, fruite. Anche la Lettera lascia largamente trasparire la posizione filosofica dell’autore, oltre che religiosa naturalmente.
Esiste però una "speciale vocazione dell’artista", afferma Karol Wojtyla, di colui che si dedica a ricercare il nuovo, "nuove epifanie della bellezza" con un’ansia incoercibile verso la meta che urge da dentro. Nel mondo classico si trattava del "demone" secondo Eraclito e Socrate. Per il Nostro è una chiamata ad essere "co-creatori", in sostanza partner di Dio.
Nel paragrafo 1 viene specificato:
"L’Artista divino, con amorevole condiscendenza, trasmette una scintilla della sua trascendente sapienza all’artista umano, chiamandolo a condividere la sua potenza creatrice".
I paragrafi sono 16, si concludono con il potere salvifico della bellezza, termine ricorrente e centrale.
Con un discorso avvincente viene illustrato il legame secolare, anzi millenario tra Chiesa ed arte, visto oggi come un bisogno reciproco: la Chiesa ha bisogno dell’arte, l’arte necessita della Chiesa. Perché e in quale modo? Il papa non pone la Chiesa al di sopra della pulsione della creazione ma scrive che la Chiesa deve:
"Rendere percepibile e, anzi, per quanto possibile, affascinante il mondo dello spirito, dell’invisibile, di Dio. [...] Ora, l’arte ha una capacità tutta sua di cogliere l’uno o l’altro aspetto del messaggio traducendo in colori, forme suoni che assecondano l’intuizione di chi guarda o ascolta."
Dal canto suo l’artista può trarre
"Tutta la ricchezza evangelica della verità e del bene [...] una nuova dimensione della bellezza: il messaggio evangelico ne è colmo fino all’orlo."
Il nuovo è "lo spirito fatto carne". Nella Cappella Sistina per esempio Michelangelo
"Ha come raccolto, dalla Creazione al Giudizio Universale, il dramma e il mistero del mondo, dando volto a Dio Padre, a Cristo giudice, all’uomo nel suo faticoso cammino dalle origini al traguardo della storia."
Abbiamo bisogno di felicità, tutti, ed è interessante che Giovanni Paolo unisca Bene e Bello, queste due B che i Greci hanno già congiunto in un vocabolo, “kalokagathia”, contrazione di “kalòs kai aghathòs” , bello e buono. Da artista poeta e drammaturgo egli lo sa e lo comprende:
"La bellezza è cifra del mistero e richiamo al trascendente. È invito a gustare la vita e a sognare il futuro."
Tale l’augurio conclusivo:
"I vostri molteplici sentieri, artisti del mondo, possano condurre tutti a quell’Oceano infinito di bellezza dove lo stupore si fa ammirazione, ebbrezza, indicibile gioia."
Vi è un elemento dionisiaco in ciò, ed è quanto il Vedanta chiama "ananda", estasi.
Freud lo individua come “principio di piacere”, “libido”, enfatizzandone l’aspetto sessuale. Jung invece lo include nel principio creativo più vasto, e riprendendo il Vedanta lo definisce “Brahman”.
Mi piace proporre queste analogie e comparazioni; potranno anche sembrare incongrue o azzardate, ma secondo me fanno parte dell’ecumenismo universale e contribuiscono all’avvicinamento delle tradizioni, rendono possibile la comprensione e la pace tra i popoli.
Lettera agli artisti
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